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 2015  giugno 12 Venerdì calendario

I giochi di guerra della Nato. In Estonia l’Alleanza atlantica studia le mosse della Russia. Strategie e maxi esercitazioni per non trovarsi impreparati di fronte alla minaccia dei piccoli uomini verdi. Così l’Occidente vuole evitare gli sconfinamenti di soldati senza insegne, come accaduto in Ucraina

In un rettangolo di terra sprofondato in una foresta di betulle, alette di coda di aerei militari spuntano dal terreno. Sono le lapidi di un cimitero di piloti sovietici a pochi metri dalla base aerea militare di Ämari, che oggi ospita uomini e caccia della Nato. Un emblema delle tensioni che scuotono l’Estonia, l’unica ex Repubblica sovietica insieme a Lettonia e Lituania a essersi unita all’Alleanza atlantica e all’Unione europea. Nei paesi baltici – annessi all’Unione Sovietica nel 1940, invasi dai nazisti durante la seconda guerra mondiale e poi riconquistati dall’Armata rossa e occupati fino alla caduta dell’Urss – la prossimità della Russia, o del “grande vicino” come lo chiamano qui, è da sempre percepita come una minaccia. Ma da quando oltre un anno fa la Crimea è stata annessa a Mosca, ci si prepara alla guerra in un gioco quotidiano da gatto e topo. Intercettazioni di jet russi nei cieli e segnalazioni di sospetti sottomarini nei mari hanno costretto i paesi Nato e persino nazioni non alleate come Svezia e Finlandia a un’attività militare a livelli quasi da guerra fredda.
Un mese fa, oltre 13mila uomini su una popolazione di 1,3 milioni estoni hanno partecipato all’esercitazione “Siil”, “Riccio”: la simulazione di un’invasione da parte della nazione immaginaria di Aslavia, controfigura della Russia. Riservisti sono stati richiamati e semplici cittadini sono stati coinvolti come osservatori, mentre veicoli corazzati incrociavano le autostrade e mitragliatrici risuonavano nei campi agricoli. Un avvertimento alla Russia che, a differenza che in Crimea dove le forze ucraine si arresero senza esplodere un colpo, il Cremlino si troverebbe ad affrontare una dura resistenza se invadesse un territorio Nato. Contro la minaccia dei cosiddetti “piccoli uomini verdi”, i militari senza mostrine che nel 2014 sorpresero gli ucraini, oltre 20mila truppe Nato hanno preso parte a esercitazioni simili in tutto l’ex blocco orientale. Dall’altro lato della frontiera, la Russia in marzo aveva dispiegato a Kaliningrad missili Iskander, che possono essere armati con testate nucleari, e tenuto un’esercitazione con oltre 80mila soldati, 3mila veicoli, 15 sottomarini e 220 velivoli nell’Artico, Baltico e nel Mar Nero. Manovre che fanno parte di una rapida militarizzazione su entrambi i lati del confine.
Dopo che al vertice di Galles, la Nato ha deciso lo schieramento di truppe a rotazione in Polonia e nei tre paesi baltici, la base estone di Ämari che vide le ultime truppe sovietiche allontanarsi solo nel 1994, tre anni dopo l’indipendenza, da maggio ospita 150 britannici e quattro Typhoon della Raf. Gli aerei Nato hanno intensificato i pattugliamenti nel Baltico. “Nel 2014 i jet russi hanno violato il nostro spazio aereo otto volte. Quest’anno finora non sono state segnalate violazioni. Spero che sia l’effetto delle nostre operazioni di deterrenza e che non si tratti della quiete prima della tempesta”, spiega il comandante Lauri Kuusekänd, sostituto comandante dell’Air Surveillance Wing di Ämari. Ma almeno un centinaio di volte gli aerei della Nato hanno intercettato aerei russi in volo senza transponder, un rischio per l’aviazione civile. Il timore è che le sortite aeree di jet russi possano portare a incidenti che potrebbero sfociare in un conflitto più ampio. D’altro canto, alcuni analisti sostengono che sia proprio l’aumentata attività militare della Nato ai confini ad antagonizzare Mosca.
I paesi baltici non sono tuttavia disposti a sottovalutare le minacce del Cremlino. Tantomeno lo è l’Estonia, teatro in passato di alcune delle maggiori provocazioni russe. Nel 2007 la decisione di spostare la statua di un soldato sovietico della seconda guerra mondiale scatenò le violenti proteste di russofoni e attacchi informatici capillari. E lo scorso settembre soldati russi sconfinarono e catturarono un agente dei servizi estoni, Eston Kohver, tuttora nelle carceri di Mosca. “È stato il punto più basso delle nostre relazioni con il nostro grande vicino. Mosca non ha mai risposto alle nostre richieste di scarcerazione”, spiega Paul Teesalu, direttore del Dipartimento politico del ministero degli Esteri. “È per questo che dobbiamo sempre stare all’erta”. Per rassicurare gli alleati baltici, oltre a dispiegare truppe a rotazione, la Nato ha anche promesso una forza di reazione rapida di 5mila uomini da dispiegare in 48 ore. Uno strumento di difesa che però non basta a Estonia, Lettonia e Lituania: in maggio hanno chiesto ai vertici dell’Alleanza una forza permanente ai confini che però violerebbe gli accordi Nato- Russia del 1997. “Oggigiorno Mosca è impegnata in un conflitto non dichiarato con un paese vicino, parte del cui territorio è stato illegalmente ammesso. Truppe russe occupano aree di tre paesi confinanti, Georgia, Ucraina e Moldovia. È chiaro che la Russia sia una minaccia alla sicurezza di tutta l’Europa”, sostiene Kadri Peeters, consigliere del primo ministro estone sulla sicurezza. “D’altro lato l’Estonia è un membro della più forte Alleanza militare nei cui 66 anni di storia nessun membro è stato militarmente attaccato. Ciò ci rassicura”.