la Repubblica, 12 giugno 2015
Il monologo di Odevaine: «Non mi ritenevo un pubblico ufficiale. Quei 5mila euro in nero che Buzzi mi dava erano per la mia funzione di facilitatore…». Così il dirigente si è difeso davanti ai pm: «Quando le pratiche si bloccano conoscere i dirigenti semplifica i percorsi»
Per quale motivo Luca Odevaine incassa 5mila euro al mese in nero da Salvatore Buzzi se non per aver manomesso la regolarità della gara per il centro di accoglienza di Mineo? Esiste una spiegazione alternativa? Davvero, come va ripetendo il sottosegretario Ncd Giuseppe Castiglione (indagato dalla procura di Catania per turbativa d’asta), quella gara è cristallina come acqua di fonte e non “un abito su misura” come denuncia l’Anticorruzione? E quale compagnia di giro è il raggruppamento di imprese che si aggiudica la prima gara di appalto quando “soggetto attuatore” è appunto Castiglione?
DICHIARAZIONI SPONTANEE
Sabato 25 marzo, nel carcere di Torino, il pm Paolo Ielo siede di fronte a Odevaine e ai suoi avvocati. Ha «importanti dichiarazioni spontanee da rendere», spiega. «Innanzitutto – esordisce – intendo ammettere che c’è stato per circa 2 anni e 3-4 mesi un versamento fatto dal gruppo Buzzi di 5mila euro al mese transitati prima sul conto di mia moglie e poi su quello di mio figlio, ma devo precisare alcune cose…». Il pm lo avvisa che non farà domande. Odevaine la prende da lontano. Dal suo cognome. Racconta di una promessa fatta in punto di morte al padre di ripristinare l’antico cognome di famiglia, erroneamente trascritto dopo il terremoto di Messina, di cui gli Odevaine sono originari. «Non ho usato la modifica per dissimulare un reato del 1988 per il quale ho avuto la riabilitazione nel 2003», dice. Il pm lo gela: «Fosse stato per il suo cognome lei sarebbe a piede libero. Il problema non è il suo cognome».Odevaine imbastisce un monologo in cui ripercorre le ragioni della sua presenza al Tavolo di Coordinamento del Viminale per i Cara. Dice: «Non mi ritenevo un pubblico ufficiale. Tanto più che il Tavolo non ha nessun potere amministrativo». L’affermazione è sorprendente e strumentale a indebolire la contestazione del reato di corruzione. Ielo lo sottolinea con sarcasmo. «E già, pubblico ufficiale è la qualifica che le viene attribuita…». Fino a spazientirsi: «Lei parla da un’ora e non dice la questione fondamentale. Perché ha preso i soldi da Buzzi?». E perché in “nero”, per giunta.
IL DIALETTO BAMBARA
Odevaine rincula: «Ci arrivo, dottore. O forse è meglio che la mandi a sciare…». Il pm non gradisce: «Posso restare qui anche fino a lunedì. Ho tutto il tempo che le serve». Odevaine pasticcia. «I 5 mila in “nero” – dice – erano per la collaborazione che alla “29 Giugno” forniva la mia cooperativa “Abitus”». Non solo. «Se a Buzzi serviva un mediatore culturale nigeriano di dialetto bambara, io quel traduttore ce l’ho, ma dovevo remunerarlo…». Anzi no. «Quei 5 mila erano per la mia funzione di facilitatore… ».
VALZER DI VERSIONI
«Facilitatore? Cosa è il facilitatore?», chiede il pm. «Concettualmente?». «Concettualmente». «Se ci sono difficoltà nelle procedure, allora avere una conoscenza dei dirigenti delle amministrazioni, facilita il percorso. Poi, ho letto nell’ordinanza che Buzzi continuava a darmeli quei 5 mila anche in previsione di un mio nuovo incarico che avrebbe potuto favorirlo». Odevaine, è evidente, non ha nulla da dire. Tantomeno sul Cara di Mineo, sul ruolo di Castiglione, di cui pure, nelle intercettazioni, dice di saperla lunga.Più utile, dunque, leggere cosa scrivono i carabinieri del Ros in una delle informative sul raggruppamento di imprese cui la commissione in cui siede Odevaine aggiudica la prima gara a Mineo.
GLI IMPRESENTABILI DI MINEO
Di quel raggruppamento “il blocco forte” è il “Consorzio Sisifo». Ebbene, «nel 2011, – si legge – il presidente è Salvo Calì, persona con precedenti per truffa e indagato a Catania per abuso d’ufficio e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici. Il vicepresidente è Cono Galipò, a cui carico risultano precedenti di polizia per truffa, falsi in genere, violazioni Iva, reati contro la persona. Nel cda siede Domenico Arena, indagato a Sciacca per contratti a persone che esercitavano abusivamente la professione». Ma di quel raggruppamento, sotto l’ombrello della “Cascina” (anche lei nell’Ati) fanno parte anche il “Consorzio Sol Calatino”, «il cui presidente, Paolo Ragusa – annota il Ros – ha precedenti di polizia per associazione per delinquere, estorsione e truffa, archiviati nel 2008 dalla competente Procura», la “Senis Hospes”, il cui rappresentate di impresa è Camillo Aceto («arrestato nel 2003 poiché ritenuto responsabile di turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, associazione per delinquere, falsità materiale, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, uso di atto falso, frode nell’esercizio del commercio, vendita di alimenti non genuini») e la “Casa della solidarietà”, il cui amministratore delegato, Cosimo Zurlo, «dipendente della società Auxilium, il 9.2.2010, veniva deferito all’autorità giudiziaria di Bari per inadempimento di contratti di pubbliche forniture e frode nelle pubbliche forniture, in concorso con Pietro Chiorazzo». Chiorazzo di “Auxilium”, la società con cui Buzzi farà asso piglia tutto nella gara per il Cara di Castel Nuovo di Porto. 10 milioni di euro. Miracoli dei “facilitatori”.