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 2015  giugno 11 Giovedì calendario

A 11 anni le hanno tolto e congelato le ovaie, a 25 gliele hanno reimpiantate e a 27 diventa mamma. Questa è la storia di una donna belga che, oltre a sconfiggere un tumore, è riuscita ad aver una famiglia. Un sogno che da oggi si può realizzare anche in Italia

Emma, Laura, Anna. Bambine malate che non avrebbero mai potuto sperare di diventare madri, da oggi hanno la certezza che potranno anche loro avere una famiglia. Che la malattia, il tumore contro il quale lottano non cambieranno per sempre la loro vita, che i raggi e la chemioterapia sono un passaggio, una cura dolorosa ma non una condanna alla sterilità.
In Belgio una donna di 27 anni ha infatti partorito un bambino dopo che ad undici anni le erano state tolte ed congelate le ovaie – poi reimpiantate nel 2005 – per consentirle terapie pesantissime che altrimenti le avrebbero reso impossibile rimanere incinta.
Se più volte è accaduto con donne adulte, questa è la prima volta che succede ad una paziente trattata da bambina. Ma una cosa è certa: non dovranno andare oltreconfine le ragazzine italiane con lo stesso problema – e sono centinaia ogni anno – non dovranno sottoporsi al turismo della speranza. Nel nostro paese le strutture pubbliche sono già pronte, capaci, attrezzate per farlo. Anzi, in parte lo hanno gia fatto.
Lo conferma il professor Carlo Bulletti, direttore della Unità Operativa di Fisiopatologia della Riproduzione all’Ospedale Cervesi di Cattolica.
Come la giovane belga operata all’ospedale Erasmus di Bruxelles, racconta fotografando la situazione, sono centinaia ogni anno in Italia le giovanissime colpite da tumori, anemie e quindi sottoposte a cure, chemioterapie, radiazioni pesanti che salvano loro la vita ma col rischio concreto di danneggiare in modo irrimediabile il loro apparato riproduttivo rendendole sterili. Per sempre.
Per le donne adulte che devono sottoporsi a chemio o raggi la soluzione è più semplice, si fa una stimolazione ovarica, si congelato gli ovociti oppure si prelevano le ovaie gia formate, gia capaci di produrre ovuli, spiega il primario di Cattolica. Quando si tratta di giovanissime, non ancora mature dal punto di vista dell’apparato riproduttivo, questa strada è impossibile, non sono in grado di produrre ovociti e allora l’intervento chirugico e la crioconservazione diventano l’unica via per dar loro una possibilitò di diventare madri un domani.
Ed è gia accaduto, dice il professore Carlo Bulletti. «Solo nel nostro ospedale di Cattolica ho operato almeno quattro bambine sotto i dieci anni soprattutto per tumori del sangue, e crioconservato strisce del loro tessuto ovarico. Il tutto su indicazione del pediatra e col consenso dei genitori. Non siamo ancora passati alla seconda fase perché le ragazze non hanno ancora chiesto il reimpianto, sono giovani, non hanno nemmeno vent’anni, ma la tecnologia, le capacità ci sono tutte per quando vorranno provare a diventare madri».
Ovviamente è una tecnica ancora sperimentale, sottolinea il medico per il quale il servizio sanitario nazionale dovrebbe comunque prevederla oltre gli interventi di routine. Ma cosi non è, anzi. Nella distribuzione dei quaranta milioni previsti dal ministero della Salute nella campagna appena annunciata per la lotta all’infertilità, denuncia il primario, «sono riusciti ad escludere centri pubblici all’avanguardia che fanno crioconservazione come l’ospedale di Cattolica. Ma soprattutto si sono dimenticati persino di quell’ospedale universitario di Torino che anni fa riuscì a far diventare mamma una giovane piemontese malata. Applicando la stessa tecnica usata oggi dai medici belgi a Bruxelles, ovvero di espianto e reimpianto ovarico».