Libero, 11 giugno 2015
Andare in pensione prima costa 11 miliardi. Le ipotesi sul tavolo ora sono due. La prima: fuori a 62 anni di età accettando una riduzione del 2% su un assegno di almeno 1.300 euro (una volta e mezzo il minimo): costo stimato 8,5 miliardi nel 2030 con un aggravio di 4-5 già nei primi due anni. Poi c’è la seconda ipotesi: pensione a quota 100 (65 anni di età e 35 di contributi) e 101 per gli autonomi. Arriverebbe a costare 10,6 miliardi di euro nel 2019. Il presidente dell’Inps Tito Boeri frena gli entusiasmi su un sistema che complessivamente pesa allo Stato 256,9 miliardi, un terzo di tutta la spesa pubblica (850 miliardi)
Il costo della controriforma delle pensioni è molto salato: 8,5 miliardi nel caso di una penalizzazione per l’uscita anticipata. Addirittura 10,6 con il sistema delle quote. Il presidente dell’Inps Tito Boeri frena gli entusiasmi e, una volta ancora, gioca con le puntualizzazioni sui progetti del governo. Nel corso di una audizione in Parlamento l’ex bocconiano ha fatto un po’ di conti. Al centro dei calcoli la ricostruzione del muro dei 35 anni di anzianità che era stato annientato dalla Fornero con un tratto di penna (e un po’ di lacrime). Le ipotesi sul tavolo ora sono due. La prima: fuori a 62 anni di età accettando una riduzione del 2% su un assegno di almeno 1.300 euro (una volta e mezzo il minimo): costo stimato 8,5 miliardi nel 2030 con un aggravio di 4-5 già nei primi due anni. Poi c’è la seconda ipotesi: pensione a quota 100 (65 anni di età e 35 di contributi) e 101 per gli autonomi. Arriverebbe a costare 10,6 miliardi di euro nel 2019. Nella prossima legge di stabilità il governo introdurrà delle novità ed entro giugno dovrebbero arrivare le valutazioni dell’Inps. Il punto centrale è l’altissimo costo delle pensioni. Complessivamente pesano per 256,9 miliardi e rappresentano un terzo di tutta la spesa pubblica (850 miliardi). Si capisce così l’accanimento con cui se ne parla. Ma si capisce anche come il sindacato con Susanna Camusso e la sinistra Pd con Cesare Damiano (che è anche presidente della Commissione Lavoro della Camera) abbiano colto la palla al balzo per mettere in difficoltà Renzi. Qualunque inciampo del governo su questa strada sarà l’occasione per stringere i tempi della resa dei conti. Altre due proposte di modifica della normativa attuale, che fissa a 66 anni l’età della pensione, prevedono la cosiddetta staffetta generazionale, bollata da Boeri come «distorsiva» perché spingerebbe a un turnover padre-figlio, e l’estensione della cosiddetta “opzione donna” anche agli uomini. In questo caso si potrebbe lasciare il lavoro con 35 anni di contributi e 57 anni di età (58 per le autonome, requisiti innalzati di 3 mesi per l’adeguamento alla speranza di vita), a fronte del calcolo interamente contributivo. Questa ultima ipotesi trova, secondo Boeri, il proprio limite nella frammentazione delle carriere femminili che spesso non rende agevole raggiungere i contributi richiesti.