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 2015  giugno 10 Mercoledì calendario

La missione italiana di Putin, il nemico pubblico numero 1 secondo il G7. Prima in visita all’Expo con Renzi, poi a Roma da Papa Francesco: «Spiegherò al Vaticano la crisi con l’Ucraina». Con lui ministri e oligarchi. E forse vedrà Berlusconi

Se anche questa volta dovesse arrivare in ritardo da papa Francesco, Vladimir Putin potrebbe aspettarsi anche una bella ramanzina da un uomo che interpreta il suo “soft power” come nessun capo politico al mondo è in grado di fare. Il cerimoniale russo lo sa perfettamente, e questa volta (visto che è stato Putin a insistere per avere udienza dal Papa) c’è da scommettere che i tempi verranno rispettati al secondo.
L’ultima volta l’uomo di Mosca arrivò in Vaticano con un’ora di ritardo: atterrava in Italia dopo un bagno di folla in Serbia, protratto platealmente per recitare fino all’ultimo secondo il ruolo di grande protettore degli slavi. Il Vladimir Putin che torna in Italia e in Vaticano è un uomo che continua a giocare con grande intelligenza fra le debolezze e le contraddizioni di un’Europa in crisi politica ed economica. Un leader politico che sa come muoversi per dividere gli alleati della Ue e anche quelli della Nato. Ma è anche il capo di un’economia che con le sanzioni Usa/Ue/Giappone vede i conti in pericolo, e non basta il “pivot Asia”, il grande abbraccio alla Cina.
Ecco perché l’incontro con Matteo Renzi e soprattutto quello con papa Francesco sono utili non solo a rompere un accerchiamento che è limitato, ma soprattutto a tenere con dignità la scena mentre la crisi economica inizia a farsi sentire.
Questa mattina arriva all’Expo alle 10,45, visita il padiglione russo, quello italiano e poi con Matteo Renzi ha un incontro bilaterale, una conferenza stampa e un pranzo. I temi saranno chiaramente Ucraina e le altre crisi nella regione del Medio Oriente. Sulla Libia, dopo il viaggio di Paolo Gentiloni a Mosca la scorsa settimana, Renzi tornerà a chiedere con forza alla Russia di contribuire alla stabilizzazione, invece di insistere con la litania della condanna dell’intervento militare della Nato contro Gheddafi, contro un regime amico.
In serata dovrebbe vedere l’amico Silvio Berlusconi, anche se non c’è una conferma ufficiale. Ma nel pomeriggio l’appuntamento è in Vaticano col Papa, alle 17. Putin lo ha chiesto perché sa benissimo che la Chiesa cattolica ucraina sta facendo pressioni forti sul Vaticano perché denunci l’aggressione russa al Donbass e alla Crimea. A Mosca, prima di partire per l’Italia, il bravissimo portavoce del presidente Dmitri Peskov ha detto chiaramente che Putin si prepara ad essere interrogato: «Se il Papa mostra interesse non ho dubbi che il presidente sarà pronto a chiarire dettagliatamente la posizione della Russia nella crisi ucraina». Ieri il ministro degli Esteri russo Lavrov, dopo una telefonata con il collega tedesco Steinmeier, ha sottolineato la «fragilità» degli accordi di Minsk sul cessate il fuoco (già ampiamente violati).
Il primo incontro con Bergoglio avvenne il 25 novembre 2013, alla vigilia del vertice Italia- Russia a Trieste. Allora c’era la Siria in prima linea, adesso c’è l’Ucraina. Ma il Papa ha ben chiara la crisi in Medio Oriente in cui tutti i cristiani, cattolici oppure ortodossi, sono in crisi se non in fuga.
A Milano Putin arriva con 70 giornalisti al seguito e un battaglione di oligarchi. Ci saranno Igor Secin, il capo del gruppo petrolifero Rosneft, assieme al vice premier Igor Shuvalov, al ministro dell’Industria Denis Manturov, al ministro dello Sviluppo economico Alexiei Uliukaiev.
Renzi non ha fatto mistero di puntare ad altri accordi con la Russia, che non scavalchino le sanzioni, ma che preparino i due paesi a una nuova luna di miele quando la questione Ucraina in qualche modo sarà stata sbrogliata a metabolizzata. Non “congelata”, perché anche l’Italia sa bene che mantenere un bubbone del genere nel cuore d’Europa è una garanzia di infezione politica perenne.