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 2015  giugno 10 Mercoledì calendario

Mafia Capitale, fischi e insulti in Campidoglio: «Tutti a casa». Ira del sindaco Marino, sotto assedio. Bagarre e slogan da M5S e Casa Pound, il Comune blindato. Alla Regione si dimette il presidente del gruppo del Pd Marco Vincenzi

L’assedio inizia di mattina, in Regione. Nella stanza del governatore Nicola Zingaretti, presenti il segretario regionale Fabio Melilli e il commissario del Pd Matteo Orfini, si decide che è meglio se il capogruppo democrat Marco Vincenzi passi la mano. «È una questione di opportunità politica» è scritto, in filigrana, nel comunicato dell’ex sindaco di Tivoli, che si dice estraneo a Mafia Capitale. Il suo posto sarà preso da Riccardo Valentini, uno scienziato esperto di mutamenti del clima, Nobel per la pace nel 2007 con Al Gore. Ma proprio visto il clima che si respira nei palazzi del potere del Pd la pace non è contemplata.
Tempo qualche ora e il fuoco di questa giornata si sposta in Campidoglio. Subito dopo pranzo l’immagine è quella di bunker assediato. Di sotto grillini in tenuta indignata permanente, tassisti, lavoratori disoccupati, pezzi di destra che non si parlano tra di loro (Casa Pound e FdI) circondano il palazzo. C’è la polizia in tenuta anti sommossa con i blindati. L’accesso è sbarrato. La scalinata della Lupa, quella del sindaco, è presidiata dai parlamentari del M5S. Che spingono per entrare ad assistere il consiglio comunale. Dentro, nell’Aula Giulio Cesare, finita in mezzo alle tangenti per le ristrutturazioni, si riunisce l’assemblea dopo la seconda ondata dell’inchiesta. Che qui dentro ha lasciato morti e feriti politici: quattro arrestati, tre in maggioranza e uno per l’opposizione. Il consiglio è convocato per questo. Tecnicamente si chiamano surroghe: «Al posto degli arrestati entrano i primi dei non eletti a piede libero», scherza un usciere del Campidoglio. Sotto la piazza fasciogrillina schiuma rabbia e slogan: «Dimettiti», e ce l’hanno con Marino. «Mafiosi», e ce l’hanno con tutti. Si spinge e si urla, nella calca.
Poi ecco la delegazione pentastellata salire in aula. Ci sono i Di Battista e le Taverna, pronte ad alzare i cartelloni «onestà», accompagnati dall’omonimo coro. Le telecamere sono tutte per loro. Che non a caso si esibiscono in un reading di poesie molto grillino: a turno leggono le intercettazioni di Mafia Capitale, come se fossero sonetti del Belli. Di Battista prende al volo la prima telecamera e giura: «Subito al voto, abbiamo già il candidato».
LO SCATTO
Intanto, è appena arrivato il sindaco Ignazio Marino accompagnato da tutta la giunta. La maggioranza prova uno scatto d’orgoglio e inizia a rispondere con applausi polemici all’opposizione grillina che le grida in faccia onestà. I nuovi arrivati in Aula, quelli delle surroghe, hanno le facce di chi pensa: ma chi me lo ha fatto fare? La seduta si apre e si chiude per la pratica burocratica. Marino è nel mirino delle urla degli ospiti come degli altri consiglieri. Il sindaco li sfida con il linguaggio del corpo. Prima alza il pollice come a dire ok avete ragione, poi due dita in segno di vittoria. I destinatari non la prendono bene. Seduta – anzi round – sospeso. Se ne riparla domani con un altro consiglio stile fossa delle Marianne. Il consigliere grillino Enrico Stefano si arrampica sulla statua di Giulio Cesare e gli appicca addosso il cartello “onestà”, per la gioia dei fotografi che alla fine ce l’hanno fatta a salire. Si naviga a vista. Il M5S non molla l’osso e continua con i sonetti della Procura (Grillo dirà che serve un reset). Marino nel suo ufficio riunisce un gruppo di consiglieri per dire a tutti che si va avanti. In serata aggiungerà: «Garantisco io per la mia giunta, sono tutti assessori bravissimi. Il Pd di Roma mi ha ostacolato». E oggi si riunisce il consiglio regionale: all’ordine del giorno la relazione del presidente Zingaretti.