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 2015  giugno 09 Martedì calendario

La Fca di Marchionne assume altri mille operai, insieme alla stabilizzazione di 1.550 lavoratori a Melfi. Ora punta al sindacato unico, modello Usa. Ma qui ci sarà da aspettarsi la lunga battaglia della Camusso e delle tute blu

La cura Marchionne funziona e pure la decontribuzione triennale scattata a gennaio. Ieri il gruppo Fca ha annunciato altre 1.000 assunzioni insieme alla stabilizzazione di 1.550 lavoratori a Melfi. La comunicazione è di Alfredo Altavilla capo delle operazioni nel Sud Europa ed erede di Marchionne quando il capo deciderà di lasciare.
«Seicento delle mille assunzioni saranno nello stabilimento di Melfi – ha spiegato Altavilla – di cui 250 a giugno, con l’obiettivo di portare la capacità produttiva a 1.200 vetture al giorno». Con questa nuova immissione di manodopera l’impianto lucano non solo ha annullato la cassa integrazione ma si prepara ad accrescere del 50% la sua forza lavoro. Si avvia verso la soglia dei settemila dipendenti diventando la fabbrica di auto più grande d’Europa.
Un tempo questo primato spettava a Mirafiori che, con venticinquemila buste paga era, la più grande fabbrica del Vecchio Continente. Sono passati quarant’anni e lo scettro (seppure limitato alle quattro ruote) sta per passare a Melfi: miracoli della 500 X e soprattutto della nuova Jeep Renegade, la prima auto del marchio prodotta fuori dagli Usa.
Un’altra conferma sul fronte della manifattura, l’Italia è ancora terra di primati. Altre 200 assunzioni saranno fatte in Sevel dove si fabbrica la Doblo, 170 a Verrone e 100 giovani sul programma Alfa Romeo a Termoli e Cassino pensando ai motori e alla prossima Giulia. Per quanto riguarda Mirafiori, ha aggiunto Altavilla, il programma Levante (il Suv della Maserati) va avanti nei tempi previsti.
Il prossimo passo sarà il sindacato unico, modello Usa. Ma qui ci sarà da aspettarsi la lunga battaglia della Camusso e delle tute blu. Intanto la Borsa, complice anche la giornata incerta, è rimasta indifferente visto che il titolo ha fatto un passettino indietro dello 0,5%. I nuovi investimenti in Italia compensano le notizie negative provenienti dagli Usa. A inizio settimana, infatti, erano uscite, senza essere smentite, le indiscrezioni secondo cui ben dodici novità Chrysler, fra restyling e nuovi modelli, erano tornate nel cassetto. Un ripensamento che aveva fatto temere il naufragio del piano industriale.
Non proprio una novità nella Fiat «made in Marchionne» visto quanto era accaduto nel 2010 con il Progetto Italia. Gli analisti, però, non sono pessimisti e considerano la quotazione di Ferrari e il consolidamento del settore auto i due maggiori driver pr il gruppo. Lo scrive Banca Imi aggiungendo un’osservazione non banale. I suoi analisti distinguono fra i top manager del settore e gli interessi dei maggiori azionisti.
Il capo di Fca si rivolgerà ai soci di Gm per avviare una fusione anziché a Mary Barra, sdegnosa amministratore delegato che ha respinto la prima proposta di matrimonio? Banca Imi ricorda che il top management dei grandi gruppi automobilistici non è (almeno ufficialmente) favorevole a fidanzamenti o nozze. Diverso l’atteggiamento degli azionisti.
A questo punto la domanda è: Marchionne ha intenzione di appellarsi ai soci di Gm per una potenziale fusione così come sta facendo Exor, la holding della famiglia Agnelli, con il gruppo assicurativo PartnerRe? Come escluderlo. I maggiori azionisti di General Motors, sono: Harris Associates, Vanguard Group e State Street. Nella lista dei soci eccellenti compare Warren Buffett, che detiene il 2,55%. Anche se l’ipotesi Gm è la più gettonata, qualche esperto parla di scenari alternativi. Per esempio Volkswagen. Marchionne farebbe credere di trattare con Detroit, mentre John Elkann avrebbe colloqui con i tedeschi. Ipotesi circolata nelle scorse settimane, ma che non ha trovato conferme ufficiali.