la Repubblica, 9 giugno 2015
Bici-bolide, sci-razzo e scarpette ultraleggere. Così la ricerca scientifica e Sir Bradley Wiggins battono tutti i record sportivi
A vederlo volare con quella bici un po’ così, due ruote e un manubrio senza un orpello, una smanceria, una civetteria, Sir Bradley Wiggins pare un eroe vintage, un romanzo di Philip K. Dick, una figurina del passato. Macché. Sotto il caschetto dorato e gli occhialoni da formicona, il baronetto inglese ha stabilito il record dell’ora su pista (54,526 km) su una macchina del futuro. “Bolide” si chiama la bicicletta disegnata per lui dall’italianissima Pinarello, e anche il nome sa di fantascienza anni Cinquanta, di marziani dell’infanzia e di brum brum. Questo archetipo di semplicità, anzi di radicalità, ha preso il posto delle bici astruse e complicate di prima coi loro record. Il Bolide è l’anno zero, con un patrimonio di diavolerie: tutto liscio per ridurre la resistenza aerodinamica, la forcella non è tonda ma dritta e quasi appiccicata alla ruota anteriore per bloccare il passaggio dell’aria, il telaio è una monoscocca in carbonio da stampo unico che lo rende più rigido e leggero, il manubrio da 600 grammi è in titanio fuso in polvere con un laser e disegnato dopo la scannerizzazione in 3D delle braccia di Wiggins che fatto il record ha alzato al cielo come fosse una piuma il suo gioiello: 7 chili in tutto. Per costruire la sua piccola infinita astronave ci hanno lavorato 50 persone per un costo da appartamento (in provincia): 200mila euro. Ma ne valeva la pena: la casa stima un risparmio di watt del 20% rispetto alle bici tradizionali e per aerodinamicità questo Bolide è migliorato del 7,5%. Il vantaggio, se non la ricchezza, si nasconde nel poco. In una tecnologia che apparentemente si scarnifica e quasi azzera nelle forme ma si moltiplica nei contenuti.
Lo sport sposta la frontiera dell’innovazione sempre più avanti, anche quando fa il verso al retrò. Negli sport invernali, per esempio. C’è stata un’epoca in cui tutto è stato esasperato nella costruzione degli sci, dai materiali sempre più sofisticati alla cosiddetta sciancratura, cioè la sagoma ai lati e al centro dell’attrezzo per determinare il raggio di curva. Più sciancrato è, più lo sci gira e fila. Specie se è corto. Altro che bolidi, gli sci sono diventati razzi da oltre 100 km orari (in discesa). Tanto da consigliare la federazione internazionale a cambiare un paio di anni fa le regole per ragioni di sicurezza specie per la specialità del gigante: da 185 a 195 cm di lunghezza minima gli uomini, e da 180 a 188 cm per le donne. Per il resto, rimangono motori anche quando sembrano due pezzi di legno e anzi a due tronchi d’albero vogliono somigliare nel look.
Il ritorno dell’umanità, ma negli ultracorpi. Scarpette da neanche un etto per correre i 100 metri dell’atletica, le fibre di vetro nelle aste per il salto, le fibre di carbonio nel rovescio a una mano (questo sì, gesto ormai alieno nel circuito) di Wawrinka il neo vincitore del Roland Garros. Ma date la racchetta dello svizzero in mano a un altro campione: potrebbe finire in un torneo di quartiere. Lunghezza, piatto corde, tensione, manico e peso sono ormai uno studio da sartoria, modellato su ciascuno. Customizzazione, la chiamano. Le armi giuste a ciascun cavaliere. Anche a quelli dimezzati: le protesi di Oscar Pistorius, le cheetah in fibra di carbonio che portarono dopo una lunga battaglia legale l’ex Blade Runner sudafricano a disputare l’Olimpiade dei normodotati di Londra 2012, primo atleta biamputato della storia a riuscirci.
A ognuno la sua libertà di tecnologia. Lo stile non più. C’è stata un’era nel nuoto dove tutto è sembrato possibile con i costumoni in poliuretano che in appena due anni dal febbraio 2008 hanno fatto cadere 140 record del mondo. Solo ai mondiali di Roma 2009 stabiliti 43 primati, tra cui quelli di Federica Pellegrini nei 200 e nei 400 stile libero (il primo, resiste). Il superbody creò un maremoto: finirono al bando dal gennaio 2010. Si è tornati al tessuto e alla solita battaglia della scienza per ridurre il “drag” (la resistenza del fluido). Ma i record non sono finiti, il vecchio stile funziona e vince. Sarà pure vintage: ma tutto scorre.