La Stampa, 9 giugno 2015
L’aria delle città italiane è più pulita di dieci anni fa, ma le polveri sottili restano fuorilegge. I dati delle Agenzie regionali per l’ambiente: Padova e Milano sono le maglie nere. Autunno e inverno sono le stagioni più critiche a causa dei sistemi di riscaldamento
Non sarà più l’epoca delle targhe alterne o delle lenzuola bianche alla finestra, né degli allarmi sullo smog ai telegiornali. Eppure l’inquinamento delle nostre città è tutt’altro che un problema risolto. Si respira meglio, nettamente meglio, rispetto a 10 anni fa o anche meno, con i principali indicatori in calo. Ma le polveri sottili sospese nell’aria – il particolato indicato nei rapporti come pm2.5 o pm10 – continuano ad essere troppe: spesso oltre i limiti fissati dalle norme europee e dalle leggi italiane.
Luoghi avvelenati
La legge impone trasparenza totale in materia e i siti delle Arpa – le agenzie regionali per la protezione ambientale – offrono un flusso costante di dati sulle polveri sottili. Basta confrontare quelli tra gennaio e marzo per avere la classifica dello smog nelle 30 città più popolose d’Italia. In vetta ci sono Padova e Milano, che hanno superato 41 volte su 90 il limite giornaliero di 50 microgrammi di pm10 per metro cubo d’aria. È la soglia indicata come critica dalle leggi e non si potrebbe superare più di 35 volte in tutto l’anno.
A Padova e Milano sono bastati tre mesi per sfondare il tetto, e così a Reggio Emilia, che ha accumulato 40 sforamenti. Poco meglio è andata a Torino, oltre i limiti 33 volte su 90 giorni e quindi avviata a finire l’anno «fuori legge».
Verso un passo indietro
Per via del riscaldamento, autunno e inverno sono le stagioni più critiche per le polveri sottili. E infatti dal 1° aprile Padova non ha più sforato un giorno e Milano solo cinque volte in due mesi. Mettere i dati in prospettiva storica offre un po’ di ottimismo. Nel 2008 le pm10 a Torino erano andate oltre i limiti 124 volte in un anno, contro le 75 del 2014. A Milano si è passati da 111 nel 2008 a 61 lo scorso anno. A Roma da 81 a 43 giorni di sforamento. Quest’anno, in proiezione, potremmo vedere una frenata sulla strada del miglioramento.
«Il limite zero»
Solo pochi giorni fa, il ministero della Salute aveva riportato d’attualità il tema. Mostrando come lo smog uccida 34.500 italiani ogni anno, soprattutto al Nord, e accorci la vita di ogni cittadino di 10 mesi. Rispettare i limiti salverebbe 11 mila vite l’anno.
«Nel 2013, pm10 e pm2.5 sono state indicate come cancerogeni accertati per l’uomo e inserite in classe 1», avverte Loredana Musmeci dell’Istituto Superiore di Sanità. «In termini solo scientifici il limite andrebbe messo a zero, sotto la soglia di rilevabilità. Ma tecnicamente non è possibile, con le attività umane e i fattori meteo-climatici».
Le targhe alterne? Inutili
Proprio il clima influisce parecchio sullo smog, tanto che la situazione più critica riguarda la Pianura Padana. Non solo Milano e Padova, ma anche tutta l’Emilia-Romagna e il resto di Lombardia e Veneto. Dove l’aria ristagna è dura liberarsi delle polveri sottili sospese.
«E a poco servono le targhe alterne e le domeniche senz’auto – prosegue Musmeci -. Negli anni i veri progressi sono stati fatti limitando la combustione, con gli impianti di riscaldamento convertiti a metano. E con le auto più ecologiche, ormai arrivate fino alla categoria Euro 6».