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 2015  giugno 09 Martedì calendario

Mandato d’arresto per il patron di Agon Channel. Francesco Becchetti è ricercato. La procura albanese ha emesso un ordine di cattura per falso in documentazione, evasione fiscale e riciclaggio di denaro. L’inchiesta sull’imprenditore romano riguarda il progetto per la costruzione di una delle più grandi centrali idroelettriche di Tirana, mai realizzata: un appalto da decine di milioni di euro

Francesco Becchetti, l’editore di Agon Channel, è ricercato. La procura albanese ha emesso un ordine di cattura per l’imprenditore romano che da anni vive stabilmente a Londra. Le accuse a suo carico – stando a quanto riporta l’agenzia Ansa – sono pesanti: «Falso in documentazione, evasione fiscale e riciclaggio di denaro». Con la stessa motivazione è stato spiccato il mandato di arresto per il suo collaboratore più stretto, Mauro De Renzis, l’uomo che tiene i contatti con i giornalisti e gli artisti italiani (tra cui Sabrina Ferilli, Simona Ventura, Pupo) che nei mesi scorsi sono stati reclutati dalla tv che va in onda sul canale 33 del digitale terrestre, ma con gli studi in un capannone di 2mila metri quadrati nella periferia di Tirana. In manette sono finite Erjona Troplini, una collaboratrice albanese, e la dipendente di una banca a Tirana che avrebbe aiutato le «sospette transazioni di Becchetti». Anche la madre di Becchetti, Liliana Condomitti, è sotto accusa.
L’inchiesta sull’imprenditore romano è partita lo scorso anno e riguarda il progetto per la costruzione di una delle più grandi centrali idroelettriche del paese, mai realizzata: un appalto da decine di milioni di euro. Gli inquirenti sospettano che nel periodo 2007-2013, Becchetti abbia messo in piedi «un gigantesco schema di riciclaggio» che gli avrebbe fruttato «alcuni milioni di euro». Becchetti avrebbe evaso il fisco per una somma di oltre 5 milioni di euro. Tutti soldi che gli inquirenti sostengono siano stati poi investiti nelle sue altre società in Albania o finiti nei suoi conti bancari.
Su ordine della corte di Tirana è stato sottoposto il sequestro del pacchetto azionario, spalmato su cinque società registrate in Albania (Agon Set, Energia, Cable System, 400Kv, Potere) di cui Becchetti, 49 anni, nipote del “re delle discariche romane” Manlio Cerroni, deteneva il 60 per cento. Agon Set è la proprietaria di Agon Channel. Sotto sequestro tutti i conti correnti intestati a lui e alle sue società. Una vera offensiva della magistratura albanese, insomma. Col patrimonio bloccato, non è escluso che la tv rischi di chiudere a breve.
Becchetti ha cominciato a fare affari in Albania nel 2000 (settore energetico, centrali idroelettriche e trasformazione dei rifiuti, editoria cartacea), poi l’anno scorso ha aperto lì il primo canale televisivo italiano delocalizzato. Nonostante le trasmissioni e le location scelte siano state stroncate da alcuni critici tv, Becchetti ha accumulato una fortuna. Qualcuno pensa infatti che l’inchiesta si tratti di una sorta di ritorsione da parte del governo albanese, dopo la campagna martellante intrapresa da Agon Channel contro il premier laburista Edy Rama, l’ex sindaco di Tirana.
Che Becchetti si sia fatto dei nemici in Albania, nonostante gli investimenti milionari, non è un mistero. Le rare volte che va a Tirana (di base sta a Londra dove ha acquistato anche una squadra di calcio di terza serie, il Leyton Orient, ma ha un ufficio anche a Piazza di Spagna), lo fa con una scorta privata di otto persone armate, per il timore di subire un attentato. L’italiano anni fa è stato coinvolto in un processo che riguardava anche Enel-Power e un impianto di energie rinnovabili a Kalivac. Così Becchetti ha ricostruito l’episodio, in una recente intervista al Fatto: «Giuffrida (Luigi, ex ad di Enelpower, ndr) e il suo collaboratore amministrativo, violando il piano previsto in origine, mi informarono di aver ricalcolato una maggiorazione dei costi dell’impianto stimata in 50 milioni di euro. Citai l’Enel in arbitrato. Pochi mesi dopo, Giuffrida e il suo collaboratore vennero arrestati in un’inchiesta definita dai media il vaso di Pandora della corruzione italiana».