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 2015  giugno 08 Lunedì calendario

Netflix, arriva anche in Italia la tv online. Reed Hasting, cofondatore dell’azienda, ha annunciato che da ottobre ci si potrà abbonare alla sua piattaforma, che conta oltre 60 milioni di utenti nel mondo intero. Un catalogo pressoché infinito per 7,99 euro al mese, senza limiti di orari ma soprattutto senza pubblicità. Ecco come funziona, cosa si potrà vedere e perché fa tanta paura a Rai, Mediaset e Sky

• Netflix, la tv online che ha raggiunto circa 60 milioni di abbonati nel mondo, sarà disponibile in Italia dal prossimo ottobre. Reed Hastings, ceo e cofondatore della piattaforma televisiva a pagamento via Internet, lo ha annunciato al mensile Wired.
 
• Scegliendo un film dal magazzino di un distributore online, il telespettatore è libero di decidere che cosa guardare e a che ora, e se segue una serie non sarà più schiavo dell’essere sul divano tutti i giorni alla stessa ora [Meletti, Fat 7/6/2015].
 
• «Per cinquant’anni abbiamo avuto la tv lineare, ma ogni cosa ha il suo tempo e prima o poi viene sostituita: la tv del futuro sarà un grande iPad» (Reed Hastings a Wired) [Meletti, Fat 7/6/2015].
 
• Fondata a Los Gatos in California nel 1997 da Marc Randolph e Reed Hastings, Net si è prima insediata negli Usa e poi ha deciso di muoversi su tutta l’Europa. E così dopo Inghilterra, Irlanda, Olanda, Francia, Germania, Scandinavia, Svizzera e Austria, a ottobre, oltre che dell’Italia sarà anche la volta di Spagna, Portogallo. L’idea è quella di diventare accessibile a tutto il mondo, Cina compresa, entro la fine del 2016 [D’Alessandro, Rep 7/6/2015].
 
• Ogni abbonato italiano, pagando 7,99 euro al mese, avrà accesso illimitato all’intero catalogo di film, serie tv, documentari etc., senza pubblicità e con le opzioni del doppiaggio e dei sottotitoli (bisognerà vedere quanti saranno i titoli in italiano) [Carmine Fotina, S24 7/6/2015].
 
• In Italia, va detto, il modello non è del tutto inedito se si considerano servizi come Mediaset Infinity, Sky Online, Chili o Tim Vision [Carmine Fotina, S24 7/6/2015].
 
• I differenti pacchetti riguardano il numero di dispositivi attraverso i quali collegarsi e la risoluzione dei video che andrà da quella standard all’ultra hd (4k). Si potrà accedere con le console, dalle ultime due PlayStation e Xbox fino alla Wii U, ma anche via computer, tablet, smartphone, lettori blu ray con connessione alla Rete e smart tv. Se non si possiede nessuno di questi apparecchi, ci sono i dispositivi esterni che rendono interattivo qualsiasi televisore: Chromecast di Google, Apple Tv e le cosiddette box tv come Roku, che Sky recentemente ha adottato per proporre il suo Sky Online e che potrebbe includere domani l’app di Netflix [D’Alessandro, Rep 7/6/2015].
 
• Jaime D’Alessandro: «Basta registrarsi e si accede a un catalogo immenso di film, telefilm e documentari. È possibile guardare, mettere in pausa e ricominciare la visione liberi da spot. Grazie a serie prodotte in casa come House of Cards con Kevin Spacey, Netflix si è fatta conosce ovunque diventando il sinonimo di quella televisione interattiva che, come spera Hastings, dovrebbe mandare in pensione i vecchi network generalisti. Una formula all you can eat, fatta nella maggior parte dei casi di vecchie glorie del passato, che oltreoceano ha deflagrato portando Hastings e compagni dai 26 milioni di abbonati nel 2012 ai 62 milioni di oggi. Dei quali la stragrande maggioranza, 41 milioni, vivono negli Stati Uniti» [D’Alessandro, Rep 7/6/2015].
 
• «Ha cambiato il mio modo di guardare la televisione e quindi, in una certa piccola misura, che mi ha cambiato la vita. Netflix permette invece con una facilità disarmante di trovare e vedere – a un tasto sul telecomando di distanza – titoli dei quali altrimenti non si sarebbe mai neanche scoperta l’esistenza, e altri così vecchi e rari che sarebbe stato complicatissimo reperire online, legalmente o no» (Francesco Costa) [Costa, prismomag.com 14/4/2015].
 
• Spiega Francesco Costa: «Il bingewatching è una novità relativa: da quando esiste l’Adsl, infatti, l’alfabetizzazione sulle serie tv del pubblico italiano dai 16 ai 45 anni è avvenuta attraverso il download illegale di vagoni di episodi e stagioni di qualsiasi serie, da vedere uno dopo l’altro. Dove pensate che abbiamo visto i Soprano, nelle seconde serate sparpagliate creativamente tra un canale e l’altro? Qualcuno ha davvero visto The West Wing di notte su Rete 4, oppure The Wire sbriciolata in sette anni su tre canali satellitari diversi? Facevamo il bingewatching prima che inventassero la parola» [prismomag.com 14/4/2015].
 
• La cosa nuova introdotta dal bingewatching su Netflix è la rimozione dell’attrito. Costa: «Prima tra un episodio e l’altro bisognava come minimo prendere il telecomando, oppure selezionare il nuovo file da aprire e magari abbinare i sottotitoli: e i sottotitoli bisognava eventualmente averli cercati, scaricati evitando banner e popup pubblicitari, sperare di aver preso quelli giusti, rinominare i file, eccetera. Con Netflix, quando finisce un episodio, per far partire il successivo è sufficiente non fare niente: comincia da solo e ti risparmia persino di vedere di nuovo la sigla. E i sottotitoli sono già lì, se vuoi usarli, abbinati all’intero catalogo» [prismomag.com 14/4/2015]
 
• La disintermediazione della proposta televisiva, con la polverizzazione del palinsesto a favore di contenuti sempre più personalizzati e fruibili on demand, rimescola le carte tra grandi fornitori di telecomunicazioni e connessioni internet – da Telecom Italia in giù – e protagonisti della pay tv come Mediaset e Sky. Se davvero, come sembra dai primi annunci, la politica di Netflix in Italia non prevedrà il ricorso a esclusive si aprono scenari all’insegna di accordi trasversali e scambi di contenuti che apparivano impossibili solo pochi anni fa, con il risultato di moltiplicare l’offerta e instaurare un livello di concorrenza qualitativamente più alto [S24 7/6/2015].
 
• Su Wired Hastings non fa riferimento alle trattative con Telecom Italia. Si parla di accordi non esclusivi con operatori di telecomunicazioni, che forniranno smartphone e tablet con l’app già installata, e di una possibile presenza anche nei decoder di Mediaset e Sky. La situazione della connettività non sembra preoccupare più il Ceo che sta rivoluzionando l’accesso ai contenuti video: «Non è importante lo stato della banda larga: è fondamentale la direzione», ha dichiarato dimostrando un certo ottimismo per le sorti della nostra velocità ancora un po’ zoppicante, con la fibra ottica che raggiunge solo il 34% della popolazione, e per i piani del Governo Renzi [Pennisi, Cds 7/6/2015].

• Detto ciò è facile comprendere perché il numero uno di Telecom Italia, Marco Patuano, parli dell’arrivo di Netflix come di una grande occasione. Indipendentemente dall’ipotesi che sia la stessa società telefonica a offrirsi come rivenditore degli abbonamenti a Netflix, integrandoli nella propria offerta di connettività, è certo che un successo della piattaforma di pay-tv via Internet significherebbe un boom della domanda di banda larga da parte del mercato [Meletti, Fat 7/6/2015].
 
• Sul Fatto Giorgio Meletti spiega perché Netflix fa tanta paura alle tv tradizionali, al punto che qualcuno arriva a ipotizzare – forse esagerando – che in Italia dietro i ritardi nella diffusione della banda larga per Internet ci siano anche gli interessi di Mediaset e Sky. «La prima ragione è che Netflix è un concorrente temibile. Ha già raggiunto un fatturato di circa 5 miliardi di euro, grosso modo la somma di Rai e Mediaset e, pur macinando utili, ha una notevole capacità di investimento sui suoi prodotti tv. La seconda ragione è che Netflix accompagna lo spostamento del pubblico dalla tv alla rete, accelerando il lento commiato dalla televisione prigioniera del palinsesto. La terza ragione è che aziende come Netflix hanno un costo di distribuzione quasi azzerato rispetto alla tv tradizionale che deve mantenersi costose reti di antenne, come Raiway e EI Towers nel caso delle terrestri, o il sistema satellitare nel caso di Sky. Potendo offrire, soprattutto se c’è disponibilità di banda sulla rete, immagini televisive anche in alta definizione, Netflix può diventare un insidioso concorrente di Sky e Mediaset nelle aste per i diritti tv non solo dei film e telefilm ma anche degli eventi sportivi» [Meletti, Fat 7/6/2015].
 
• Andrea Scrosati, executive vice president programming di Sky Italia : «Siamo tranquillissimi, la nostra offerta in streaming già esiste, naturalmente i diversi operatori si differenzieranno per il prezzo ma soprattutto per i contenuti. Le serie italiane sono motivo di orgoglio: Gomorra è stata venduta in 105 paesi, stiamo producendo la serie di Paolo Sorrentino sul Papa. Il pubblico vuole la qualità» [Fumarola, A&F 17/11/2014].
 
• Lorenzo Mieli, ad di Fremantle Media Italia: «L’arrivo di Netflix è favorito dal lavoro immenso che ha fatto Sky in questi anni: lo spostamento dal cinema alla televisione non riguarda solo la tv, è un fenomeno gigantesco. Ci sono società che hanno fatto solo cinema e che si stanno riconvertendo, è un mercato enorme, in crescita. Netflix ha un modello di business tutto suo: acquisisce il 100% dei diritti ma paga il producer fee, una tariffa molto alta rispetto all’Italia. Potrà essere possibile fare fiction italianissime che viaggiano nel mondo» [Fumarola, A&F 17/11/2014].
 
• «Quello del video on demand è un mercato che in alcune aree europee si è già sviluppato. Francia, Germania e Inghilterra rappresentano da sole circa il 60% del mercato totale. Si tratta di cifre che in ciascun Paese valgono in media quasi 400 milioni di euro» (Augusto Preta, analista di mercato, docente di economia dei media e fondatore di ITMedia Consulting) [formiche.net 8/6/2015].
 
• Una ricerca di ITMediaConsulting stima che il totale delle entrate da servizi Vod (video on demand) in Europa Occidentale raggiungerà 2.140 milioni di euro alla fine del 2015 con 823 milioni di euro generati da abbonamenti Svod (Subscription video on demand), 760 milioni di euro da pubblicità Avod (audio and video on demand) e il resto da servizi di Tvod (pagamento per singolo prodotto e acquisti video on line): «L’offerta a pagamento in Svod continuerà ad acquistare rilevanza e nel 2018 i ricavi complessivi raggiungeranno 3.580 milioni di euro» [formiche.net 8/6/2015].
 
• Prezzo basso, semplicità d’uso e un’offerta di film e telefilm praticamente sconfinata sono alla base del successo di Netflix. La vera carta vincente di Hastings è stata però la convinzione con cui ha scommesso per tempo sul suo business, rendendo forte e attrattivo il marchio Netflix con un investimento massiccio in produzioni autonome [Meletti, Fat 7/6/2015].
 
• Ted Sarandos, 48 anni, presidente per i contenuti alla Netflix: «Chi scrive per noi sa che dovrà scrivere una cosa più simile a un film di 13 ore. Ma è  molto meno rischioso produrre così che realizzare 50-70 piloti all’anno – in gran parte buttati – come fanno i network». Il budget annuale per i contenuti è di 2 miliardi di dollari, il 10% dei quali destinato alla programmazione originale [Fumarola, A&F 17/11/2014].
 
• D’Alessandro scrive che alcune delle serie prodotte da Netflix, come House of Cards in primis trasmessa da Sky, resteranno però nelle mani di altri e al servizio di Reed Hastings non rimarrà che offrire le repliche delle repliche. Ma ce ne sono di nuove, come Grace and Frankie con Jane Fonda, Marvel’s Daredevil, Sense8, Bloodline, Unbreakable Kimmy Schmidt e Marco Polo. E ancora Netflix Narcos, che racconta la storia del cartello di Pablo Escobar, la commedia Club de Cuervos e Marvel’s Jessica Jones. Senza dimenticare i film: Beasts of No Nation, Crouching Tiger, Hidden Dragon: The Green Legend, Jadotville e The Ridiculous 6» [D’Alessandro, Rep 7/6/2015].
 
• Hasting, 54 anni portati senza giovanilismo, allampanato, col collo lungo e sempre un po’ arrossato, un discutibile gusto per camicie fantasia e per giacche di una taglia più grandi. Membro dal 2011 del consiglio d’amministrazione di Faceboo. Ceo e cofondatore (con Marc Randolph) di Netflix. Dal 2011 anche membro del consiglio di Facebook. Allampanato, col collo lungo e sempre un po’ arrossato, un discutibile gusto per camicie fantasia e per giacche di una taglia più grandi [Panizza, Wired 11/2014]. Cresciuto nel sobborgo di Belmont, studi a la Buckingham Browne & Nichols, una scuola privata di Cambridge, si laurea in matematica a Bowdoin. Subito dopo la laurea, nel 1986, parte per lo Swaziland insieme ai Peace Corps fondati da John Fitzgerald Kennedy e ci resta due anni e sette mesi, insegnando geometria ed equazioni differenziali nel Nordovest del paese, in un liceo con ottocento studenti, dormendo su un pagliericcio in una zona rurale priva di elettricità. Un master in Computer science a Stanford. Fonda Pure, una startup che sviluppa programmi per debuggare software dedicati ai programmatori Unix. Mette a segno una fusione con Atria e alla fine vende tutto a Rational software, il 29 agosto 1997 con il compagno di sempre Marc Randolph mette in piede Netflix, un servizio di noleggio dvd per posta.
 
• «L’idea è venuta mentre sistemavo casa. Ho trovato una copia di Apollo 13, che avevo noleggiato un mese prima. Dovevo pagare il ritardo, e in più andare al negozio per restituirlo. Allora mi sono detto: spediamo i dvd a casa della gente, in buste preaffrancate, ordinate comodamente su internet. Per una quota fissa mensile si può noleggiare un numero illimitato di titoli. E senza penali per il ritardo: quando restituisci il film, ti mandiamo quello nuovo» [Panizza, Wired 11/2014].
 
• Panizza: «Siamo in un’America dove giravano quasi solo videocassette firmate Blockbuster e Wal Mart e un lettore non costava meno di 600 dollari. Netflix, in cinque anni, entra tra i primi dieci clienti delle poste americane con 40 centri di distribuzione, ciascuno dei quali lavorava circa 100mila dischi al giorno. Ma Hastings pensa già al passo successivo: “Chiamammo la compagnia Netflix perché sapevamo che un giorno avremmo venduto in streaming, su internet”» [Panizza, Wired 11/2014].
 
• «All’inizio, quando nel 2007 lanciammo il nostro servizio streaming, ai più sembrava così strano. Appena dieci dollari al mese per avere film e serie tv attraverso Internet. Ma come gli smartphone hanno vinto la guerra contro i telefoni fissi, con le connessioni a banda larga sempre migliori un numero crescente di show è stato distribuito direttamente via web» (Reed Hasting) [D’Alessandro, Rep 7/6/2015].
 
• Basta un solo dato: negli Usa Netflix arriva a occupare un terzo del consumo totale di banda nelle ore di punta; per dirla più chiaramente, di tutti i dati che circolano sulla rete Internet degli Stati Uniti, un terzo sono quelli spediti da Netflix ai monitor dei suoi clienti [Meletti, Fat 7/6/2015].
 
• Traffico che Hastings lascia gestire a una cinquantina di ingegneri capitanati da Ken Florance, un vecchio hippie buddista e suonatore di sitar che tutte le mattine, scalzo, medita un’ora nel garage della sua casa di Santa Cruz prima di andare negli uffici della compagnia a Los Gatos, a trenta chilometri di distanza. Panizza: «Una congestione da bollino nero che ha portato grandi fornitori di connessione via cavo come Verizon, At&t, Comcast e Time Warner cable ad abbandonare il vecchio fair play legato alla libera interconnessione e al peering gratuito e a chiedere a Netflix milioni di dollari per l’utilizzo intensivo della banda. Controvoglia, appellandosi al presidente Obama e alla Federal Communications Commission affinché faccia rispettare i principi fondanti della “net neutrality”, Reed ha dovuto pagare» [Panizza, Wired 11/2014].
 
• «Internet, la piattaforma principale del progresso umano, non può essere tassata» (Reed Hastings).
 
• E per dimostrare che la banda larga è un bene inesauribile e che le restrizioni sono frutto di precise scelte industriali dei provider, si è lasciato andare a un inusuale gesto messianico. «Tutti i dati necessari a portare contenuti in super hd 4K a tutti i nostri utenti, diciamo 101,7 terabit al secondo, potrebbero scorrere lungo un cavo di fibra ottica sottile come questo» (così Hastings, lo scorso luglio commentando i risultati finanziari dell’azienda, trattenendo tra le dita, dopo averlo strappato dalla sua folta pettinatura, un capello grigio) [Panizza, Wired 11/2014].
 
• «L’influenza di Hastings s’è estesa molto al di là della sua azienda, le sue idee hanno modificato il rapporto tra tecnologia e intrattenimento» (Corinne Grinapol, autrice dell’unica biografia non autorizzata esistente).
 
• Oggi Netflix conta 2.327 dipendenti e un fatturato di 4,3 miliardi di dollari (dati Nasdaq ottobre 2014). Nel 2014 ha totalizzato ricavi per 1,44 miliardi di dollari, superando Hbo (la casa di produzione di Game of Thrones) nel computo totale degli incassi provenienti da sottoscrizioni, e le azioni sono arrivate a costare 400 dollari l’una [Panizza, Wired 11/2014].
 
• Panizza «Il documento programmatico scritto insieme all’esperta di risorse umane Patty McCord, 127 pagine in power point, per spiegare la sua filosofia aziendale e i valori della società, è diventato virale: “Ci sono un sacco di idee strambe, lì dentro, come quella che autorizza gli impiegati a prendersi tutte le vacanze che ritengono necessarie, senza limiti. O l’assioma che invita a tagliare le regole e assumere talenti più velocemente di quanto aumenta la complessità aziendale: la gente responsabile, questo è il presupposto, si governa da sola”. Dopo averlo letto, a Facebook hanno strabuzzato gli occhi: “Questo è il documento più importante mai uscito dalla Silicon Valley”, s’è sbilanciata Sheryl Sandberg, direttore operativo di Zuckerberg. Quando hanno chiesto ad Hastings se davvero a Netflix si può stare a casa quanto si vuole, lui ha risposto però col suo solito sorriso paterno: “Fino alle 48 ore di permesso all’anno, dal mio punto di vista, davvero no problem”» [Panizza, Wired 11/2014].
 
• Business Week scrive che i suoi dipendenti sono tra i più pagati nel campo dell’hi-tech e possono anche scegliere come suddividere il loro compenso tra azioni della società e contanti. In cambio però di altissime prestazioni. Se dovessero deludere le aspettative riceverebbero comunque una generosa liquidazione.
 
• Il tempo medio passato dagli italiani davanti al piccolo schermo nel 2014 è stato  4 ore e 20 minuti [Aldo Grasso, Cds 4/1/2015]
 
• «Abbiamo educato il mondo a pretendere la gratificazione istantanea dei propri desideri» ( Ted Sarandos, il capo dei contenuti).