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 2015  giugno 08 Lunedì calendario

Wall Street, chi si rivede, i reduci del 2008. Chi sono e che cosa fanno oggi gli uomini della finanza che sette anni fa scatenarono il panico e la recessione. Dick Fuld, l’ex ceo di Lehman Brothers, nega responsabilità: «La società non era in bancarotta. La colpa è del governo»

Il Gorilla rialza la sua «brutta testa» (parole sue). Senza un rimorso. Nessun pentimento. Ostinato nel ribadire di non essere uno dei massimi responsabili della grave crisi finanziaria del 2008, i cui strascichi affliggono ancor oggi l’economia mondiale. Dick Fuld, l’ex amministratore delegato (ceo) di Lehman brothers – la banca d’affari che, fallendo, scatenò il panico sui mercati – a 69 anni è tornato sulla scena pubblica e promette di far sentire ancora di più le sue ragioni in futuro. Oltre a lui, un altro protagonista di quella crisi, l’ex ceo del gruppo assicurativo Aig Maurice «Hank» Greenberg sta lottando per rifarsi l’immagine.
Ma tutti hanno in comune una caratteristica: pur avendo subito perdite, possono ancora contare su ricchi patrimoni accumulati in anni di lavoro a Wall Street; e nessuno è stato condannato per crimini finanziari. Solo due, l’ex ceo di Countrywide Angelo Mozilo e quello di Freddie Mac, Richard Syron hanno dovuto patteggiare delle lievi pene dopo essere stati accusati di frode dalla Sec, l’autorità di controllo dei mercati finanziari Usa. Una vergogna, ha denunciato la settimana scorsa Elizabeth Warren, la senatrice che la sinistra dei Democratici americani vorrebbe in corsa per la Casa Bianca al posto di Hillary Clinton. In una lettera aperta alla presidente della Sec, Mary Jo White, Warren si è detta delusa della sua gestione perché, fra l’altro, non è riuscita a ottenere alcuna confessione di malefatte da parte dei banchieri indagati.
Fuld è il caso più emblematico. Nega perfino l’evidenza che la sua banca fosse in stato fallimentare. L’ha detto l’altra settimana parlando a una conferenza a New York: Lehman «non era in bancarotta» e non è vero che avesse una cattiva gestione dei rischi. «Avevo 27mila gestori dei rischi, perché tutti i miei dipendenti possedevano un pezzo della società, in tutto controllavano oltre il 30% delle azioni», ha detto Fuld, chiamato il «gorilla» per il suo stile aggressivo. Poco importa, a lui, se il perito del tribunale che ha analizzato i conti di Lehman ha scritto nel suo rapporto del 2010 che la banca era già insolvente l’8 settembre 2008 – una settimana prima del crac ufficiale —, perché i suoi manager scelsero «regolarmente di ignorare o respingere i controlli dei rischi societari».
Lehman era stata una delle banche d’affari più impegnate nel creare e vendere titoli sulla base dei mutui subprime (quelli concessi ai clienti meno affidabili): obbligazioni le cui cedole e rimborso del capitale dipendevano dal pagamento delle rate. Con i prezzi del mattone in calo e una marea di debiti diventati «cattivi», il valore di quei titoli aveva cominciato a crollare nel 2007 e altre banche attive in quel business si erano affrettate a cercare di liquidare i titoli «spazzatura» e a ripulire i propri bilanci, o addirittura avevano fatto soldi – come Goldman Sachs – scommettendo sul loro crollo. Invece Fuld aveva insistito nel puntare su quegli investimenti fino a far fallire la storica banca, fondata in Alabama nel 1850 dai tre fratelli Lehman.
«Credo di non aver capito la violenza del mercato e come il contagio della crisi travolgeva settore dopo settore», è l’unica ammissione di Fuld, che per il resto getta tutta la colpa del crac sul governo americano – promotore delle «case per tutti», anche per chi non poteva permettersele —, sulle autorità incapaci di regolare il mercato e sui consumatori irresponsabili nell’indebitarsi. Lui dalla crisi è uscito non male. Secondo stime accreditate, fra il 2000 e il 2007 aveva guadagnato oltre 500 milioni di dollari; nel 2009 ha venduto il suo appartamento su Park Avenue a Manhattan per 25,9 milioni di dollari, ma possiede ancora una mega-villa a Greenwich, Connecticut e due case a Sun Valley, Idaho e a Jupiter Island, Florida. Inoltre ha una sua società di consulenza, Matrix advisors, creata nel marzo 2009, con 11 dipendenti a tempo pieno e aziende medio-piccole come clienti.
E gli altri? Il novantenne Greenberg sta ricreando un suo gruppo assicurativo e lottando nei tribunali contro l’ex procuratore generale Eliot Spitzer che l’aveva incriminato – con un’inchiesta penale finita nel nulla – e contro il governo Usa che, dice, l’hanno derubato della sua creatura Aig. Solo John Thain, ceo di Merrill Lynch nel 2008, è ancora al top di una banca, il Cit group. Il resto dei finanzieri caduti nel 2008 sta alla larga da Wall Street e dai riflettori dei media (vedi il grafico), godendosi pensioni d’oro.