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 2015  giugno 05 Venerdì calendario

Andrew Jennings, ritratto dell’uomo che ha distrutto Blatter e che ha fatto crollare una delle più potenti dittature finanziarie dei nostri tempi, quella del pallone. È un giornalista freelance di settantuno anni, che al calcio ha sempre preferito la mafia o la malapolizia e che dopo aver vinto premi per inchieste sull’affare Iran-Contra e sulla Cecenia, entra nel mondo dello sport dalla porta di servizio: quella che affaccia sul lato oscuro delle multinazionali sportive fondate sulla contiguità col crimine organizzato, sul Cio e poi sulla Fifa

Dalle inchieste sulla criminalità organizzata a quelle sulla Fifa il passo è breve diremmo oggi, ma il reporter investigativo Andrew Jennings questo passo lo ha fatto oltre dieci anni fa, da solo, quando ancora nessuno aveva il coraggio di chiedere a Blatter: “Scusi, lei ha mai intascato una tangente?”. È stato così che un giornalista ha potuto consegnare al Fbi la mole di documenti che hanno fatto nascere l’inchiesta che ha sconvolto la Fifa, portato alle dimissioni di Sepp Blatter, e oggi promette di riscrivere la storia delle assegnazioni dei Mondiali di calcio: non solo Russia 2018 e Qatar 2022, che non è un film di spionaggio sulla guerra fredda, si parte almeno da Francia 1998. Sono tutti coinvolti.
Nato in Scozia 71 anni fa e cresciuto a Londra, Jennings non si è mai interessato di sport, anche se il padre è stato giocatore del Clapton Orient (oggi Leyton Orient, quello di Agon Channel e dei reality show con Simona Ventura) preferendo le inchieste su mafia e malapolizia. Quando la BBC rifiuta di mandare in onda il suo documentario su corruzione e cocaina a Scotland Yard, passa a World in Action, dove lavora con Paul Greengrass, poi regista della serie Bourne con Matt Damon.
È qui che, dopo avere vinto premi per inchieste sull’affare Iran-Contra e sulla Cecenia, si avvicina al mondo dello sport: e lo fa entrando dalla porta di servizio, quella che affaccia sul lato oscuro delle multinazionali sportive fondate sulla contiguità col crimine organizzato. Un mondo in cui, si scopre ieri, il boss della Federcalcio irlandese ha accettato nel 2010 dalla Fifa un pagamento personale (stimato in 5milioni ndr) per lenire il dispiacere del gol di mano di Henry nei playoff in cui la Francia ha battuto l’Eire qualificandosi per il Sudafrica.
Dapprima le inchieste di Jennings sono sulla corruzione al Cio, il Comitato Olimpico Internazionale allora retto dal franchista Juan Antonio Samaranch. Poi la Fifa. Oggi diremmo di nuovo che non è un caso, che uno dei più papabili successori di Blatter è Fahad Al Sabah, sceicco del Kuwait e membro del Cio che nel 2013 è decisivo – tra accuse di corruzione – nell’elezione dell’attuale presidente Thomas Bach. Ma anche allora Jennings era solo. Come racconta spesso, le sue fonti sono i piccoli funzionari, quelli che ancora hanno una morale per rimanere disgustati dal malaffare che li circonda. Per questo nel 2003 si presenta a una conferenza stampa della Fifa e, tra lo stupore generale, domanda: “Herr (quasi a dargli del nazista,ndr) Blatter, lei ha mai intascato una tangente?”. La breccia è aperta, e nei mesi successivi è avvicinato da funzionari che gli consegnano documenti che provano la corruzione.
Nel 2006 ci scrive un libro (Foul! The Secret World of Fifa) e gira un documentario per la Bbc (The Beautiful Bung: Corruption and the World Cup), ma nessun inquirente europeo né alcun giornalista – “tutti massaggiatori del potente di turno” – lo segue. Nel 2009 lo avvicina però l’Fbi, cui consegna materiale scottante sulla Concacaf e Chuck Blazer, l’ex potentissimo boss del calcio statunitense che messo con le spalle al muro diventa il superpentito dell’inchiesta in corso.
Il resto è storia dei giorni nostri. Tanto che quando la mattina del 28 maggio il Washington Post lo chiama alle sei della mattina per comunicargli che grazie alle sue inchieste hanno arrestato 14 persone a Zurigo, lui risponde: “E perché mi chiamate così presto? Quello che succede all’alba lo posso ancora vedere al tg di mezzogiorno”. Se c’è qualcuno che non solo sapeva quello che sarebbe successo, ma che lo ha fatto accadere, quello è Andrew Jennings: giornalista la cui perseveranza ha fatto crollare una delle più potenti dittature finanziarie dei nostri tempi, quella del pallone. E così non stupisce che dal verbale dell’interrogatorio del Fbi a Chuck Blazer, avvenuto nel 2013 e desecretato solo ieri, si scopre che Blazer ha favorito il pagamento di tangenti fin dal 1993 per fare organizzare alla Francia il Mondiale 1998. E che le mazzette per Sudafrica 2010 siano state pagate dal 2004 (anno dell’assegnazione) fino al 2011, comprendendo quindi i famosi 10 milioni transitati nel 2008 da un conto della Fifa a uno di Jack Warner sotto la supervisione di Jerome Valcke, braccio destro di Blatter la cui fragorosa caduta ha trascinato con sé anche l’imperatore.