Corriere della Sera, 5 giugno 2015
Ricordi privati di Michelle Hunziker. «La separazione dei miei è stata un trauma. Per anni ho passato il Natale a piangere. In Svizzera le prendevo ogni giorno dagli altri perché parlavo italiano». Ammette di essere fortunata e di essere stata inseguita molte volte dagli uomini (o meglio da uomini-bambini)
Ho ricordi dai due anni in poi. Mia mamma si è impressionata quando le ho raccontato un episodio. Vivevamo in una villetta a schiera: vedo ancora i soprammobili, la scala che divideva i due piani, dove mi ero seduta per seguire bene quello che stava accadendo. Ero a letto, ma sentendo rumori mi sono alzata: c’era mio nonno che stava donando un portafortuna a mia madre». Quello che colpisce di Michelle Hunziker non è la bellezza senza «additivi». Neppure il sorriso è la vera arma vincente. «In effetti per noi dello spettacolo è fondamentale avere una bella dentatura». Di lei colpisce la storia, che racconta senza censure. «Il mio papà era alcolizzato. Ma era un’anima bella e la sua debolezza non riusciva a offuscare la tenerezza del suo cuore. La mamma lavorava senza sosta. Papà era lo spirito, i ghirigori prima di andare a letto».
La spaghettifresser
Nel ristorante milanese di Claudio Sadler, Michelle Hunziker arriva con ritardo giustificato. «Celeste (la terzogenita avuta da Tomaso Trussardi, ndr ) aveva una fame della Madonna», spiega con il suo inconfondibile svizzero-milanese. «Dopo l’ultima gravidanza ho due chili di troppo, ma Tomaso dice che se li perdo mi lascia». Ride di gusto. «Sono stata una bambina fortunata: ho vissuto la mia infanzia in un paese con molta natura. Ogni tanto devo fuggire al mare, riconnettermi con la natura».
Di quegli anni le è rimasto il senso della libertà e l’arte di cavarsela da sola. «Ero un maschiaccio, sempre sporca dalla testa ai piedi. A 4 anni ero già molto indipendente, mia mamma aveva il solo obbligo di guardarmi ogni tanto dalla finestra, mentre giocavo in cortile». L’Italia era già nel destino di Michelle. «La prima lingua che ho imparato era l’italiano e per gli altri bambini ero una “terrona”. Mi chiamavano “spaghettifresser”, che nella Svizzera tedesca ha un valore dispregiativo». La «mangiaspaghetti» si faceva giustizia da sola. «Le bande mi inseguivano e io tutti i giorni, senza alcuna paura, andavo a prenderle dagli altri bambini. Poi all’improvviso ho deciso che dovevo imparare la lingua e così mi sono messa a guardare cartoni in tedesco per giornate intere: in tre settimane parlavo perfettamente».
O la mamma o il papà
Quando i suoi genitori si sono separati aveva 12 anni. «Dopo la separazione ho trascorso dei Natali tristissimi. La mattina del 25 lo chiamavo e lui piangeva». Quell’esperienza le ha insegnato molte cose: quando si è separata da Eros Ramazzotti ha fatto tutto il contrario. «Anche nei momenti più difficili abbiamo cercato di andare oltre le regole dei giudici: per anni, anche dopo esserci divisi, abbiamo trascorso il Natale insieme, coinvolgendo i reciproci compagni. A un certo punto è stata nostra figlia Aurora a dirci che poteva bastare...».
Della separazione dei suoi genitori ricorda una domanda assurda: la mamma o il papà?. «Il giudice mi ha chiesto con chi volevo stare: ho scelto la mamma ma il mio cuore era in frantumi». Oggi la famiglia e i suoi diritti sono il chiodo fisso di Michelle, che insieme a Giulia Bongiorno si batte con Doppia Difesa, l’associazione per le donne. Ma non solo per le donne. «Adesso vogliamo portare al centro del dibattito la Parental Alienation Syndrome, che in Italia non è riconosciuta: quell’atteggiamento di un genitore separato che, anche in caso di affido congiunto, decide di cancellare l’altro dalla vita del figlio. Spesso il genitore alienato è il papà». La maternità non è un terreno «politico» per Michelle Hunziker. «Con la scelta di tornare subito al lavoro ho scatenato un dibattito, alcune mi ammiravano, altre dicevano che stavo svalutando anni di lotte. Sapete qual è la verità? Dopo Sole (la secondogenita) ero così piena di ossitocina che avevo voglia di divorare il mondo. Con Celeste ho deciso di prendere una pausa. Ogni donna deve vivere la maternità come desidera. E io non voglio insegnare proprio niente a nessuno». Diventare mamma l’ha aiutata a capire meglio alcune cose di sua madre. «Per anni sono stata in lotta con lei: lavorava sempre, quando tornava era stanchissima. Non ha mai perso l’accento olandese, è una donna simpatica e molto forte: la chiamiamo il sergente».
Amicizie normali e amori speciali
Ha capito in ritardo di essere bella. «Mio papà amava tagliarmi i capelli corti perché “Lole”, come mi chiamava lui (il diminutivo di amore), aveva la faccia così bella che andava scoperta». Negli anni Novanta, quando è arrivata in Italia, le consigliavano di fare la modella. «Ma tutti volevano le androgine e io ero muscolosa. Dicevano che avrei funzionato per l’intimo». Al casting per lo slip Roberta, c’erano 500 candidate. «Una cosa surreale. Avevano i jeans abbassati per mostrare le ciapet... per farmi forza mi dicevo che, se mai mi avessero presa, nessuno avrebbe mai visto la mia faccia!». Molti corteggiatori e pochi fidanzati: il primo era un ragazzo siciliano che le ha insegnato di nuovo l’italiano. Nel 1988, a Milano Marittima, il primo incontro importante. «Ho chiesto a mio fratello se mi portava in discoteca e lì ho conosciuto Eros». La mondanità non è nelle sue corde e non si mostra sui social. «Uso Instagram solo per un saluto ai fan. Ma non svelo la mia privacy: credo che se sei un personaggio famoso, tolga un po’ di fascino». Le sue migliori amiche sono persone normali. «Una lavora alla profumeria Limoni, l’altra è una casalinga con 4 figli. Mi piace organizzare una grigliata o una pizzata con gli amici a Bergamo, dove tutti parlano a voce alta e alla fine anche io mi ritrovo a urlare». Quando ha incontrato per la prima volta suo marito Tomaso ha cominciato a balbettare. «Mi è piaciuto subito: ci siamo scambiati i numeri e la prima a chiamare sono stata io... Non si decideva mai a baciarmi, mia figlia Aurora che mi vedeva rientrare delusa diceva: “mamma, o vuole una migliore amica o è gay”». Dopo tanti anni di singletudine, c’era un muro da abbattere. «Ero difficilissima da gestire, facevo tutto io, organizzavo le vacanze e mi dimenticavo di interpellarlo, alla fine lui si trovava difronte al fatto compiuto». Poi un giorno è arrivata una telefonata. «Mi disse: “Michelle, tu non vuoi un uomo, tu vuoi fare l’uomo. E io non voglio una storia senza condividere”. Ho capito che potevo lasciarmi guidare. Ancora oggi ringrazio mio marito per quella chiamata».