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 2015  giugno 05 Venerdì calendario

«Gioia, tristezza e rimpianti». Queste sono state le sensazioni provate da Brian Wilson all’anteprima di “Love and Mercy”, il film sulla sua vita. Il genio dei Beach Boys raggiunse i 150 chili di peso e finì nelle mani di uno psichiatra, Eugene Landy, che lo imbottì di psicofarmaci, lo allontanò dalla famiglia e prese possesso della sua mente e delle finanze fin quando Brian non si innamorò di una venditrice di automobili che riuscì a liberarlo dal professore e dai suoi fantasmi

Si pensa a Brian Wilson e vengono in mente immagini di sole e di surf, di gioia e di spensieratezza. Vengono in mente i Beach Boys (e le «Beach girls») in una California Anni 60 ottimista e prospera, attraversata da fermenti creativi e sociali che hanno lasciato un segno profondo sull’America e sul mondo. E canzoni come California Girls e Good Vibrations.
La band aveva un leader, un genio musicale chiamato Brian Wilson. Il quale, alla faccia della leggerezza delle canzoni che lo hanno reso ricco e famoso, ha avuto una vita turbolenta e complicata. Un padre manesco, molto esigente, che lo ha pure derubato. E i difficili Anni 80, nei quali Brian raggiunse i 150 chili di peso e finì nelle mani di uno psichiatra, Eugene Landy, che lo imbottì di psicofarmaci, lo allontanò dalla famiglia e prese possesso della sua vita e delle finanze, arrivando a decidere chi poteva e non poteva vedere. Fino a quando Wilson non incontrò una venditrice di automobili che riuscì a liberarlo da Landy e dai suoi fantasmi, e che oggi è la signora Wilson. Una storia che ora è un film, Love and Mercy, diretto da William Pohlad: Paul Dano e John Cusack sono Wilson da ragazzo e poi da adulto. 
Lui, il protagonista della storia, che oggi ha 72 anni e soffre del morbo di Parkinson, è sorpreso e orgoglioso di ciò che ha visto sullo schermo: «È un’esperienza molto emotiva per tutte le cose che ho vissuto». Si esprime così, con frasi molto brevi e secche. Gli tremano le mani. Risponde da dietro un pianoforte, che ogni tanto suona per sottolineare una canzone di cui sta parlando o un momento che sta raccontando, o forse per difendersi dai ricordi. 
E anche se uno dei suoi assistenti spiega che è fragile e mette in chiaro che le domande personali non sono ammesse, non sembra avere problemi ad aprirsi.
Brian, partiamo dal film. La sua reazione?
«Mi ha sorpreso quanto bene Paul e John hanno interpretato la mia parte».
Altro?
«Mi ha dato gioia, tristezza e un senso di rimpianto. Insieme».
Una storia molto personale. Perché ha accettato di raccontarla?
«Perché ho bisogno di condividere e voglio che la gente sappia ciò che ho vissuto».
Ha vissuto molto. Dove ha trovato la forza per andare avanti?
«Nel mio cuore. Nel mio pianoforte. E negli amici che venivano e mi dicevano: dai Brian, puoi farcela».
E sua moglie?
«Certo, anche in lei. Elizabeth Banks ha fatto un ottimo lavoro nel rappresentarla».
Pensa a che cosa sarebbe successo se non l’avesse incontrata?
«Non so come rispondere, non lo so».
Nel guardarsi indietro e nel pensare alle azioni del dottor Landy prova risentimento?
«No».
Perché no?
«Perché non lo provo».
Il titolo del film viene da una delle sue canzoni, «Love and Mercy», amore e compassione. Come le è venuto?
«Così... Ero al piano un giorno, mi è passato per la testa e mi e’ sembrato un bel titolo».
Dice che sente la musica nella sua testa. Che cosa vuol dire?
«Ho un solo orecchio, dal destro non ci sento. E mi concentro sul suono prima di andare in studio. Così...» (e si mette a suonare, ndr).
Quanto è importante la musica nella sua vita?
«È importantissima».
E se non avesse avuto la musica?
«Avrei voluto diventare un giocatore di baseball».
Con canzoni come «Surfer Girl», «Surfin’ Safari» e «Surfin’ Usa» ha inventato la surf music. Ma è vero che non lei quello sport non l’ha mai praticato?
«Non ho mai imparato a surfare, ne ho sempre avuto paura. Ma mio fratello Dennis diceva che il surf era molto popolare e che avrei dovuto scriverci sopra delle canzoni».
Che consiglio dà a chi vuole entrare nel business della musica?
«Di non drogarsi. Guardandomi indietro, mi stupisco di essere ancora vivo dopo tutte le droghe che mi sono fatto. E di scrivere ancora con naturalezza».
Come inizia le sue giornate? E come le finisce?
«Pregando, ringraziando Dio per avermi dato un altro giorno di vita. E sperando che me ne dia ancora un altro».