La Stampa, 4 giugno 2015
L’istruzione a casa propria per 500 bimbi in tutta Italia. Numeri e storie della «homeschooling», un modello partito dagli Stati Uniti, approdato in Europa, con grande seguito in Francia e Spagna, e in crescita anche da noi
C’è chi i giorni che mancano alla fine della scuola non li conta. Perché la scuola è casa sua, gli insegnanti sono i genitori. Accade a Santo Stefano Roero dove Virginia Scarsi ha scelto di applicare la «homeschooling», in italiano «istruzione parentale», «imparare a casa». Un modello partito dagli Stati Uniti, approdato in Europa, con grande seguito in Francia e Spagna, e ora in Italia dove ci sono circa 500 bambini e ragazzi per i quali i genitori, tra scuola pubblica o privata, scelto le mura domestiche.
«Per noi italiani è un diritto costituzionale, sancito dall’articolo 30» racconta Virginia Scarsi di Santo Stefano Roero – piccolo borgo tra i vigneti del Roero –, che ha scelto l’homeschooling per Corrado che avrebbe dovuto frequentare la prima elementare quest’anno. A settembre istruirà in casa anche Adelaide, che di anni ne ha 11 e finisce la quinta elementare nella scuola pubblica. «La famiglia deve dichiarare al dirigente scolastico della zona di essere in possesso dei requisiti tecnici ed economici per poterlo fare, ma non sono necessari titoli di studio particolari, né è indicato un reddito minimo».
Una mamma convinta di quanto ha fatto in questo primo anno: «La scuola non è per tutti – dice – Sicuramente non lo è per mio figlio, iperattivo e poco malleabile, per cui già l’asilo è stata una sofferenza. Con lui pratichiamo l’”unschooling”, la versione più “libera” tra gli approcci: nessun programma, apprendimento sulle sue passioni con libri e fumetti, musei e aria aperta, documentari e Internet. Tempo-scuola? 24 ore su 24». Niente sussidiari né quaderni. Ma soprattutto non ci sono voti. Esami? «Obbligatori solo se e quando si rientra nella scuola tradizionale. Che si tratti di medie o Superiori».