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 2015  giugno 04 Giovedì calendario

Il paradosso del Messico, così ricco, così violento. Domenica il voto amministrativo, sette candidati ammazzati, stragi dei narcos, insicurezza. Eppure quello di Pena Nieto è uno Stato in pieno boom

Sono entrati in tre nella sede della sua campagna elettorale, gli hanno sparato al petto e se ne sono andati indisturbati. Poco dopo per le ferite è morto in ospedale il 45enne Miguel Ángel Luna Munguía: avvocato e candidato a deputato federale per le elezioni messicane di domenica nelle liste del Partito della Rivoluzione Democratica (Prd). Che è di sinistra; ma dal 2003 al 2006 Luna Munguía era stato sindaco di Valle de Chalco, cittadona da 350.000 abitanti, coi centristi del Partito Rivoluzionario Istituzionale (Pri) dell’attuale presidente Enrique Peña Nieto. «Il candidato che ascolta e provvede alla comunità» era lo slogan del defunto, che nelle immagini di Facebook appare costantemente attorniato da cittadini.
All’inizio del 2012 la Procura Generale spiegò che il 43,84% dei morti ammazzati in Messico era concentrato in appena 17 sui 2454 municipi del Paese: il 2,4% del territorio nazionale. E il 70% degli omicidi era avvenuto in otto Stati soprattutto del Nord e Nord-Est: Chihuahua, Nuevo León, Durango, Sinaloa, Tamaulipas, Coahuila, Guerrero y Veracruz. Ma Luna Munguía è stato invece ucciso a soli 35 km da Città del Messico, e gli ultimissimi dati resi noti il 29 maggio confermano che la violenza si è spostata drammaticamente verso il centro del Paese: sono stati infatti contati 11.386 omicidi nei primi quattro mesi dell’anno e stavolta il primo posto spetta al centrale Stato del Messico, con 1257. Pure al centro si trova il Guanajuato, che ha avuto 885 omicidi; nel sud-ovest il Guerrero, con 831 omicidi; e di nuovo al centro il Michoacán, quarto con 714 omicidi; 19 di queste uccisioni e 70 incidenti violenti hanno riguardato tre mesi di campagna elettorale, in questo voto di mezzo termine dove 83 milioni di messicani dovranno scegliere i titolari di 15.823 cariche: compresi i 500 deputati federali, i governatori di nove Stati, e un migliaio di sindaci in 17 Stati. Tra gli uccisi semplici militanti, consiglieri, dirigenti e anche, con quest’ultimo, sette candidati.
Lorenzo Méndez Morales è stato ucciso da due uomini in moto mentre camminava verso casa. La testa di Aidé Nava González, candidata del Prd a Ahuacuotzingo, è stata trovata su una strada campestre. A Henrique Hernández Saucedo hanno sparato da un’auto mentre faceva un comizio nel Michoacán. Héctor López Cruz, candidato a sindaco di Huimanguillo nel Tabasco per il Pri, è stato crivellato da 16 pallottole dopo aver aperto la porta di casa. Ulises Fabián Quiroz, candidato a sindaco di Chilapa nel Guerrero per il Pri, è stato preso a forza dalla sua auto, picchiato e ucciso con 15 pallottole. Carlos Martínez Villavicencio, precandidato del Pri a deputato di Oaxaca, è stato ucciso in una imboscata.
Eppure, proprio mentre Luna Munguía veniva assassinato, l’Ocse confermava che il Messico si trova in un momento di bonanza economica straordinaria, col Pil che crescerà del 2,9% nel 2015 e del 3,5% nel 2016. Altro dato indicativo di benessere: a maggio la vendita di auto nuove ha registrato un aumento record del 15,6%. E anche la visita che il 26 e 27 maggio ha fatto Dilma Rousseff è indicativa dell’interesse strategico che il boom messicano riveste anche per l’altro gigante dell’area: un Brasile che dopo i fasti degli anni passati si trova invece ora in malinconica recessione. I sondaggi, in effetti, suggeriscono che il Pri di Peña Nieto dovrebbe restare in testa. Ma non per entusiasmo rispetto a un presidente che, a parte gli scandali che hanno lambito lui e sua moglie, a parte la violenza che non si ferma, in questi primi tre anni e mezzo di governo non è riuscito a fare nessuna delle riforme annunciate: lo stesso tasso di crescita è comunque inferiore al 5% che aveva baldanzosamente promesso.
Ma la sinistra si è spaccata tra Prd e Morena. La destra del Pan ha spaventato la gente per il modo in cui la guerra ai narcos del precedente presidente Calderón ha provocato 80.000 morti e 20.000 desaparecidos. E gli stessi Pri e Prd si sono screditati in un patto di governabilità con il presidente.