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 2015  giugno 04 Giovedì calendario

Il ragazzo che ritorna nelle poesie di Saba. Si chiama Federico Almansi. È il protagonista di Mediterranee, il modello delle Tre poesie a Telemaco. Emilio Jona ricostruisce in un romanzo la relazione tra il poeta e il giovane

C’è un ragazzo che circola nelle poesie di Saba: si chiama Federico. È il protagonista di Mediterranee, il modello delle Tre poesie a Telemaco. In una lettera del ’46 alla figlia Linuccia, Saba raccontava che Federico aveva preteso un compenso per aver “posato” per le poesie. Voleva 500 lire e ne ebbe invece 1.000. Ma la stessa sera il poeta trovò un bellissimo paio di pantofole nuove che forse a Federico erano costate molto di più. In una Scorciatoia Saba lo descrive come un nobile giovanetto un poco mascalzoncello. Gli piaceva far dispetti evitando i castighi. Sputava addosso ai gerarchi fascisti, poi fingeva d’averlo fatto per errore.
Federico faceva di cognome Almansi. Saba era amico del padre Emanuele che, come lui, faceva il libraio antiquario e proprio in casa Almansi a Milano (via Andrea Doria 7) Saba abitò dall’autunno del ‘45 al maggio del ‘48. Anche Federico era un poeta e Saba aveva scritto per lui una prefazione per la sua prima raccolta di versi uscita nel ‘48 e ora riproposta con il titolo Attesa e con diversi inediti da Francesco Rognoni presso Sedizioni. Certo Saba lo aveva amato, fin da quando bambino lo aveva incontrato a Padova dove allora gli Almansi vivevano. Come un figlio? Forse anche in modo più acceso e diverso, geloso delle sue conquiste: «Ma il giovane stornello in cui ponevo/ qualche speranza d’avvenire, e il cuore/ lasciava in pegno a un’ochetta…». Nulla è semplice in Saba neppure l’esibita semplicità di versi celeberrimi: «Amai trite parole che non uno /osava. M’incantò la rima fiore/ amore…». Di Federico, Saba parlava volentieri nelle sue lettere (tra l’altro gliene scriveva moltissime fin qui mai ritrovate). Alla moglie Lina nel novembre del ‘47 raccontava: «La ragazza di Federico mi ha detto: “Si sente che Federico è stato educato da lei”. Queste parole mi hanno trapassato il cuore di dolcezza». Narciso, Ganimede, Telemaco… Saba vedeva in Federico un fanciullo che suscitava amore. «Oh in te era l’ombra della terra e il sole,/ e il cuore d’un fanciullo senza cuore».
Si riparla oggi di Federico Almansi perché un suo antico amico scrittore, Emilio Jona, ha dedicato alla sua storia e a quella della sua famiglia un libro a metà tra il romanzo e la ricostruzione biografica. Si intitola Il celeste scolaro (Neri Pozza) e ha al suo centro la figura di Saba, cui Federico indirizzò una lettera per raccontargli una storia di angeli celesti, ma è anche un libro da cui presto la figura del poeta scompare, così come era scomparsa dalla mente del ragazzo. Federico era schizofrenico, una tara della famiglia paterna. Per spezzare, invano, la catena genetica Emanuele Almansi aveva sposato una contadina bella e analfabeta, Onorina. Quando lo incontriamo, nei primi capitoli del libro di Jona, Emanuele è in carcere a Milano. Ha la colpa di aver cercato di uccidere suo figlio con un colpo di pistola per salvarlo dalla malattia, pensando di suicidarsi subito dopo. Il ragazzo però non era morto e la pallottola fermata dalla mandibola era stata estratta facilmente da un chirurgo. Federico non aveva per questo odiato il padre. Ma il suo calvario di malato grave, tra cliniche e manicomi, era iniziato da tempo. E Saba? Come si è detto il poeta era scomparso dalla sua mente: e lui non lo aveva mai più cercato. Ritornato a Trieste, Saba sarebbe morto il 25 agosto del ‘57, mentre Federico doveva vivere fino alla fine del ‘78. Sempre in manicomio? No: Jona racconta una storia basagliana ante litteram di malati che si sostengono a vicenda in mezzo ai sani. I giudici, avendo ben compreso i terribili perché del suo delitto, avevano condannato Emanuele ad una pena lieve, e lui si era adoperato per salvare Federico. Il come lo scoprirà nel dettaglio il lettore del Celeste scolaro.
Grazie a Emilio Jona, Federico ora è tornato sulla scena. Ma quanta malinconia per una vita vissuta così poco e così piena di vuoto e di dolore.