il Giornale, 3 giugno 2015
Qualcuno si ricorda ancora dei due marò? Non una sillaba su Salvatore Girone e Massimiliano Latorre dalle più alte cariche dello Stato e dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, davanti alle Forze armate che sfilano a Roma
«Vergogna» è l’unica parola adatta per il giorno della festa della Repubblica, che snobba i due marò vittime dell’India. Non una sillaba dalle più alte cariche dello Stato e dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, davanti alle Forze armate che sfilano a Roma. Neppure un fiocchetto giallo sull’inossidabile completo scuro del capo dello Stato o sulla giacchetta bianca del ministro della Difesa, Roberta Pinotti, per non dimenticare i tre anni di odissea di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.
Solo l’applauso della folla al passaggio dei leoni del reggimento San Marco ha scosso i Fori imperiali dal torpore ordinato da tempo, dalla scuderia governativa, sul caso marò. L’unico a spendere due parole è stata l’ultima ruota del carro, lo speaker della manifestazione, che di fronte all’applauso spontaneo della gente ha osato dire: «Sicuramente Massimiliano e Salvatore ci stanno seguendo».
Il premier Renzi, che 24 ore prima si era fatto fotografare in mimetica fra i nostri pochi soldati rimasti in Afghanistan, non ha sprecato il fiato per i marò. E neppure ha pensato di volare da Herat a Delhi per abbracciare il 2 giugno Salvatore Girone, sempre trattenuto in India. I precedenti governi non hanno combinato nulla, come il suo, ma almeno i ministri che visitavano l’Afghanistan andavano a trovare pure i marò. Sui Fori imperiali il presidente Mattarella è rimasto muto come un pesce sulla scabrosa vicenda, dopo aver ribadito il 25 aprile che «l’impegno per i marò non si è attenuato».
Un silenzio reso ancor più assordante dal mancato invito a Roma di Massimiliano Latorre, in convalescenza a Taranto fino a luglio, dopo essere stato colpito da un ictus in India. Una Repubblica degna di questo nome avrebbe dovuto sentire il dovere di invitarlo sul palco della autorità o farlo sfilare alla testa dei suoi commilitoni. E se il gesto avesse infastidito gli indiani, chi se ne frega. Dopo tre anni senza processo per l’accusa, tutta da provare, dell’uccisione in alto mare di due pescatori scambiati per pirati, peggio di così non potrebbe andare.
Ieri il governo ha parlato dei marò per bocca del sottosegretario, Domenico Rossi, al sacrario di Redipuglia. Per l’ennesima volta ci sentiamo dire che «siamo pronti all’arbitrato internazionale» per uscire dallo stallo. Peccato che da mesi lo ripetano come un disco rotto senza mai imboccare la strada della rottura con l’India.
Solo Latorre, sulla sua pagina Facebook, augurando a tutti «buona festa della Repubblica» ha ricordato il suo compagno a Delhi con «un caro e grande abbraccio al secondo capo Girone ancora fisicamente troppo distante». I fan si sono scagliati in rete contro la cappa di silenzio e dimenticanza calata sul caso marò. Uno di loro, Tiziano Santoro, rispondendo a Latorre ha scritto: «Avrei voluto veder leggere il tuo augurio sui Fori (alla parata del 2 giugno, ndr) ma persone degne a farlo non ve ne sarebbero state...».