Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  giugno 03 Mercoledì calendario

«Giornalisti spie». Ecco il senso di Erdogan per la democrazia. In Turchia, a quattro giorni dal voto, il presidente denuncia il direttore del quotidiano d’opposizione Cumhuriyet per uno scoop sulle armi di Ankara ai jihadisti

Il sultano ha parlato e agito. A poche ore di distanza dalla minaccia verbale “pagherai un prezzo alto”, il presidente turco Erdogan ha presentato una denuncia penale – l’accusa è di spionaggio e la pena prevista è il carcere a vita – nei confronti del più noto giornalista del paese, Can Dundar, direttore del giornale di opposizione Cumhuriyet (Repubblica) legato al partito laico repubblicano Chp. Il “grave crimine” commesso da Dundar, apprezzato da sempre per la sua indipendenza e per le inchieste indigeste al potere, è stato quello di aver fatto il suo dovere. Lo scoop che ha mandato in bestia il presidente, riguarda un tema per lui cruciale, come cruciali sono le elezioni politiche che si terranno domenica: il conflitto siriano e il suo sostegno agli islamisti che combattono contro Assad, cioè Al Nusra e l’Isis.
Dundar ha pubblicato in prima pagina le immagini che ritraggono alcuni ufficiali della gendarmeria e della polizia mentre aprono delle casse stipate nel bagagliaio di alcuni camion. Dentro le casse armi e munizioni che, sulla base delle prove ottenute dai giornalisti investigativi di Cumhuryet erano destinate dal MIT (National Intelligence Organization) i servizi segreti turchi ai jihadisti che combattono contro il regime di Assad.
“Questa è un’operazione di spionaggio, una cospirazione contro i servizi segreti, in cui è coinvolto anche questo giornale”, ha tuonato il presidente che in questi dodici anni di potere ha più volte minacciato la stampa indipendente e costretto gli editori a lui vicini a far dimettere i giornalisti che, attraverso le loro indagini, avevano scoperto i tanti conflitti di interesse e denunciato la sua deriva dispotica. Molti per questo sono finiti in carcere. Il direttore Dundar era già stato entrato nel mirino quando aveva criticato aspramente Erdogan nel giugno del 2013.
Allora il “sultano” aveva ordinato ai corpi speciali della polizia di reprimere brutalmente la protesta di Gezi park, trasformatasi in una rivolta popolare che coinvolse 4 milioni di cittadini scesi in piazza nelle principali città del paese. Erdogan a quei tempi era premier e venne fortemente criticato dalla comunità internazionale per il suo comportamento violento nei confronti della cittadinanza che chiedeva di essere consultata prima che venisse distrutto il cuore repubblicano e verde di Istanbul, chiamato anche piazza dei lavoratori. Ma Erdogan non fece marcia indietro e sul terreno rimasero 5 ragazzi, più centinaia di feriti, molti dei quali ora invalidi e ciechi per le pallottole e i lacrimogeni sparati dalla polizia.
Anche ieri la diplomazia internazionale ha espresso la sua disapprovazione per questo giro di vite nei confronti della libertà di stampa. Il “sultano” però è disposto a giocare il tutto per tutto perché il suo partito – Giustizia e Sviluppo, Akp – al governo, ottenga la maggioranza assoluta domenica. La posta in gioco: il cambiamento della Costituzione per trasformare la Turchia in una repubblica presidenziale. Solo così potrà tornare a governare direttamente dalla faraonica residenza di Ankara – costata circa un miliardo di euro – inaugurata pochi mesi fa, costruita in una riserva naturale protetta della capitale. Il leader del partito di opposizione, Chp, partito repubblicano del popolo, Kilicdaroglu, aveva attaccato ancora una volta lo sfarzo che connota le 1.115 stanze, affermando che il presidente userebbe anche un water d’oro. “Se dice sul serio, dirò al mio segretario generale di farlo entrare per fare un giro. È pronto a dimettersi se non lo trova? Se invece lo trova, mi dimetterò io” lo ha sfidato Erdogan.
Kilicdaroglu ha declinato l’offerta, precisando che la sua era una metafora per evidenziare il gusto del lusso del presidente. Secondo l’agenzia ufficiale Anadolu, il presidente ha dato mandato ai suoi legali di querelare il capo dell’opposizione. Mentre tutti giornalisti di Cumhuryet, intellettuali e artisti hanno espresso la loro solidarietà a Dundar, facendo pubblicare sul giornale i loro volti con la scritta “il colpevole sono io”. Gli altri media sono concentrati sulla crescita esponenziale del neo partito democratico del popolo Hdp, che parteciperà per la prima volta alle elezioni. Se questa formazione, guidata dal giovane e carismatico avvocato curdo Demirtas, che mette assieme il vecchio partito curdo Bdp, i transfughi dei piccoli partiti di sinistra, la piattaforma Gezi riuscirà a superare la soglia di sbarramento del 10%, ottenendo 50 dei 550 seggi, il sogno di Erdogan di una super maggioranza svanirà.