Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  giugno 03 Mercoledì calendario

La conquista del Cervino, 150 anni fa. Il simbolo dell’alpinismo e quella corsa alla vetta che fu vinta da un inglese. La guida italiana Carrel mancò la cima per poche ore: il rivale partì dal versante svizzero

Una sottile cresta di neve, qualche roccia, una croce all’intaglio tra le due vette: è fatta così la cima del Cervino, un pezzo anonimo di montagna, sospeso lassù a 4.478 metri. Ma la conquista di quei pochi metri di neve e di rocce, di cui quest’anno si celebrano i centocinquant’anni, è entrata nella leggenda dell’alpinismo. Cima esemplare, miracolo della natura, gigantesco soprammobile kitsch, icona della montagna: con la regolarità geometrica delle sue forme, il Cervino ha conquistato il mondo.
E se John Ruskin lo definì «il più nobile scoglio d’Europa» e Théophile Gautier «il più bello spettacolo che sia dato da vedere all’uomo», nel mondo del mercato questa sorprendente cima gotica, dai cioccolatini ai deodoranti, dai pastelli alle sigarette, ha prestato la propria mirabile silhouette a migliaia di prodotti, tanto che, per arginare gli utilizzi commerciali più indiscriminati (se ne veda un grottesco elenco nel recentissimo Nel vento e nel ghiaccio di Paolo Paci, Sperling & Kupfer), il brand Matterhorn ha dovuto essere registrato all’Istituto federale di Berna che difende la proprietà intellettuale. Fotografata ogni anno da milioni di persone, in un secolo e mezzo, si calcola che la più famosa cima del mondo sia stata scalata da cinquantamila persone e abbia totalizzato il triste primato di mezzo migliaio di vittime.
Il Cervino fu salito tardi, quando già la maggior parte delle grandi cime delle Alpi erano cadute per mano degli inglesi pigliatutto. A metà dell’Ottocento le sue creste e le sue pareti erano ancora troppo difficili per gli alpinisti. E fu proprio questo alone di inviolabilità, insieme alla grandiosa perfezione delle linee, a decretarne la fortuna. Edward Whymper, il primo conquistatore, era un giovane inglese venuto sulle Alpi per disegnare le tavole che avrebbero illustrato le guide dell’epoca. Nel luglio del 1865 di colpo si ritrovò famoso. «Non esito ad assegnare al signor Whymper, nella storia dell’alpinismo, il posto che Robespierre occupa nella Rivoluzione francese». Sono parole di Leslie Stephen, il padre di Virginia Woolf, forse il più famoso critico letterario inglese di metà secolo, certamente un grande scalatore. La conquista del Cervino segnava la fine della stagione del primo alpinismo pionieristico e la nascita di quello sportivo e Stephen aveva salutato quella svolta storica con un libro, il cui titolo non avrebbe potuto essere più programmatico: The Playground of Europe, apparso nel 1871, lo stesso anno in cui Whymper diede alle stampe il suo Scrambles amongst the Alps. Le Alpi stavano diventando «il terreno di gioco dell’Europa».
La corsa al Cervino fu una vera e propria gara, conclusasi in una tragedia. Forse su nessun altro episodio della storia dell’alpinismo è stato versato tanto inchiostro. Monumentalizzati da una ricca pubblicistica e da chilometri di pellicola, Whymper e Carrel, i due rivali, si stagliano nella storia dell’esplorazione come la versione alpina di altre celebri coppie competitor quali Scott e Amundsen o Cook e Peary. La guida valdostana mancò il Cervino per poche ore e gli toccò l’umiliazione di vedere stagliarsi sulla cima i pantaloni bianchi dell’inglese. Era salito lento perché aveva ricevuto l’incarico di attrezzare la via in previsione dell’ascensione che avrebbe dovuto compiere Quintino Sella in persona. Per il ministro del pareggio del bilancio e delle economie fino all’osso il Cervino era una specie di revanche contro gli inglesi, che ai piemontesi avevano soffiato perfino il Monviso. Ma gli impegni politici lo avevano trattenuto all’ultimo momento. Esasperato dalle reticenze di Carrel, Whymper aveva deciso di tentare dal versante svizzero di Zermatt e aveva vinto.
Ma la stanchezza risultò fatale per la cordata messa insieme in fretta e furia da Whymper. L’incidente avvenne nella parte superiore della cresta dell’Hörnli, a poche centinaia di metri dalla vetta. La guida Croz aiuta Hadow, poi si volge per fare un passo. Hadow scivola, sbilancia Croz, i due precipitano, trascinando Hudson e lord Douglas. Taugwalder padre e figlio, le altre due guide, e Whymper si aggrappano disperatamente alla roccia. Tengono, ma la corda si spezza e i quattro sfortunati precipitano per mille metri lungo la parete nord. La scena sarà ritratta da Gustave Doré che era ai bagni di Biarritz e le sue tavole fecero il giro del mondo, suscitando orrore e pietà nei salotti borghesi e inaugurando la leggenda della montagna fatale
E Carrel? Tre giorni dopo, grazie alle insistenze di alcuni illuminati valdostani, gli toccherà l’onore della seconda ascensione, conclusa senza incidenti lungo la cresta italiana, di almeno un grado più difficile di quella svizzera. L’inglese e il coq della Valtournanche scaleranno ancora insieme, soprattutto fuori dalle Alpi. Whymper morì nel 1911, nel suo letto, a Chamonix. Jean-Antoine Carrel invece concluse la sua vita sul Cervino. Era la sera del 25 agosto 1890. Dopo avere portato in salvo dalla montagna avvolta in una terribile bufera il suo ultimo cliente, Leone Sinigaglia, si accasciò a terra e morì. In quel punto, dove le rocce terminano e cominciano i prati, è stata eretta una croce, su cui si legge: «Il n’est pas tombé. Il est mort».