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 2015  giugno 03 Mercoledì calendario

Per il politologo Roberto D’Alimonte «l’anti Renzi non può essere Salvini. Con l’Italicum sarebbe più favorito Di Maio. Lega e Forza Italia saranno costretti a presentare i candidati in un’unica lista»

Professor Roberto D’Alimonte, nel 2018 si andrà al voto con l’Italicum, che rende possibile il ballottaggio. Quale avversario consegnano a Renzi queste elezioni regionali?
«Se il centrodestra riuscirà a trovare una formula credibile per presentarsi unito, il secondo posto potrebbe tornare in discussione. Se, invece, si presenterà diviso, sulla base dei dati di oggi è banale dire che lo sfidante di Renzi con molta probabilità sarà il Movimento di Grillo».
Quale formula dovrebbe trovare il centrodestra?
«Non è facile, perché nell’Italicum il premio va alla lista e non alla coalizione. È un vincolo con cui devono fare i conti due partiti, Lega e Forza Italia. Saranno costretti a presentare i candidati in un’unica lista. Certo, una lista potrà essere pluripartitica, ma il coordinamento sarà comunque più complicato».
Berlusconi sogna il miracolo del 1994, quando riuscì a far convivere Bossi e Fini.
«Fu il suo merito storico: prendere pezzi di una destra frammentata e fonderli in una coalizione vincente. Ma aveva risorse economiche, mediatiche e di carisma».
Che Salvini non ha?
«Non lo vedo capace di una fusione di queste proporzioni. Il ballottaggio costringe i partiti a scegliere candidati con un appeal più trasversale, che non piacciano, cioè, solo alla loro parte. Le faccio un esempio: sono convinto che in Umbria, se ci fosse stato il ballottaggio, non avrebbe vinto Catiuscia Marini, ma Claudio Ricci, proprio perché piaceva trasversalmente».
Dunque non potrà essere Salvini lo sfidante di Renzi?
«Non ha quell’appeal. Salvini presenta due handicap: ha posizioni politiche troppo estreme e al Sud non ha ancora sfondato. La Lega Nord è al massimo un partito di Centro-Nord, in Puglia ha preso il 2%. A oggi Salvini non sarebbe un candidato nazionale. Piuttosto è il M5S ad avere una distribuzione del consenso più omogenea in tutta Italia».
È immaginabile una sfida Renzi-Di Maio al secondo turno?
«Tutto è possibile. Luigi Di Maio si mantiene fedele alla linea ma al momento la sua immagine pubblica non è quella di un grillino estremista».
Non scatterebbe una conventio ad excludendum contro il M5S, come avviene in Francia contro la Le Pen?
«I sistemi con il secondo turno portano a tagliare le ali estreme. L’offerta elettorale punta al centro, si concentra sul voto dei moderati».
Nessuna speranza per un partito a sinistra del Pd?
«Lo spazio c’è. Ma quanto è ampio? Le Regionali non ce lo hanno chiarito e la Liguria non può fare testo da sola».
Renzi potrebbe fare una lista con la sinistra per vincere contro destra e M5S?
«Non credo lo farà. Diverso è il discorso se non dovesse vincere al primo turno. A quel punto vedremo se la sinistra, che intanto si è assicurata i suoi seggi, dirà ai suoi elettori di astenersi al ballottaggio. O se darà indicazione di andare a votare Renzi turandosi il naso».
Alle Regionali: hanno senso 7 sistemi elettorali diversi?
«Effettivamente c’è troppa diversità e i meccanismi, in certi casi troppo arzigogolati, sembrano servire più agli interessi locali che ad altro. Va detto però che tutti i sistemi hanno funzionato, anche se con un grado diverso di disproporzionalità. Per capirci: con il 34% dei voti Giovani Toti in Liguria si è assicurato il 51%».