La Stampa, 3 giugno 2015
Il primo atto di Vincenzo De Luca da governatore della Campania: querelare la Bindi. Gelo intorno alla presidente dell’Antimafia per l’elenco degli “impresentabili”. Orfini: «Rosy inqualificabile». Così la guerra del Pd finisce in tribunale: altri nomi in lista annunciano azioni legali
Solo la sera prima, in diretta tv, la presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi aveva detto di aspettarsi le scuse dal suo partito per le critiche ricevute diffondendo, venerdì scorso, la ormai famosa lista dei cosiddetti «impresentabili» stilata dall’Antimafia. Per tutta risposta, mentre non uno dei renziani che l’hanno sepolta di critiche feroci si è scusato, ieri è andata in onda una nuova puntata della querelle tutta interna al Pd che la vede protagonista con De Luca: «Oggi – annuncia lui su Twitter all’ora di pranzo – ho presentato in Questura la denuncia a Rosy Bindi per diffamazione, attentato ai diritti politici costituzionali e abuso d’ufficio».
«Un atto strumentale»
A chi pensava che in fondo ha vinto, è stato eletto, e quindi avrebbe potuto soprassedere, De Luca risponde così, con una tempestiva denuncia. «Priva di ogni fondamento, un atto puramente strumentale, che ha scopi diversi da quelli che persegue la giustizia e che pertanto non mi crea alcuna preoccupazione», si limita a rispondere l’interessata. Facendo intuire di pensarla come Corradino Mineo, senatore Pd della minoranza: «De Luca denuncia Rosy Bindi per alzare una cortina fumogena sulla sua prossima sospensione da governatore». Uno dei pochi del partito a prendere le difese della Bindi: lo fa Walter Verini («credo sia sempre meglio querelare la mafia che l’Antimafia»), lo fanno due membri della Commissione antimafia, Naccarato e Mattiello, lo fa solo in parte il capogruppo Pd in quella Commissione, Mirabelli («errori che vanno discussi politicamente, non in un’aula di tribunale»), ma non lo fanno gli alti dirigenti del partito. Anzi, ha un bel da invocare Giacomo Portas, leader dei Moderati eletto alla Camera col Pd, di «metterci una pezza» dall’alto: il successore della Bindi alla presidenza del partito, Matteo Orfini, non esita a schierarsi con De Luca, «la Bindi ha fatto una cosa inqualificabile, e chiede pure le scuse, le dovrebbe fare lei alla Costituzione! È comprensibile che De Luca si senta ingiustamente danneggiato: fossi in lui io non denuncerei, ma credo abbia tutte le ragioni per farlo», commenta, «nessun regolamento dell’Antimafia la autorizza a fare una lista di proscrizione a poche ore dal voto».
Le ragioni della denuncia
Lista che, secondo la denuncia presentata dal neogovernatore, gli avrebbe arrecato un danno d’immagine, diffamandolo perché accostandolo in qualche modo a reati di tipo mafioso, visto che l’organo che ha stilato la lista è la Commissione antimafia, e avrebbe influito sulla formazione della volontà popolare: nella querela si parla di lesione del diritto costituzionale dell’elettorato passivo di De Luca, con l’aggravante di averlo fatto da una carica istituzionale per attribuire autorevolezza all’informazione. Inoltre, secondo De Luca e i suoi legali, la Bindi sarebbe andata al di là dei compiti a lei assegnati (per questo parlano di abuso d’ufficio) perché, sostengono, la Commissione ha compiti di monitoraggio e attività ispettiva, non di magistratura.
In arrivo altre querele
Accuse che non preoccupano la Bindi, ieri ritirata in una giornata in famiglia, ma che la dicono lunga sul clima dentro al Pd. E che non resteranno le uniche: altri nomi inseriti nella famigerata lista hanno annunciato querela, da Sandra Lonardo Mastella (per diffamazione e attentato alla Costituzione) a Luciano Passariello, neoeletto consigliere regionale campano per Fratelli d’Italia, per diffamazione, attentato ai diritti politici e abuso d’ufficio.