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 2015  giugno 01 Lunedì calendario

Andreatta, Grieco, Soldi. Per il nuovo Cda della Rai, Renzi punta tutto sulle donne, ma i nodi da sciogliere sono ancora tanti

Da martedì 26 maggio i vertici della Rai (consiglio di amministrazione, presidente Anna Maria Tarantola, direttore generale Luigi Gubitosi) sono di fatto prorogati fino a nuovo ordine. L’assemblea dei soci (99,6% il ministero dell’Economia, cioè il governo, il resto è una quota simbolica della Siae per dare vita a una società per azioni) ha ratificato il bilancio 2014, con un utile netto pari a 57,9 milioni di euro. Il triennio Tarantola-Gubitosi è finito con quell’atto.
Siamo ormai a giugno, tutti i tempi previsti nell’autunno 2014 (quando partì, con grandi clamori mediatici, un esperimento di «grande ascolto on line» per capire cosa volessero gli italiani da una Rai rinnovata) sono saltati. Il disegno di legge del governo è fermo ancora in commissione Lavori pubblici del Senato. Il 5 giugno scadono i termini per la presentazione degli emendamenti e il governo (lo ha spiegato giovedì scorso il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli intervistato da Giovanni Minoli per Radio 24 ) conta di approdare in aula a palazzo Madama entro metà mese per arrivare a un’approvazione a metà luglio.
Ma il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in più occasioni ha fatto capire che i nuovi vertici potrebbero essere realisticamente nominati con la vecchia legge Gasparri. Troppo forte il pericolo che la legge del governo si areni e si possa slittare a settembre. Provocando così un rallentamento della macchina di viale Mazzini che, invece, palazzo Chigi vuole lanciare verso l’innovazione: alfabetizzazione digitale, valorizzazione della nostra storia e del nostro patrimonio, una fiction capace di competere sui mercati internazionali.
Di qui la possibile Rai-realpolitik del capo del governo. Meglio ricorrere alla tanto detestata (da Renzi) legge Gasparri pur di non esporsi a critiche prevedibilissime (avete parlato per mesi e mesi di riforma di viale Mazzini, ed eccovi qui a non decidere un bel niente, la montagna di parole ha partorito il topolino della proroga…) Anche perché l’iter della legge non si annuncia privo di ostacoli.
Ostacoli
Tra i tanti nodi da sciogliere, i poteri del nuovo amministratore delegato. L’ articolo 2, comma 10-c prevede che l’amministratore delegato «nomina i dirigenti apicali, sentito il consiglio di amministrazione».
Quel «sentito» prevede un voto vincolante e obbligatorio o un semplice parere non vincolate? Il dettato del disegno di legge è sfumato: e la questione delle nomine, per un vero amministratore delegato, è sostanziale.
Nonostante il quadro sia ancora incerto, da tempo siamo nel tipico periodo del toto-nomi. Matteo Renzi penserebbe a una soluzione «al femminile» per la Rai. La nostra tv di Stato è sempre stata assai poco «femminista». Dal 1954 solo tre presidenti su 24 (secondo il calcolo ufficiale) sono state donne, cioè Letizia Moratti (12 luglio 1994-24 aprile 1996), Lucia Annunziata (13 marzo 2003-4 maggio 2004) e Anna Maria Tarantola, ancora in carica, insediata l’8 giugno 2012. In quanto ai direttori generali, su 23 una sola donna Lorenza Lei (3 maggio 2011-16 luglio 2012).
Stavolta, per la direzione generale (o per l’incarico di amministratore delegato, se si approvasse la legge) si fanno da tempo tre nomi: Marinella Soldi, amministratore delegato di Discovery Italia e general manager di Discovery Networks Europe Sud Europa; Patrizia Grieco, presidente Enel dal maggio 2014; e la manager interna Rai Eleonora «Tinny» Andreatta, responsabile di Rai Fiction.
Soldi rappresenta un’esperienza televisiva all’avanguardia, rispetto alla Rai. E le sue idee sulla Rai sono note: riduzione dei canali digitali, due soli canali generalisti finanziati dal canone. Infine l’argomento che ha affascinato di più chi è vicino a Renzi: la trasformazione della Rai in Media company, capace di collocare i suoi prodotti su più piattaforme. Grieco rappresenterebbe una scelta manageriale di grande affidabilità. Infine Andreatta significherebbe la continuità aziendale ma, comunque, nel segno dell’innovazione.
Concorrenza
Comunque la terna al femminile dovrà vedersela con una agguerrita terna maschile. Da mesi si parla di Antonio Campo dall’Orto, una lunga esperienza ai vertici di Viacom International media Networks, oggi anche membro del consiglio di amministrazione di Poste, tra i maggiori conoscitori del mercato televisivo internazionale. Negli ultimi giorni sta prendendo quota un’altra candidatura interna Rai, quella di Giancarlo Leone, in azienda dal 1983: ha al suo attivo molti incarichi manageriali, inclusa una vicedirezione generale (ex amministratore delegato di Rai cinema, ora dirige Raiuno dal novembre 2012). E poi – ultimo ma certo non ultimo – Andrea Scrosati, vicepresidente di Sky Italia per l’area Cinema, spettacolo e canali partner. Ovvero quelle aree che Renzi vorrebbe immediatamente innovare nella tv di Stato.
Al femminile o al maschile che sia la scelta finale, una cosa è certa: se l’indicazione avverrà con la nuova legge, si tratterà di un amministratore delegato vero e proprio. Se Renzi sarà costretto a utilizzare la Gasparri per fare presto, bisognerà trovare un accordo in consiglio di amministrazione come avvenne nel luglio 2012 quando, tra molte polemiche, il consiglio affidò alla presidente Tarantola una delega per decidere senza voto su spese fino a 10 milioni di euro e per le nomine non editoriali, sempre su proposta del direttore generale. Insomma, parlare di manager alla Rai è facile, ma solo sulla carta.