la Repubblica, 29 maggio 2015
L’Expo ci dice come mangeremo domani. Dal supermercato digitale alle soluzioni per nutrire la popolazione mondiale in crescita, fino ai sistemi di coltivazione adatti alle città e ai “supercibi” come gli insetti e la spirulina. L’Esposizione di Milano apre una finestra sul futuro. Mentre un convegno analizza i problemi legati alla scelta tra modello contadino e grandi produttori
Il contatto non serve. Appena la mano si avvicina alla confezione di parmigiano o di radicchio, sullo schermo che domina il banco appare la cartina geografica e lo zoom sulla zona di provenienza. Un attimo di pausa, poi le informazioni arrivano a raffica: origine delle principali materie prime che compongono il prodotto, valori nutrizionali, prezzo, eventuale presenza di ingredienti allergizzanti, impatto ambientale espresso in CO2. Una buona base per decidere cosa mettere nel carrello della spesa. Ma se il tempo a disposizione in cucina è troppo ridotto, si può optare per una scorciatoia: si scelgono gli ingredienti desiderati, si clicca su una delle ricette disponibili e il piatto esce già pronto, protetto da una di pellicola edibile spruzzata da uno spray.
È il Supermercato del futuro, progettato da Carlo Ratti, il direttore del Mit Senseable City Lab di Boston, per lo spazio Coop a Expo: 2.500 metri quadrati, su due livelli, pensati per recuperare un rapporto diretto con la filiera e con la storia del prodotto. «Vogliamo tornare alle origini, al concetto di mercato come piazza», spiega Marco Pedroni, presidente di Coop Italia. «Abbiamo rinunciato allo sviluppo in verticale degli scaffali per disegnare un paesaggio orizzontale che favorisce il contatto tra le persone: banchi bassi, in modo da poter guardare chi sta dall’altra parte. Naturalmente questa scelta ha un prezzo: c’è meno spazio per ogni merce e quindi bisogna avere un rifornimento più rapido. Ci penseranno i robot YuMi, you and me. Ma la presenza umana non scomparirà, anzi sarà più qualificata: si organizzeranno punti di degustazione guidata per offrire le informazioni che non possono arrivare per via digitale».
Una parte del futuro proposto all’Expo è a portata di mano. Come il naso elettronico che permette di tracciare un profilo olfattivo più affidabile di una carta d’identità. Ad esempio di un olio o di una farina si possono individuare con precisione tutte le componenti e la zona di provenienza: un formidabile strumento anti-frode che potrebbe essere attivato subito, a patto di costruire per ogni alimento banche dati sufficientemente ricche. Altre innovazioni appaiono più lontane. Come la vertical farm, la fabbrica di cibo che proietta l’agricoltura verso l’alto per compensare l’emorragia di suolo fertile provocata dalla crescita della domanda alimentare e dalla diminuzione della quota di acqua e di terra pro capite (ma che ha ancora costi proibitivi). O il menu allargato alle 1.900 specie di insetti classificate per scopi alimentari: una proposta che non fa scandalo in Paesi asiatici con una cultura alimentare che tradizionalmente include questa variante, ma che difficilmente potrà trovare, a breve, spazio su mense non abituate a questa opzione.
«Occorre in ogni caso guardare lontano», continua Pedroni, «per governare un processo che altrimenti rischia di produrre una pesante frattura su scala globale. Da una parte chi è spinto verso l’omologazione e il cibo discount dalla corsa al ribasso in cui conta solo il prezzo. Dall’altra chi ha i mezzi per acquistare prodotti di nicchia. La sfida invece è offrire a un grande numero di persone prodotti di alta qualità. E per farlo servono due ingredienti: la volontà di rendere totalmente trasparenti tutte le informazioni disponibili e una tecnologia che, anche grazie alle nuove frontiere del packaging, permetta di conservare meglio e più a lungo gli alimenti». Un giudizio in linea con le paure e le aspettative sul cibo che emergono da un sondaggio condotto dalla Doxa per l’Associazione nazionale cooperative di consumatori. Dall’indagine, che ha coinvolto 6mila persone in otto Paesi (Italia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti, Russia, Cina, India e Brasile), sono emerse tre ansie dominanti: manipolazione del cibo, inquinamento ambientale e prezzi troppo alti. Le attese invece appaiono concentrate sul cibo come piacere, salute e convivialità.
Anche se gli umori rivelati dal sondaggio testimoniano un’assonanza di fondo globale, ogni Paese ha una particolare sensibilità: la preoccupazione per l’inquinamento ambientale emerge con decisione in Cina e in Italia; i timori per il fattore prezzo sono molto alti in Brasile e negli Stati Uniti; la paura della manipolazione del cibo è forte in Germania e in Italia. «Questa indagine», osserva Stefano Bassi, presidente dell’Associazione nazionale cooperative, «conferma l’importanza del profilo che abbiamo scelto per il cibo del futuro. Disponibilità di prodotti di qualità, sicurezza alimentare, rispetto delle tradizioni, innovazione tecnologica sono i valori su cui puntare».