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 2015  maggio 29 Venerdì calendario

Renzi & Marchionne insieme su una Jeep Renegade rossa allo stabilimento Fiat di Melfi. «Mille posti di lavoro ed entro il 2018 possibile una fusione». Gli applausi in fabbrica dei neoassunti: «L’auto italiana tornerà prima nel mondo»

Insieme su una Jeep Renegade rossa. È Marchionne che guida. Passeggeri: Matteo Renzi, John Elkann, il ministro delle infrastrutture Domenico Del Rio. «Ringrazio Sergio Marchionne e John Elkann per avermi fatto il regalo di portarmi qui tra voi, a incontrare le persone che lavorano. Il lavoro è fatto della vita di ciascuno di voi, non solo delle statistiche o delle discussioni nei talk show». Qualcuno crede di leggere in questo discorso del premier agli operai di Melfi un attacco a Landini. Ma è pur vero che i salotti televisivi non sono frequentati solo da sindacalisti. La mattinata tra le tute blu è il messaggio del presidente del Consiglio a Confindustria. Un gesto clamoroso che quasi imbarazza Marchionne: «Ho grande stima per Giorgio Squinzi come imprenditore». Ma ora che Confindustria sembra accettare il modello Fca, il manager con il maglioncino tornerà in viale dell’Astronomia?: «Siamo usciti tre anni fa e non posso dire di averne sentito la mancanza». Per le decina di migliaia di abitanti della Basilicata, la vera notizia della giornata è l’annuncio di nuove assunzioni: «Da qui a fine anno arriveranno in quest’area 1.000 posti di lavoro in aggiunta agli attuali e lo stabilimento supererà gli 8.000 dipendenti». Un nuovo record. Già oggi la fabbrica che produce Renegade e 500X occupa 7.400 dipendenti. Entro fine anno circa 600 se ne aggiungeranno mano a mano che entrerà a pieno ritmo il nuovo orario con 20 turni alla settimana. Altri 400 verranno assunti nelle fabbriche dell’indotto. Cifre che dipendono innanzitutto dalla ripresa della domanda e dalla scelta dell’azienda di investire un miliardo nelle nuove linee. Senza chiedere aiuti pubblici, a differenza di Lamborghini che otterrà dallo Stato circa 80 milioni. Marchionne non raccoglie la provocazione: «Ho sentito dire che altri hanno chiesto aiuti pubblici. Noi non lo abbiamo fatto». Ma una parte del merito va agli sgravi fiscali e, in prospettiva al jobs act: «Con il nuovo sistema avremo posti di lavoro più sicuri», garantisce il premier tra gli apllausi degli operai. Poi, allontanatosi l’elicottero di Renzi, Marchionne ed Elkann tornano ai temi più legati alle strategie aziendali. È vero che ha scritto una mail alla signora Barra per proporle una fusione tra Fca e Gm?: «Non si rivelano le mail spedite alle signore», dribbla l’ad. Ma lei prevede una fusione nell’auto entro il 2018? «A istinto direi che è quasi sicura. Ma poi sono i fatti che contano». Lei è favorevole al sindacato unico? «Nell’auto funzionerebbe. Noi abbiamo un buon rapporto con i sindacati con cui firmiamo gli accordi». La Cgil e Uil dicono che quello del sindacato unico è un modello autoritario: «C’è in Germania e in America. Non mi risulta che siano delle dittature» (Susanna Camusso contesterà: «Non è vero che in Germania c’è il sindacato unico»). Infine il nuovo giudizio sul governo: «Ha portato avanti riforme importanti e necessarie per sbloccare il Paese». John Elkann conferma le strategie di medio periodo della finanziaria degli Agnelli: «Continuiamo a insistere su ParnterRe», la società di controassicurazioni delle Bermuda su cui il Lingotto ha lanciato un’offerta di acquisto. «Ne parleremo domani (oggi, n.d.r.) in occasione dell’assemblea degli azionisti di Exor», conferma il presidente di Fca.

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Se potessero lo chiamerebbero anche loro «Sergiiio», con l’entusiasmo dei blue collar di Jefferson North, Detroit, che costruiscono le Jeep e mostrano grande ammirazione per l’uomo con il maglioncino che li ha salvati dalla miseria rappata da Eminem.
Oggi Marchionne fa la guida. Anche nella piana di San Nicola di Melfi, un agglomerato industriale nella steppa lucana, si costruiscono le Jeep. «E chi l’avrebbe detto che qui un giorno avreste prodotto la Renegade?», chiede Matteo Renzi agli operai prima di lanciarsi nella previsione: «L’industria italiana dell’auto tornerà la prima nel mondo». Foto e abbracci, nel giro tra le linee Renzi e Marchionne stringono mani. Antonio, un neo assunto ancora con contratto interinale, ha composto una poesiola per celebrare l’avvenimento. Rima rigorosamente baciata e narrazione dei corsi di formazione: «Una cosa è palese, bisogna imparare l’inglese». Nella foga di immortalare il momento storico un gruppo di operai chiede a John Elkann, che è pur sempre il presidente, di fotografare il loro epico abbraccio con Renzi e Marchionne.
La passeggiata dei vertici aziendali con il politico tra le linee di montaggio della Fiat ha diversi precedenti nella lunga storia del Lingotto. Sarebbe però ingenuo liquidare la mattinata nella categoria dell’orgoglio aziendale, che pure è stato evidente. «Qui abbiamo un progetto che andrà in tutto il mondo», dice un operaio a Renzi. «Quella di Melfi è l’unica fabbri- ca d’Europa che lavora per 20 turni alla settimana: giorno e notte, sette giorni su sette tranne la domenica mattina», spiega Alfredo Leggero, capo degli stabilimenti europei destinati alla produzione di grandi volumi. «Se siamo arrivati fin qui è anche grazie ai sindacati come il nostro che hanno firmato gli accordi», dice Ferdinando Uliano, responsabile auto della Fim. E si capisce che oggi rivendichi il cambio di clima: «Prima tutti erano accodati alle scelte fallimentari della Fiom». A Melfi il sindacato di Landini ha pagato duramente la sua opposizione: tre iscritti licenziati (ingiustamente ha stabilito il tribunale) e senza manifestazioni di solidarietà da parte degli altri sindacati. Oggi l’opposizione in fabbrica deve importare da Pomigliano un gruppo di cassintegrati che appendono striscioni di fronte alla porta B, quella sbagliata. Dalla porta C entra invece il corteo delle auto blu per accogliere Renzi e Marchionne che arrivano in elicottero. La sintonia tra i due è ormai totale. «Sono venuto perché un conto è studiare le statistiche un altro è vedere la faccia delle donne e degli uomini che lavorano», dice il premier a lungo applaudito dai tanti che pensano di essere stati assunti anche grazie agli sgravi fiscali e al jobs act. Una scelta di campo quella di essere qui e non all’assemblea di Confindustria. Un’idea di Marchionne quella del sindacato unico, nuovo cavallo di battaglia del premier: «Non so se può essere un modello per tutti, nell’auto funzionerebbe», dice l’ad. Ma la vera prova che il modello Marchionne si sta imponendo non è tanto nella presenza di Renzi a Melfi per snobbare Squinzi, quanto nella scelta di Confindustria di seguire Fca sulla strada del progressivo superamento del contratto nazionale. Un suicidio per un’associazione nazionale di imprenditori, ma un suicidio necessario per sopravvivere. Il modello del contratto aziendale di Marchionne vince perché risponde meglio all’istinto degli imprenditori. Sulle porte a vetri dello stabilimento di Melfi la scritta Fca sta gradualmente sostituendo il vecchio acronimo Sata. Sata era la società inventata da Romiti per poter applicare ai lavoratori lucani un contratto a parte rispetto a quello del resto del gruppo: il primo esempio di contratto aziendale nell’universo Fiat. Oggi di quegli stratagemmi non c’è più bisogno. Da tre anni Fca è uscita da Confindustria e si è data regole sue. Che presto diventeranno le regole di tutti. Marchionne ha vinto. La grande insegna Sata sullo stabilimento verrà presto sostituita. Chi ha più paura del contratto nazionale?