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 2015  maggio 29 Venerdì calendario

Nonostante scandali, accuse e contestazioni, Joseph Blatter oggi sarà riconfermato per la quinta volta presidente della Fifa. Lo svizzero ha sulla carta il triplo dei voti del rivale giordano Ali Bin Hussein. E ha dalla sua Putin. Nello scandalo delle mazzette che sta sconvolgendo il calcio mondiale, lo zar punta il dito contro gli Usa: «Perseguitano Blatter per raggiungere i loro obiettivi egoistici. Come nei casi Assange e Snowden»

È scoppiata una vera e propria battaglia attorno alla rielezione di Joseph Blatter alla presidenza della Fifa. Dopo l’esplosione dello scandalo – con l’inchiesta dell’Fbi su alti funzionari dell’organizzazione per tangenti e con l’indagine svizzera sull’assegnazione dei Mondiali di calcio alla Russia (2018) e al Qatar (2022) – molti in Europa condividono ormai le critiche giunte dagli Stati Uniti e chiedono un passo indietro a Blatter o almeno un rinvio del voto previsto per oggi a Zurigo. Ma da Russia, Asia e Africa vengono ancora sostegni al presidente in carica [1].

«“Sono disgustato, ne ho abbastanza. Il troppo è troppo”. Non è mai stato così duro, così diretto Michel Platini nei confronti di Sepp Blatter. Soprattutto alla vigilia di un voto drammatico. E considerando il fatto che, pur chiedendone le dimissioni, continua a chiamarlo “amico”, dice di “avere affetto” per lui, gli riconosce d’aver realizzato “belle cose per la Fifa e per il calcio”. Blatter è ormai un impresentabile, detto nel gergo della politica italiana, e non si può consegnargli il calcio per il quinto mandato consecutivo. Ma, se non succedono cataclismi, oggi sarà rieletto, allungando così a 21 anni il suo ciclo presidenziale. Fino al 2019» (Fabio Licari) [2].

Lo sfidante di Blatter alla presidenza Fifa è il principe giordano Ali Bin Hussein, che aveva presentato la sua candidatura il 6 gennaio, che ha lavorato molto per consolidare il proprio programma, ma che rimane lontano dal rivale [3].

Giulia Zonca: «Il principe Ali Bin Hussein è a capo della federazione giordana dal 1999 ed è attualmente uno dei sette vicepresidenti in carica. Grazie alla sua pressione la Fifa ha concesso alle donne arabe di giocare con lo hijab, è anche stato tra i primi a chiedere ufficialmente al Qatar di modificare la legge sul lavoro. Figlio di re Hussein di Giordania e fratello dell’attuale sovrano Abdullah II, ha deciso di candidarsi contro Blatter nel gennaio 2015 e in pochi gli hanno dato credito» [4].

Per vincere la partita della presidenza Fifa al primo scrutinio serve una maggioranza di 2/3 dei 209 membri delle federazioni, ma dalla seconda votazione il quorum si abbassa alla maggioranza semplice. Questi i numeri del congresso Fifa: Confederazione africana (Caf) 54 voti; Uefa (Europa) 53; Confederazione asiatica (Afc) 46; Confederazione nord e centroamericana (Concacaf) 35; Confederazione Oceania (Ofc) 11, Confederazione Sud America (Conmebol) 10 [1].

L’unico continente che ha scelto di stare in maniera quasi compatta con Ali è l’Europa (46 voti su un totale di 53), così come l’Africa (54) è tutta con Blatter, che avrà anche i voti della maggioranza dei Paesi dell’Asia (46 voti). La Concacaf (Nord e Centroamerica, 35 voti) è divisa, con gli Stati Uniti a guidare la rivolta anti-Blatter, così come sta all’opposizione l’Oceania (Australia in testa, 11 voti), ma non il Sudamerica (10), dopodiché il presidente ha fatto di tutto per portare il Mondiale in Brasile [3].

Racconta Andrea Sorrentino: «Come lo sposo e la sposa, Joseph Blatter e il principe Ali bin Al Hussein di Giordania scivolano tra i tavoli, non recano confetti ma un sorriso da un miliardo e mezzo di dollari: è il contenuto della cassaforte Fifa, spicciolo più spicciolo meno. In piedi, i due candidati alla presidenza conversano con gli invitati già seduti al loro posto, divisi in sei settori, uno per ogni confederazione che rappresenta il calcio mondiale. Si sentono crepitare i tappi di champagne, mentre i vini rossi sono già stappati sulle tovaglie candide, un po’ nascosti tra i fiori. C’è pure una lontana orchestrina che suona, ad accentuare l’effetto-Titanic. È la cena di gala della Fifa prima della lunga notte che precede il voto. Fuori dall’Hallenstadion c’è gente che protesta e chiede a Blatter di dimettersi (“Shame! Vergognati!”) oppure ci sono i palestinesi che chiedono l’espulsione di Israele dalla Fifa, oppure c’è il resto del mondo in attesa che accada qualcosa, ossia la caduta dell’Imperatore» [5].

Vladimir Putin ha commentato così quello che sta succedendo nel mondo del pallone: «Qualunque cosa sia accaduta, non ha niente a che fare con gli Stati Uniti che ancora una volta tentano di estendere oltre ogni limite la loro giurisdizione» [6].

Nicola Lombardozzi: «Altro che pallone, questa è la nuova Guerra Fredda che torna a dividere il mondo in due blocchi. Lo scandalo Fifa, originato da un’indagine americana, fa pensare a Vladimir Putin, e alla stragrande maggioranza dei russi, che sia in atto un tentativo di boicottare o addirittura revocare i tanto attesi Mondiali 2018. Un affare da oltre venti miliardi di dollari che coinvolgerà undici stadi in dieci città, un’occasione per recuperare prestigio internazionale e far respirare l’economia» [6].

Il business dei mondiali di soldi ne prevede molti? Il premier Dmitry Medvedev ha parlato di 20 miliardi di dollari. Ma c’è già chi parla di costi destinati ad arrivare a quelli spesi per le olimpiadi di Sochi. Circa 50. Lo stesso Putin alla tv di Mosca ieri ha citato nuovamente i casi di Snowden e Assange: «Perché ricordo ora i loro nomi? Perché i nostri partner americani usano metodi come quelli impiegati nei loro confronti per raggiungere obiettivi interni, perseguendo illegalmente le persone. Non escludo che il caso della Fifa sia esattamente identico, anche se non so come andrà a finire» [7].

Ma perché Putin è tanto legato a Blatter? Ancora Lombardozzi: «Anche per i suoi buoni auspici politici durante la gara per l’assegnazione dei Mondiali, premiati con una larga sponsorizzazione della Fifa da parte del colosso di Stato Gazprom. La nomina di un presidente diverso non vorrebbe dire automaticamente la fine del sogno Mondiale ma renderebbe le cose più precarie» [6].

Paolo Mastrolilli: «Il capo del Cremlino teme che il prossimo obiettivo dell’inchiesta americana e svizzera sia lui, e non ha tutti i torti. È vero infatti che finora i procuratori Usa si sono limitati ai reati commessi sul loro territorio, da cittadini americani o residenti, usando strutture finanziarie degli Stati Uniti. L’indagine però è ancora aperta, e punta potenzialmente sul presidente della Fifa Blatter, l’assegnazione dei mondiali a Russia e Qatar, e forse anche le Olimpiadi» [8].

In Europa si è rafforzata la linea contraria alla rielezione. Il premier britannico, David Cameron, ha chiesto le dimissioni di Blatter e si è detto «totalmente al fianco» della Football Association inglese, che ha scelto di appoggiare l’unico rivale dello svizzero, il principe giordano Ali bin al Hussein. Per la Francia il ministro degli Esteri, Laurent Fabius, si è unito alla richiesta dell’altro ieri della federazione europea Uefa per un rinvio del voto sul nuovo presidente Fifa [1].

Licari: «E Blatter? Continua a essere politicamente resiliente, nel senso che tutto gli rimbalza addosso, attacchi compresi. Alla cerimonia di apertura del Congresso, pur apparendo un po’ nervoso, recita con la solita retorica la parte di chi è travolto da qualcosa di più forte di lui: “Sono tempi difficili senza precedenti, sul calcio in queste ore c’è una lunga ombra causata da azioni individuali che portano vergogna e umiliazione e chiedono risposte. Tutto questo va fermato. Io non posso monitorare tutto. Queste cattive persone corrompono il calcio, come accade nella società. E il calcio non può essere un’eccezione”. Manca soltanto che dica che la sua missione non è finita, che gli hanno chiesto di presentarsi ancora, oggi chissà» [1].

«Intanto, sparato il loro colpo di cannone, gli investigatori americani sono tornati al lavoro sullo scandalo Fifa: inutile attendersi grandi novità a breve, a parte quelle relative alle richieste di estradizione dei sette imputati tratti in arresto giovedì. Non ci saranno interventi diretti su Blatter e sull’assegnazione dei Mondiali a Russia e Qatar. Non da parte Usa, almeno: su questo indaga ora la magistratura svizzera» (Massimo Gaggi) [9].

Le carte dell’inchiesta Usa indicano 25 co-cospiratori anonimi, che sono ancora oggetto di indagini. Fra di loro c’è probabilmente la Nike, sospettata di essere coinvolta nell’episodio di corruzione per sponsorizzare la nazionale brasiliana, che è costato l’arresto all’ex capo della federazione José Maria Marin. La Nike non ha fornito elementi in proposito, ma ha confermato che sta collaborando con la magistratura Usa nell’ambito dell’indagine Fifa [8].

Paolo Mastrolilli: «Anche Bill Clinton è stato trascinato nel frullatore, perché aveva fatto parte della delegazione che aveva cercato di ottenere i mondiali del 2022. Dopo la sorprendente sconfitta ad opera del Qatar, si era così arrabbiato che secondo alcuni testimoni aveva spaccato uno specchio nella sua stanza. Poco dopo però gli amici arabi avevano cercato di ricucire lo strappo, facendo arrivare finanziamenti per circa 5 milioni di dollari alla sua Foundation. Sullo sfondo, poi, ci sono le grandi banche tipo JP Morgan e Citibank, dove hanno transitato le tangenti: quanto sapevano e quanto hanno collaborato? L’inchiesta, come hanno chiarito i procuratori, “è solo all’inizio”, e non è solo Putin a dover tremare» [8].

Note: [1] Lino Terlizzi, Il Sole 24 Ore 29/5; [2] Fabio Licari, La Gazzetta dello Sport 29/5; [3] Fabio Monti, Corriere della Sera 29/5; [4] Giulia Zonca, La Stampa 29/5; [5] Andrea Sorrentino, la Repubblica 29/9; [6] Nicola Lombardozzi, la Repubblica 29/9; [7] Virginia Piccolillo, Corriere della Sera 29/9; [8] Paolo Mastrolilli, La Stampa 29/9; [9] Massimo Gaggi, Corriere della Sera 29/5.