Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  maggio 21 Giovedì calendario

Infront, lo strano caso del “concessionario” che non perde mai soldi. Tratta la vendita dei diritti tv per la Lega. E anche il marketing di 8 club e della Nazionale

«Il calcio è delle famiglie, non dei professionisti della polemica o delle società di consulenza dei diritti tv», dice il premier Matteo Renzi. Chiamare la Infront solo una società di consulenza però è un po’ riduttivo. Più appropriato chiamarlo un concessionario. Se fosse solo un consulente, non dovrebbe iscrivere nei suoi bilanci del 2014 3 miliardi di euro di impegni per il «minimo garantito» per gli anni dal 2018 al 2021 da dare alla Lega per i diritti del triennio prossimo. Un concessionario, che nella trattativa dell’estate scorsa finita nel mirino dell’Antitrust ha avuto un ruolo chiave. Ma la Infront dell’ex manager Publitalia Marco Bogarelli non ha in mano solo i diritti tv della Serie A – principale e per molti club praticamente unica fonte di ricavi -. Ma anche il marketing di otto squadre della massima serie (tra le quali Milan, Inter, Lazio, Genoa e Sampdoria), e un contratto di consulenza con la Figc per la nazionale di calcio. Anche qui con un minimo garantito per la sponsorizzazione degli Azzurri e un contratto molto ampio per curarne e promuoverne l’immagine.
In conseguenza dell’accordo sospettato dall’Antitrust di aver leso la concorrenza, la Lega ha incassato circa 135 milioni in meno rispetto alle offerte massime. La logica dice che anche Infront avrebbe incassato meno, dato che il suo contratto prevede un compenso a percentuale. Se la Lega ha perso soldi e Infront ha perso soldi, che senso avrebbe favorire un accordo tra Sky e Mediaset? Secondo il contratto però il compenso di Infront cumula i ricavi dei diritti italiani e di quelli all’estero. Ai 943 milioni di euro dei diritti Tv per trasmettere le partite in Italia vanno sommati i 186 milioni di euro incassati per trasmettere la Serie A all’estero. A vincere la gara è stata questa volta la Mp&Silva, senza polemiche e senza trattative «a margine», che se li era già aggiudicati nel triennio precedente. Riccardo Silva, fondatore della società con sede in Irlanda nonché ex socio di Bogarelli, ha sbaragliato la concorrenza pagando 67 milioni in più rispetto ai tre anni chiusi al 2015. Il totale Italia più estero, fa 1,129 miliardi di euro.
Il contratto tra Lega e Infront prevede al superamento del minimo garantito una commissione del 2,8% per l’Italia e del 4% per l’estero. Che sale rispettivamente al 4% e al 6% al superamento della soglia di 1,05 miliardi. E ancora, tre bonus di 4,5 milioni ciascuno al superamento di tre tetti fino a 1,055 miliardi. Un contratto che non a caso nel 2013 aveva fatto discutere proprio per la modalità di calcolo delle commissioni. E che forse spiega le parole di una fonte dell’Antitrust, che lega la spiegazione del perché la Lega «accetti» un introito più basso proprio al ruolo di Infront e al contratto sottoscritto con il gruppo dalla Confindustria del calcio.
Ipotesi d’indagine, per ora. Come ha tenuto a precisare il presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzella: «Noi abbiamo solo aperto un’indagine. Aprire un’indagine non significa né che ci sia un illecito né che ci sia un responsabile». E comunque, ha puntualizzato ancora Pitruzzella, per arrivare a qualche risultato servono mesi e c’è tempo fino al 30 aprile 2016. L’Authority chiarisce anche di non aver mai avallato alcun accordo tra Sky e Mediaset sui diritti tv della serie A 2015-2018. E sul caso interviene anche Sky: «Dal giugno scorso la nostra posizione è chiara. Per i pacchetti A e B avevamo vinto noi», sottolinea l’ad Andrea Zappia, che aspetta gli esiti dell’indagine «evitando di interpretare arbitrariamente il pensiero dell’Antitrust».