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 2015  maggio 21 Giovedì calendario

Dicevano che sarebbe stato difficilissimo. Che dimostrare che un gruppetto di trader avesse il potere di manipolare l’enorme mercato delle monete sarebbe stato praticamente impossibile. Che le banche non avrebbero mai ammesso la colpa in un complotto del genere. Ieri, è successo l’impossibile. Cinque delle più grandi istituzioni finanziarie del mondo – dalla JPMorgan e la Citigroup negli Usa alla Barclays e la Royal Bank of Scotland in Gran Bretagna e la Ubs in Svizzera – hanno pagato 5.6 miliardi di dollari alle autorità americane ed europee, ammettendo che i propri impiegati avevano tentato di alterare il corso del libero mercato

Dicevano che sarebbe stato difficilissimo. Che dimostrare che un gruppetto di trader avesse il potere di manipolare l’enorme mercato delle monete sarebbe stato praticamente impossibile. Che le banche non avrebbero mai ammesso la colpa in un complotto del genere.
Ieri, è successo l’impossibile. Cinque delle più grandi istituzioni finanziarie del mondo – dalla JPMorgan e la Citigroup negli Usa alla Barclays e la Royal Bank of Scotland in Gran Bretagna e la Ubs in Svizzera – hanno pagato 5,6 miliardi di dollari alle autorità americane ed europee, ammettendo che i propri impiegati avevano tentato di alterare il corso del libero mercato.
In un’economia capitalista, questo è un crimine grave, soprattutto in un mercato delle monete usato non solo dalle banche d’affari e dagli hedge fund ma dalle aziende e pure dai turisti.
«Il Cartello», il nome che era tutto un programma del gruppo di trader-manipolatori, non si è mai preoccupato di nascondere le proprie tracce. I partecipanti si «incontravano» due volte al giorno in una «chat room» su internet per parlare di come avrebbero manipolato varie monete. Sembra un gioco da ragazzi e per anni lo è stato. Uno sberleffo collettivo all’idea che i mercati non si possono controllare, che il prezzo del denaro, come delle azioni e delle obbligazioni, viene deciso dalla mano invisibile di domanda e offerta.
Le mani che manipolavano il dollaro e l’euro oggi sono molto visibili. Quasi tutte le banche hanno licenziato dei trader ed è possibile che qualcuno verrà processato e magari pure messo in galera.
Il commento migliore è stato di Michael Corbat, l’amministratore delegato di Citgroup, che ha dovuto pagare l’ammenda più grande, quasi un miliardo di dollari. «Il comportamento che ha portato a questa multa è un imbarazzo ed è in completa antitesi con i valori della nostra banca».
Speriamo. L’elemento forse più importante di queste sanzioni è che sono l’ultimo grande caso del dopo-crisi. Dopo le multe miliardarie sui mutui americani, la manipolazione dei tassi d’interesse Libor e altre infrazioni, le banche e i loro investitori dovrebbero poter tirare un sospiro di sollievo.
È per questo che ieri le azioni di molte banche sono salite. È la fine di un tunnel che è costato molti soldi ma poco altro agli investitori e al management delle grandi istituzioni finanziarie. Molti sostengono che questo è prova che il sistema giudiziario della finanza funziona: corregge e punisce senza distruggere.
«Alla fine, queste banche hanno pagato miliardi di dollari per le azioni isolate di un paio di trader. Non è giusto che vadano in rovina», mi ha detto il capo di un grande fund manager questa settimana.
La logica non fa una grinza: chi sbaglia paga ma senza mettere a repentaglio le economie che dipendono dalle banche. Il vero obbiettivo è capire come questi scandali siano nati e come si possano evitare nel futuro.
È un dibattito importante di cui si parla molto a Wall Street: è colpa di un paio di «rotten apples», mele andate a male o è la cultura della finanza che è marcia? Regolatori seri come il capo della Federal Reserve di New York Bill Dudley hanno più volte esortato le banche a riformare una cultura super-aggressiva in cui l’utile è il solo valore ed il fine giustifica i mezzi.
Altri, soprattutto tra i banchieri, dicono che questi scandali creano un’immagine falsa di Wall Street, che la grande maggioranza dei lavoratori della finanza sono onesti, scrupolosi e seri.
I prossimi anni – dopo la crisi, dopo gli scandali, con mercati in ottima salute – dovrebbero offrire la risposta a questo quesito. Per ora, però, Wall Street sembra essersi dimenticata la massima coniata da Gus Levy, un famoso ex capo di Goldman Sachs: «Be long-term greedy» «Sii avido ma nel lungo termine». Pensa al denaro ma pensa anche agli altri.