21 maggio 2015
Ventidue anni, squattrinato, disoccupato, quarto figlio di Fatima, badante e colf dai mille lavori, un fratello spacciatore, una famiglia che butta pannolini e assorbenti sporchi dalla finestra, è arrivato dalla Libia con un barcone di migranti. Ecco chi è Abdel Maijd Touil, il marocchino accusato di essere il quarantasettesimo terrorista che i tunisini vogliono arrestare per la strage al museo del Bardo. Ma il mistero s’infittisce perché per quanti reati possa aver commesso, a quando pare, nei giorni dell’attentato era a scuola di alfabetizzazione a Trezzano sul Naviglio. Lo dice la madre ma anche la referente dell’istituto. Quindi a «meno che non abbia preso degli aerei andata e ritorno» le accuse a suo carico paiono deboli
la Repubblica
È un giovane di 22 anni, senza un euro, senza lavoro, il quarto figlio che mamma Fatima ha fatto arrivare dal Marocco, risparmiando al centesimo. Immaginare lui come il quarantasettesimo terrorista che i tunisini vogliono arrestare per la strage al museo del Bardo non è semplice. Abdel Maijd Touil dorme da mamma, a Gaggiano, zona industriale, in una cameretta per bambini, due volte a settimana va a scuola di alfabetizzazione a Trezzano sul Naviglio, non è raro che mangi alla Caritas. E, invece di inabissarsi, manda sempre mamma a denunciare lo smarrimento del passaporto, in realtà un documento fradicio, sporco d’inchiostro e inutilizzabile dopo il viaggio sul barcone che l’ha portato dalla Libia ad Agrigento. Cerchiamo di chiarire passo passo, per quel che si può sinora, la storia di Touil: immigrato o terrorista?
Al largo del Mediterraneo un barcone di 15 metri, con 639 persone affastellate una sull’altra, viene intercettato dalla nave Orione, pattugliatore della Marina Militare. I marocchini a bordo sono 79. Uno di questi è Touil. Per capirci sino in fondo: la barca affondata al largo di Malta, con ottocento morti, era lunga venti metri. Quindi Touil ha affrontato un viaggio molto rischioso. L’ha fatto, come moltissimi migranti, partendo dalla Libia, paese fuori controllo, dove hanno base sia i trafficanti di esseri umani, sia gruppuscoli legati al terrorismo internazionale.
PORTO EMPEDOCLE
Una volta sbarcati, i migranti, grazie alla capitaneria di porto di Porto Empedocle, vengono identificati. Con il Marocco non esiste trattato sull’immigrazione, Touil riceve il “foglio”, quella “intimazione” che dice di lasciare il territorio nazionale italiano entro quindici giorni. Se Touil conserva “la carta”, le nostre forze di polizia conservano la sua immagine e i dati anagrafici. Tant’è vero che ieri il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati può scrivere: «È emersa l’efficacia della banca dati (...) per accertare in tempo reale i precedenti movimenti» di Touil e arrestarlo per l’articolo 270 bis, terrorismo internazionale.
GAGGIANO
Il perno dei Touil, da quando il padre s’è ammalato ed è rimasto in Marocco, è la madre, Fatima, 44 anni, velo in testa e gambe sulla bici. Sempre di corsa come colf e badante. Fatima dai mille lavori arriva nove anni fa e chiama via via i figli maggiori (non esemplari, hanno qualche precedente per questioni di spaccio); finalmente trova i soldi per la figlia («Quanto ci teneva»); infine ecco l’ultimo, Abdel, lasciato bambino. Tutti entrano nella casa rossa, nella periferia di Gaggiano, paese tra Milano e Pavia, sinora noto per il Naviglio, una chiesa, le trattorie dove si mangiano le rane. Come arriva qui Abdel, che ha con sé solo la borsa con i vestiti mangiati dalla salsedine? La madre lo va a prendere in Sicilia e «a marzo lo vedevamo tutti i giorni», raccontano parenti, vicini, conoscenti, gente del bar Novella, là all’angolo, e non solo.
TREZZANO SUL NAVIGLIO
Alla scuola Cuciniello, a Trezzano sul Naviglio, sede del Cpia, centro provinciale istruzione adulti, la notizia della cattura fa trasecolare gli insegnanti. Vanno a controllare il registro di classe: «Nei giorni dell’attentato al museo di Tunisi, Touil era presente», si dicono. Solo dopo i nostri servizi su Internet, ieri pomeriggio è arrivata una pattuglia dei carabinieri per sequestrare il registro di classe.
Flavia Caimi, referente degli alfabetizzatori, è l’unica persona di buon senso che ieri non si limita al “burocratico” e accetta di dare una spiegazione: «La professoressa di Touil non vuol comparire, oggi per chiunque nella scuola è difficile parlare per questione di privacy, ma posso dire che l’arrestato di oggi frequentava i nostri corsi, che conosciamo anche sua madre e che, se indagano, non possono dire che Touil era a Tunisi il giorno dell’attacco a meno che non abbia preso degli aerei andata e ritorno». Touil, a quanto pare, già il 6 marzo fa il primo colloquio con gli alfabetizzatori, il 12 è in classe, il 16 pure, l’attentato al museo del Bardo è il 18.
L’ALIBI DELLA MADRE
«Mio figlio non è per niente d’accordo con la jihad, con la lotta armata, lo so, anche quando c’è stato l’attentato a Tunisi era con me, ne abbiamo parlato, c’è un errore, siamo sicuri, e la verità verrà fuori», ripete. Di quel figlio, arrivato stanco e silenzioso, è stata lei a far emergere la presenza in Italia: l’ha fatto denunciando ai carabinieri di Trezzano sul Naviglio il deterioramento del passaporto.
L’ARRESTO
Digos e Ros, coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, martedì pomeriggio passano all’azione, come prevedono i trattati internazionali. Per non insospettire Abdel, mandano un urbano a controllargli i documenti, che non ha, quindi il giovane segue docilmente il “ghisa” e poi incontra i detective. Su mandato tunisino viene accusato di omicidio, campi d’addestramento, sequestro, sovversione, ma nella documentazione non esistono – a differenza degli ordini di custodia italiani – le “descrizioni delle condotte”. Quindi che cosa esattamente avrebbe fatto Touil con gli stragisti, o a loro favore, non si sa. Lui, sconcertato, si proclama estraneo a qualsiasi accusa e al palazzo di giustizia di Milano si sente la parola «cautela».
È un giovane di 22 anni, senza un euro, senza lavoro, il quarto figlio che mamma Fatima ha fatto arrivare dal Marocco, risparmiando al centesimo. Immaginare lui come il quarantasettesimo terrorista che i tunisini vogliono arrestare per la strage al museo del Bardo non è semplice. Abdel Maijd Touil dorme da mamma, a Gaggiano, zona industriale, in una cameretta per bambini, due volte a settimana va a scuola di alfabetizzazione a Trezzano sul Naviglio, non è raro che mangi alla Caritas. E, invece di inabissarsi, manda sempre mamma a denunciare lo smarrimento del passaporto, in realtà un documento fradicio, sporco d’inchiostro e inutilizzabile dopo il viaggio sul barcone che l’ha portato dalla Libia ad Agrigento. Cerchiamo di chiarire passo passo, per quel che si può sinora, la storia di Touil: immigrato o terrorista?
Al largo del Mediterraneo un barcone di 15 metri, con 639 persone affastellate una sull’altra, viene intercettato dalla nave Orione, pattugliatore della Marina Militare. I marocchini a bordo sono 79. Uno di questi è Touil. Per capirci sino in fondo: la barca affondata al largo di Malta, con ottocento morti, era lunga venti metri. Quindi Touil ha affrontato un viaggio molto rischioso. L’ha fatto, come moltissimi migranti, partendo dalla Libia, paese fuori controllo, dove hanno base sia i trafficanti di esseri umani, sia gruppuscoli legati al terrorismo internazionale.
PORTO EMPEDOCLE
Una volta sbarcati, i migranti, grazie alla capitaneria di porto di Porto Empedocle, vengono identificati. Con il Marocco non esiste trattato sull’immigrazione, Touil riceve il “foglio”, quella “intimazione” che dice di lasciare il territorio nazionale italiano entro quindici giorni. Se Touil conserva “la carta”, le nostre forze di polizia conservano la sua immagine e i dati anagrafici. Tant’è vero che ieri il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati può scrivere: «È emersa l’efficacia della banca dati (...) per accertare in tempo reale i precedenti movimenti» di Touil e arrestarlo per l’articolo 270 bis, terrorismo internazionale.
GAGGIANO
Il perno dei Touil, da quando il padre s’è ammalato ed è rimasto in Marocco, è la madre, Fatima, 44 anni, velo in testa e gambe sulla bici. Sempre di corsa come colf e badante. Fatima dai mille lavori arriva nove anni fa e chiama via via i figli maggiori (non esemplari, hanno qualche precedente per questioni di spaccio); finalmente trova i soldi per la figlia («Quanto ci teneva»); infine ecco l’ultimo, Abdel, lasciato bambino. Tutti entrano nella casa rossa, nella periferia di Gaggiano, paese tra Milano e Pavia, sinora noto per il Naviglio, una chiesa, le trattorie dove si mangiano le rane. Come arriva qui Abdel, che ha con sé solo la borsa con i vestiti mangiati dalla salsedine? La madre lo va a prendere in Sicilia e «a marzo lo vedevamo tutti i giorni», raccontano parenti, vicini, conoscenti, gente del bar Novella, là all’angolo, e non solo.
TREZZANO SUL NAVIGLIO
Alla scuola Cuciniello, a Trezzano sul Naviglio, sede del Cpia, centro provinciale istruzione adulti, la notizia della cattura fa trasecolare gli insegnanti. Vanno a controllare il registro di classe: «Nei giorni dell’attentato al museo di Tunisi, Touil era presente», si dicono. Solo dopo i nostri servizi su Internet, ieri pomeriggio è arrivata una pattuglia dei carabinieri per sequestrare il registro di classe.
Flavia Caimi, referente degli alfabetizzatori, è l’unica persona di buon senso che ieri non si limita al “burocratico” e accetta di dare una spiegazione: «La professoressa di Touil non vuol comparire, oggi per chiunque nella scuola è difficile parlare per questione di privacy, ma posso dire che l’arrestato di oggi frequentava i nostri corsi, che conosciamo anche sua madre e che, se indagano, non possono dire che Touil era a Tunisi il giorno dell’attacco a meno che non abbia preso degli aerei andata e ritorno». Touil, a quanto pare, già il 6 marzo fa il primo colloquio con gli alfabetizzatori, il 12 è in classe, il 16 pure, l’attentato al museo del Bardo è il 18.
L’ALIBI DELLA MADRE
«Mio figlio non è per niente d’accordo con la jihad, con la lotta armata, lo so, anche quando c’è stato l’attentato a Tunisi era con me, ne abbiamo parlato, c’è un errore, siamo sicuri, e la verità verrà fuori», ripete. Di quel figlio, arrivato stanco e silenzioso, è stata lei a far emergere la presenza in Italia: l’ha fatto denunciando ai carabinieri di Trezzano sul Naviglio il deterioramento del passaporto.
L’ARRESTO
Digos e Ros, coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, martedì pomeriggio passano all’azione, come prevedono i trattati internazionali. Per non insospettire Abdel, mandano un urbano a controllargli i documenti, che non ha, quindi il giovane segue docilmente il “ghisa” e poi incontra i detective. Su mandato tunisino viene accusato di omicidio, campi d’addestramento, sequestro, sovversione, ma nella documentazione non esistono – a differenza degli ordini di custodia italiani – le “descrizioni delle condotte”. Quindi che cosa esattamente avrebbe fatto Touil con gli stragisti, o a loro favore, non si sa. Lui, sconcertato, si proclama estraneo a qualsiasi accusa e al palazzo di giustizia di Milano si sente la parola «cautela».
Piero Colaprico
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Corriere della Sera
Nel palazzo di quattro piani e sedici appartamenti di via Pitagora 14 a Gaggiano, costruito negli anni Sessanta e nel tempo sempre abitato da anziani e operai, la sentenza è già stata emessa. Quel marocchino è colpevole, e non potrebbe essere altrimenti.
Dei Touil si ricordano le «spese condominiali per 32 mila euro non pagate» e l’immondizia, compresi pannolini e assorbenti, «direttamente lanciata dalla finestra». Oppure l’agenzia speciale di pulizia chiamata «non una, ma addirittura due volte» per «eliminare il letamaio dell’ultimo piano», dove abitano i Touil, schiacciati in un appartamento di sessanta metri quadrati, soggiorno, cucina a vista, camera da letto e bagno, diviso per sei: mamma Fatima, il primogenito con compagna e figlia, una delle due figlie di Fatima e infine Abdel Majid. Eppure quest’ultimo piano è pulitissimo, e nell’insieme la palazzina, anche se modesta, è ben tenuta. Non un rifiuto fuori posto, la posta non lasciata giacere nelle cassette, in ordine il cortile. «Tutti uguali, questi immigrati di m..., loro e le loro tradizioni» sibila una vecchietta dietro il catenaccio della porta blindata. I Touil non sono una famiglia di integralisti. In casa non c’è nemmeno il Corano. E Abdel Majid ha altre cose in testa che la preghiera.
Non frequenta moschee ma soltanto bar della zona, come il Novella 73, popolato da pensionati che tirano sera ai quali si accodava volentieri; quando andava fuori paese, era per stare sui banchi della scuola d’italiano a Trezzano sul Naviglio. L’ha fatto anche nella settimana del giorno dell’attentato a Tunisi. Insegnanti e preside della struttura giurano sia andata così. Abdel Majid era presente. Il ragazzo non si sarebbe però visto nelle ultime due settimane. Per la madre non ci sono misteri: «Non stava bene di salute». Dopodiché, tolto il Novella 73 e la scuola, nell’esistenza e nella geografia di Abdel Majid Touil, non ci sarebbe nient’altro.
Il fratello ha precedenti per spaccio di droga ma forse, da quand’è diventato papà, ha messo la testa a posto. Il civico 14, anche per la presenza di un altro venditore di stupefacenti, è conosciuto dai carabinieri del posto, che appena possono gli buttano un’occhiata. Il centro di Gaggiano si sviluppa attorno al Naviglio, che qui scorre più ampio e pieno rispetto ai modesti canali di Milano. Lontano dal centro, il paese di diecimila abitanti perde le sue caratteristiche e si nasconde nell’anonimo panorama dell’hinterland. Strade, palazzine, viali di collegamento. E la microcriminalità degli immigrati che preoccupa più della presenza delle cosche della ’ndrangheta.
Se Abdel Majid Touil è un terrorista, e se un terrorista normalmente ha capacità e disponibilità di avere documenti falsi e muoversi per tragitti «sicuri», non ha cercato di nascondere le tracce. A inizio febbraio, il papà e la sorella che abitavano con lui in Marocco, nella zona di Casablanca, l’avrebbero trasportato in aeroporto. L’aereo sarebbe stato il primo mezzo usato da Abdel Majid, atterrato in Tunisia con una compagnia low-cost. A Tunisi avrebbe soggiornato per tre giorni in un hotel. Dalla Tunisia sarebbe andato in Libia. Dalla Libia la partenza verso la Sicilia con un barcone soccorso tra il 15 e il 15 febbraio.
Vittima di un clamoroso errore delle autorità tunisine oppure di un caso di omonimia. O forse no, forse Abdel Majid Touil è un terrorista abile a ingannare per prima sua madre se non ad «arruolarla», per convincerla a coprire il gioco, reggere l’alibi. È la madre che, in ritardo rispetto alla scomparsa del passaporto, due mesi dopo è andata a presentare denuncia dai carabinieri. E potrebbe essere un bluff l’iscrizione alla scuola d’italiano, per dimostrare la volontà d’integrarsi. In via Pitagora dicono che i Touil sono abusivi, han buttato giù la porta e preso possesso come sciacalli. Agli investigatori mamma e fratello risultano regolarmente residenti in Italia.
Dei Touil si ricordano le «spese condominiali per 32 mila euro non pagate» e l’immondizia, compresi pannolini e assorbenti, «direttamente lanciata dalla finestra». Oppure l’agenzia speciale di pulizia chiamata «non una, ma addirittura due volte» per «eliminare il letamaio dell’ultimo piano», dove abitano i Touil, schiacciati in un appartamento di sessanta metri quadrati, soggiorno, cucina a vista, camera da letto e bagno, diviso per sei: mamma Fatima, il primogenito con compagna e figlia, una delle due figlie di Fatima e infine Abdel Majid. Eppure quest’ultimo piano è pulitissimo, e nell’insieme la palazzina, anche se modesta, è ben tenuta. Non un rifiuto fuori posto, la posta non lasciata giacere nelle cassette, in ordine il cortile. «Tutti uguali, questi immigrati di m..., loro e le loro tradizioni» sibila una vecchietta dietro il catenaccio della porta blindata. I Touil non sono una famiglia di integralisti. In casa non c’è nemmeno il Corano. E Abdel Majid ha altre cose in testa che la preghiera.
Non frequenta moschee ma soltanto bar della zona, come il Novella 73, popolato da pensionati che tirano sera ai quali si accodava volentieri; quando andava fuori paese, era per stare sui banchi della scuola d’italiano a Trezzano sul Naviglio. L’ha fatto anche nella settimana del giorno dell’attentato a Tunisi. Insegnanti e preside della struttura giurano sia andata così. Abdel Majid era presente. Il ragazzo non si sarebbe però visto nelle ultime due settimane. Per la madre non ci sono misteri: «Non stava bene di salute». Dopodiché, tolto il Novella 73 e la scuola, nell’esistenza e nella geografia di Abdel Majid Touil, non ci sarebbe nient’altro.
Il fratello ha precedenti per spaccio di droga ma forse, da quand’è diventato papà, ha messo la testa a posto. Il civico 14, anche per la presenza di un altro venditore di stupefacenti, è conosciuto dai carabinieri del posto, che appena possono gli buttano un’occhiata. Il centro di Gaggiano si sviluppa attorno al Naviglio, che qui scorre più ampio e pieno rispetto ai modesti canali di Milano. Lontano dal centro, il paese di diecimila abitanti perde le sue caratteristiche e si nasconde nell’anonimo panorama dell’hinterland. Strade, palazzine, viali di collegamento. E la microcriminalità degli immigrati che preoccupa più della presenza delle cosche della ’ndrangheta.
Se Abdel Majid Touil è un terrorista, e se un terrorista normalmente ha capacità e disponibilità di avere documenti falsi e muoversi per tragitti «sicuri», non ha cercato di nascondere le tracce. A inizio febbraio, il papà e la sorella che abitavano con lui in Marocco, nella zona di Casablanca, l’avrebbero trasportato in aeroporto. L’aereo sarebbe stato il primo mezzo usato da Abdel Majid, atterrato in Tunisia con una compagnia low-cost. A Tunisi avrebbe soggiornato per tre giorni in un hotel. Dalla Tunisia sarebbe andato in Libia. Dalla Libia la partenza verso la Sicilia con un barcone soccorso tra il 15 e il 15 febbraio.
Vittima di un clamoroso errore delle autorità tunisine oppure di un caso di omonimia. O forse no, forse Abdel Majid Touil è un terrorista abile a ingannare per prima sua madre se non ad «arruolarla», per convincerla a coprire il gioco, reggere l’alibi. È la madre che, in ritardo rispetto alla scomparsa del passaporto, due mesi dopo è andata a presentare denuncia dai carabinieri. E potrebbe essere un bluff l’iscrizione alla scuola d’italiano, per dimostrare la volontà d’integrarsi. In via Pitagora dicono che i Touil sono abusivi, han buttato giù la porta e preso possesso come sciacalli. Agli investigatori mamma e fratello risultano regolarmente residenti in Italia.
Andrea Galli e Cesare Giusti