Libero, 21 maggio 2015
Un vitalizio non si nega di certo ai killer delle pensioni. Anselmi, Scotti, De Michelis: i ministri che hanno distrutto la previdenza hanno incassato 12 milioni di euro più di quanto versato. Nuova puntata dell’inchiesta di Libero con altri 42 nomi
C’è Tina Anselmi, un monumento della storia della vecchia DC. E pure Cesare Salvi, che ha attraversato la storia comunista nelle sue varie evoluzione e ha appeso la tessera parlamentare al chiodo dopo avere scritto un veemente libello contro i privilegi dei parlamentari. In mezzo volti noti della prima e anche della seconda Repubblica: da Vincenzo Scotti a Gianni De Michelis, da Rosa Russo Jervolino ad Antonio Bassolino, da Antonio Pizzinato ad Adriano Teso, l’imprenditore che ha assaggiato solo un boccone di esperienza parlamentare inizialmente affascinato dalla prima apparizione di Silvio Berlusconi.
Che hanno in comune tutti? Una condizione particolare: avere avuto nelle loro mani il destino previdenziale di milioni di italiani. Sì, le pensioni di tutti. Che hanno toccato, ritoccato, cambiato, tagliato, talvolta perfino massacrato a seconda delle scelte fatte dal ministero della previdenza sociale dove erano sulla tolda di comando come ministri o vice dei ministri in carica. Ventuno di loro sono già in pensione da lungo tempo. Anzi, essendo stati parlamentari non in pensione: in vitalizio. Per seguire lo slogan dell’inchiesta di Libero, dobbiamo dire che insieme si sono già pappati 12 milioni di euro in più rispetto ai contributi che avevano versato per la loro dorata pensione. In media ognuno di loro – a cui ovviamente auguriamo ancora lunga vita – ha già incassato oltre mezzo milione di euro in più del dovuto. Bisogna chiedere ai pensionati italiani che li hanno vissuti come ministri e sottosegretari se anche a loro è andata così bene. Siccome temiamo di no, il rischio vedendo le cifre pubblicate nella tabella odierna è che finita la rabbia del primo istante, si rivolgano tutti insieme a uno di quegli avvocati specialisti in class action e provino a fare un bello scherzetto a chi ha gestito le loro povere pensioni.
In cima alla classifica c’è appunto la Anselmi, nota anche per avere inventato il Sistema sanitario nazionale ovviamente da un altro dicastero da lei guidato, ma pure per essere stata la prima donna alla guida delle pensioni italiane prima di Elsa Fornero. La Anselmi non ha versato pochi contributi essendo stata a lungo parlamentare nella prima Repubblica: 362 mila euro. Però grazie a un vitalizio di 5.966 euro mensili ne ha già incassati 1,6 milioni di euro. Vale a dire 1,28 milioni di euro più dei contributi versati. Dietro Tina spicca Natale Carlotto, che è stato sottosegretario alla previdenza sociale, e prima di candidarsi nella Democrazia cristiana fu pure leader della Coldiretti: si è già messo in tasca oltre un milione di euro più dei contributi versati per ottenere un vitalizio da 558,75 euro al mese. Terzo posto per Vincenzo Scotti, altro vecchio Dc che ha navigato in tranquillità anche nella seconda Repubblica, e a cui si deve la griglia di una proposta di riforma delle pensioni che in realtà non fu mai approvata, ma che venne ripresa nei suoi contenuti essenziali nel 1992 dal governo guidato da Giuliano Amato con la prima vera tosatura dei pensionati. Della materia si sono occupati appunto anche De Michelis, la Jervolino e Bassolino talvolta aiutando il dissesto del sistema previdenziale italiano, in altri casi contribuendo alla tosatura indiscriminata per tappare le falle.
De Michelis e la Jervolino con la loro pensione parlamentare si sono già messi in tasca circa 550 mila euro netti più dei contributi versati. Bassolino sta appena sotto: 496 mila euro di guadagno con il suo vitalizio. Però ne incassa anche un secondo, ancora più generoso, grazie all’esperienza fatta da presidente della Regione Campania. Cesare Salvi essendo abbastanza fresco di vitalizio chiude invece quella speciale classifica. Al momento ha incassato 441 mila euro a fronte di 265 mila euto di contributi versati. Ci ha guadagnato 176 mila euro. Ma è giovane, e potrà rifarsi nei prossimi anni e agguantare i colleghi che gli stanno davanti in classifica.
Nella tabella generale di oggi non mancano altri personaggi che hanno avuto una certa notorietà o nella prima o nella seconda Repubblica. Come Adolfo Battaglia, repubblicano che fu ministro, e ora autore di un libello che poche settimane fa ha illustrato al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Battaglia deve avere anticipato al Capo dello Stato il record che a luglio supererà: abbatterà la barriera del milione di euro di guadagno sui contributi versati da parlamentare grazie ai vitalizi incassati (assegno da 5.231 euro al mese). Quel tetto invece è già stato passato da un comunista campano che fu protagonista effervescente delle riunioni della commissione finanze della Camera negli ultimi anni dei governi di Giulio Andreotti, Antonio Bellocchio. Poi fu spedito a guidare una società dei Monopoli di Stato. Poi è andato in pensione. Anzi, a godersi il vitalizio da 4.662 euro al mese. E ha fatto bingo come molti suoi colleghi.