20 maggio 2015
Calcioscommesse, un nuovo scandalo. In Lega Pro, Serie D e Coppa Italia partite truccate dalla ’ndrangheta, soldi dalla Serbia, giocate milionarie. Cinquanta in carcere, settanta indagati, 33 squadre coinvolte: tutto sull’inchiesta della procura di Catanzaro che rischia di terremotare (di nuovo) il mondo del pallone italiano. Un dirigente al telefono: «Lotito ricatta Tavecchio e Macalli»
La maxi indagine Dirty soccer (Calcio sporco), condotta dalla squadra mobile e sviluppata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, è l’ultimo scandalo che sta travolgendo il pallone italiano. I risultati di 28 match recenti (da settembre 2014 in poi) di Serie B e Serie D, Lega Pro e Coppa Italia, sarebbero stati alterati per incassare denaro dalle scommesse. Decine di giocatori, ex calciatori, procuratori, presidenti, direttori sportivi e agenti avrebbero fatto parte della rete corruttiva internazionale [Roberto Galullo, Il Sole 24 Ore].
Esattamente sono finiti in galera in cinquanta, tra presidenti di società (Mario Moxedano del Neapolis, Antonio e Giorgio Flora del Brindisi), dirigenti sportivi (11), allenatori (2), calciatori (12), faccendieri e finanziatori. Sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva, alcuni con l’aggravante mafiosa perché favorivano la cosca Iannazzo di Sambiase-Lamezia Terme. Gli indagati sono una settantina. Delle 28 partite considerate truccate, 17 sono di Lega Pro e 11 di serie D. Le squadre coinvolte sono 33: dalla Pro Patria al Monza, dalla Torres all’Aquila, dalla Juve Stabia alla Cremonese [Fabio Tonacci e Francesco Viviano, la Repubblica].
Marco Lillo e Antonio Massari: «E così, dopo gli scandali che hanno travolto calciatori della nazionale, del calibro di Stefano Mauri e Beppe Signori, ora è il turno dei calciatori dilettanti. Su di loro punta la ’ndrangheta, i criminali serbi, albanesi, maltesi, perfino kazaki: ecco chi gestisce veramente il pallone, nella lega nazionale dilettanti, il regno già di Carlo Tavecchio che, proprio da qui, ha spiccato il volo verso la guida dell’intera Federazione italiana giuoco calcio» [il Fatto Quotidiano].
Dalle diecimila intercettazioni telefoniche emergono gli interessi degli scommettitori su alcune gare di Lega Pro come Barletta-Catanzaro, Cremonese-Pro Patria, Monza-Torres, L’Aquila-Tuttocuoio e molte altre ancora. I finanziatori esteri, soprattutto serbi, agivano su input della «cupola» criminale al cui vertice c’erano il boss della ’ndrangheta Pietro Iannazzo, Mario Moxedano, ex presidente del Napoli e oggi patron del Neapolis (serie D) e Antonio Ciccarone, direttore sportivo dello stesso club. Agli investitori chiedevano di puntare anche su partite del campionato di serie B e Coppa Italia come Crotone-Catania, Livorno-Brescia e Sassuolo-Pescara [Carlo Macrì e Giuseppe Toti, Corriere della Sera].
Fabio Tonacci e Francesco Viviano: «Calciatori che si fanno autogol o si fanno espellere apposta, dirigenti che truccano le partite, magazzinieri che si vendono le prestazioni dei giocatori. Minacce di morte, pistole e kalashinikov, pure il sequestro di un albanese, Nerjaku Edmond, per un “debito” da 160 mila euro dovuto a una partita finita come non doveva. C’è tutto il brutto dello sport più amato d’Italia» [la Repubblica].
Il procuratore della Figc Stefano Palazzi, che ha già preso contatti con il capo della Dda di Catanzaro Vincenzo Lombardo, dovrà intervenire per riscrivere le classifiche, con i play off e i play out in corso [Fabio Tonacci e Francesco Viviano, la Repubblica].
Giovanni Bianconi: «Pietro Iannazzo – già in carcere per ’ndrangheta, considerato uno dei capi della “cosca imprenditoriale” di Lamezia Terme, il padre ucciso in un agguato di stampo mafioso – l’ha spiegato in maniera molto chiara, in una telefonata intercettata, parlando di Mario Moxedano, presidente del Neapolis che ha conquistato la qualificazione ai play off: “Quest’anno ha deciso che vuole vincere con pochi soldi. Io gli ho detto ‘va bene, ma i miei dammeli prima’... Ha detto che lui prima non paga neanche i giocatori, e infatti i giocatori non ti fanno vincere il campionato”. Iannazzo invece sì. O almeno ci prova. Comprando e vendendo partite, utili a guadagnare posizioni in classifica e molti soldi con il calcio scommesse. Ché altrimenti Moxedano non avrebbe saputo che fare “con la squadra di babbi che ha”, laddove babbi sta per stupidi, sprovveduti. Ecco come la ’ndrangheta imprenditrice entra, secondo l’accusa, nel dirty soccer» [Corriere della Sera].
C’è poi una seconda presunta associazione criminale, il cui terreno di caccia era il campionato di Lega Pro (l’ex Serie C), che ruoterebbe attorno alla figura di Fabio Di Lauro, ex calciatore, che secondo l’accusa guadagnava sulle partite truccate e si finanziava tramite gli stretti rapporti con i “signori” delle scommesse del calcio italiano, dell’Est Europa (Serbia, Slovenia e Russia) e del Kazakistan [Roberto Galullo, Il Sole 24 Ore].
Comprare una partita di Lega Pro costava tra i 40 e i 50mila euro, ma a volte ne bastavano 5mila per avere la disponibilità dei calciatori [Fabio Tonacci e Francesco Viviano, la Repubblica].
In una delle gare sotto inchiesta, Juve Stabia-Lupa Roma, per esempio, le cose non sembrano mettersi come devono. E allora quel Fabio Di Lauro, considerato dagli investigatori il «signore delle scommesse», spiega chiaramente a Di Nicola come stanno le cose: «Loro sono amici miei, non pensare che fanno senza di me, c’è una amicizia di persone della Calabria vicine a e loro, mostra rispetto» [Giuliano Foschini, la Repubblica].
In Pro Patria-Pavia c’è invece l’incredibile storia della famiglia Ulizio, dove il padre, Mauro, di fatto costringe il figlio, Andrea, a truccare la partita. Il primo è infatti «direttore occulto della società», il secondo invece è un calciatore: la partita finisce 2-3 come prevista dal gruppo. Negli atti ci sono poi altri tipo di padri [Giuliano Foschini, la Repubblica].
Negli atti d’indagine compare anche l’ex arbitro di Serie A Massimo De Santis, unico condannato in Calciopoli, oggi collaboratore di Di Nicola nell’Aquila calcio. Non risulta tra gli indagati, a differenza del presidente aquilano, ma gli investigatori annotano più di un episodio che lo riguarda. Durante la partita Santarcangelo-L’Aquila, De Santis fa visita all’arbitro, negli spogliatoi, intrattenendosi circa mezz’ora e facendo infuriare i tifosi avversari. E al telefono con Di Nicola commenta: «Ma ci sta una normativa che vieta a uno che è tesserato di una squadra andare dentro lo spogliatoio per salutarlo? Io al processo me la sono fatta tutta su sto fatto degli spogliatoi eh…» [Marco Lillo e Antonio Massari, il Fatto Quotidiano].
Il settore “vecchie glorie” questa volta è incarnato da Arturo Di Napoli, detto “re Artù”, un passato in Serie A con le maglie di Napoli e Inter. Oggi, da allenatore del Savona, lo accusano di vendere le sue stesse partite ai dirigenti dell’Aquila calcio. Ma torniamo per un attimo all’albanese Ed che il 15 aprile, preso dalla disperazione, chiama suo fratello e lo implora: “Telefona a nonna e dille che ti servono dei soldi…” [Marco Lillo e Antonio Massari, il Fatto Quotidiano].
Quindi chi comanda in Lega Pro? Per i magistrati alcuni gruppi criminali, italiani e stranieri. Ma alcuni dei protagonisti di questa storia, intercettati dai poliziotti dello Sco e della Mobile di Catanzaro, sostengono che c’è dell’altro. La procura nel decreto di fermo, ritenendola penalmente rilevante, cita per esempio una conversazione tra un ex direttore sportivo di lungo corso, Vittorio Galigani, che non è indagato, con uno degli arrestati nel blitz di ieri, il direttore sportivo dell’Aquila, Ercole Di Nicola. «Galigani lamentava una diffusa quanto generale atmosfera di prevaricazione e malaffare imperante in seno agli organi di potere della Lega Pro». A che faceva riferimento? «Lotito – dice Galigani – ha rotto. Macalli e Tavecchio sono in mano a lui che li ricatta (...) Ora con Infront insieme a Galliani hanno preso anche il Brescia. Infront è Galliani». «Quindi – chiosa Di Nicola – ha Lazio, Salernitana, Brescia e Bari». Né Lotito né Galliani sono indagati [Giuliano Foschini, la Repubblica].
Fabio Monti: «I campionati di Serie C (ben prima che nascesse la Lega Pro) non sono mai stati esempio di alta moralità applicata al pallone. La crisi economica ha aggravato la situazione. I tagli operati dal Coni nei confronti della Figc hanno ridotto drasticamente i contributi federali; i soldi derivanti dai diritti tv (legge Melandri) sono pochissimi; gli ingaggi dei giocatori sono in maggioranza quelli previsti dal minimo sindacale. La possibilità di scommettere legalmente su partite che non vengono vivisezionate in tv come quelle di A e B avvicina qualsiasi tentazione» [Corriere della Sera].
Stefano Cappellini: «Dai tempi ruspanti del Totonero di trent’anni fa il calcio è abissalmente cambiato, ma finanza e professionismo esasperati non hanno estirpato la malapianta della corruzione. Al contrario, il fenomeno è diventato endemico, non risparmia il calcio in vetrina della serie A e imperversa nelle serie minori dove la crisi economica ha esposto al rischio bancarotta un numero elevato di società e reso ancora più permeabile alle tentazioni il sottobosco di calciatori, procuratori e presidenti di provincia. È una sconfitta culturale del calcio italiano e della sua malferma giustizia che ogni volta parte con intenti di pulizia radicale e spesso arriva con sentenze ambigue, sconti progressivi di pena con l’avanzare dei gradi di giudizio e colpi di spugna» [Il Messaggero].
Quali saranno le ricadute sportive di questo ultimo caso di calcioscommesse? La stagione arrivata ai play off terminerà regolarmente, poi, in piena estate, via ai processi e alle eventuali sanzioni che potrebbero riscrivere le classifiche dei gironi di Lega Pro e dei Dilettanti, con ripescaggi o esclusioni [Guglielmo Buccheri, La Stampa].
A rischiare, per la giustizia sportiva, potrebbero essere tutti quei tesserati che sapevano e non hanno denunciato, come l’allenatore del Monza Pea, non indagato a Catanzaro. «L’aver dato il via libera alle scommesse on line anche sulla serie D può contribuire ad ampliare il fenomeno...», è la riflessione che arriva dagli uffici federali. Il tema della possibilità dell’apertura delle scommesse sportive anche ai campionati dilettanti fu molto discusso e dibattuto. Poi, nell’ottobre scorso, la svolta e la concessione anche per i bookmakers italiani [Guglielmo Buccheri, La Stampa].