Libero, 20 maggio 2015
Lettere da Albert Einstein. Il prossimo 11 giugno andranno all’asta a Los Angeles. E se, nel dialogo con un gesuita, Einstein si poneva la questione dell’esistenza di Dio, in una missiva alla sua prima moglie, Mileva Maric, spiegava le possibili relazioni fra l’idea della relatività, l’elettricità e la forza di gravità e col figlio Hans intesseva dialoghi assai teneri
Albert Einstein, uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi, scriveva molte lettere. Il prossimo 11 giugno alcune, qualche decina, 25 lotti, andranno all’asta a Los Angeles. E se, nel dialogo con un gesuita, Einstein si poneva la questione dell’esistenza di Dio, in una missiva alla sua prima moglie, Mileva Maric, spiegava le possibili relazioni fra l’idea della relatività, l’elettricità e la forza di gravità e col figlio Hans intesseva dialoghi assai teneri. Dalle lettere traspare inoltre la personalità dell’uomo Einstein, che fu tale da procurargli un’immensa notorietà anche fra la gente comune. Non gli mancava la battuta pronta. Una volta venne a sapere che uno scienziato di scarsa qualità era rimasto ucciso in un incidente d’auto. Disse: «Peccato per il suo corpo». Una volta, all’università di Praga, dove insegnava, gli diedero uno studio affacciato su un giardino. Al mattino ci passeggiavano donne, al pomeriggio uomini, soli o in gruppi. Li osservò per un po’ e poi chiese chi fossero. Erano i pazienti del vicino ospedale psichiatrico. Allora disse: «Quelli sono i matti che non si occupano della teoria dei quanti». Sono episodi riferiti da un collega che lo conosceva bene, Philipp Frank, e che ne scrisse una biografia pubblicata nel 1947 e oggi riproposta in un’eccellente traduzione: Einstein (Castelvecchi, pp. 286, euro 19.50, traduzione di Fernando Rocca). Di Einstein in questi giorni si sta parlando molto, in maniera più o meno divulgativa. Di fatto, della teoria della relatività non ci capisce niente quasi nessuno, e cercare di spiegarla è tanto complicato quanto inutile, salvo che ci si rivolga a esseri di straordinarie capacità matematiche e logiche. Lo stesso Einstein passò parte della sua vita a rispondere alle domande di chi gli chiedeva delucidazioni semplificate. E così parlava per metafore, sapendo benissimo di dare in pasto al pubblico materia di stupore e ulteriore perplessità. Una volta, rispondendo a un giornalista americano, disse: «Prima si credeva che se tutte le cose materiali fossero sparite dall’universo il tempo e lo spazio sarebbero rimasti. Secondo la teoria della relatività, invece, il tempo e lo spazio dovrebbero sparire insieme alle altre cose». È poco più di una battuta, ma se non altro definisce grosso modo la questione: il tempo e lo spazio non sono quello che si era creduto fino ad allora, entità fisse e irreversibili, ma sono in una relazione tale che il movimento determina una variazione del tempo. Come dire: quando un corpo si muove il tempo rallenta. Non sorprende che il lavoro di Einstein fosse allo stesso tempo esaltato e osteggiato, degno del premio Nobel nel 1921 ma anche additato dai molti detrattori come l’ipotesi di un ciarlatano. Un altro volume appena uscito, abbastanza comprensibile anche per i comuni mortali, è quello del suo contemporaneo Ernst Cassirer, La teoria della relatività in Einstein (Castelvecchi, pp.134, euro 14,50, traduzione di Nicola Zippel). Nell’introduzione, il filosofo della scienza Giulio Giorello ricorda come già nel 1910 il grande fisico Max Planck avesse paragonato la teoria della relatività ristretta alla rivoluzione cosmologica operata da Copernico. Non va poi dimenticata la serie di saggi offerti dall’editore Bollati Boringhieri, i più recenti dei quali sono Il significato della relatività e Autobiografia scientifica. Del genio Einstein aveva tutte le caratteristiche: strabiliante disposizione alla matematica, talento per la musica (suonava il violino), capacità di pensiero. S’interessava di tutto, sapeva tutto, capiva in anticipo la direzione dei mutamenti sociali. Famoso come divenne, si trasformò in una delle prime icone pop. Fu nemico dell’autoritarismo e pacifista. Perciò, lui ebreo (nemico dell’ortodossia), se ne andò negli Stati Uniti, mentre in Germania era in corso una svendita dei cervelli. In un certo senso proprio gli americani, con la loro filosofia positivista e pragmatica, han reso omaggio alla figura dello scienziato pop attraverso una serie televisiva tra le più riuscite di sempre, The Big Bang Theory. Così la figura sociale degli uomini di scienza esce umanizzata, fragile, simpatica. Diceva Albert: «La più bella emozione che si possa trovare è quella mistica. Essa è la fonte di ogni arte vera e di ogni scienza. Chi non la conosce e non sa sognare, e essere rapito dallo stupore, è come fosse morto».