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 2015  maggio 20 Mercoledì calendario

Se in Italia a fare il proprio dovere non si passa per onesti, ma per falliti. Lo dice la vicenda dei figli del presidente di Ferrovie Nord, quelli che prendono centoventimila euro di multe, che telefonano e si vestono con la carta di credito aziendale di papà. E nessun contabile, amministratore o revisore, che per mestiere avrebbe dovuto dare uno sguardo ai bilanci, ha parlato perché nessuno si è scandalizzato

Centoventimila euro di multe. Anche a prenderne una al giorno, quanti anni di coscienzioso menefreghismo ci vogliono per metterle insieme? E quale sorgente inesauribile di punti zampillava dalla patente di chi ha continuato, sbadato e imperterrito, a collezionare contravvenzioni? Qui si narrano le gesta dei figli neanche più giovanissimi del presidente delle Ferrovie Nord (FN) di Milano, a cui il babbo aveva dato in uso due auto blu decisamente indisciplinate. Uno dei tanti agi che il satrapo dei pendolari divideva con i suoi cari. Dai telefoni all’abbigliamento, dalla pay-tv alle scommesse sportive. Possibile che nessuno si fosse accorto di niente? Cercheranno di farcelo credere, ma sarà ben esistito un ragioniere che saldava gli estratti conto, un revisore addetto ai controlli, un amministratore che per mestiere avrebbe dovuto dare uno sguardo ai bilanci e invece soffriva di temporanea cecità. Esistevano, ovviamente. Però nessuno ha parlato perché nessuno si è stupito né tantomeno scandalizzato. Perché a tutti appare scontato che, in questa sorta di neofeudalesimo, sopra gli accampamenti dei miserabili si ergano i castelli dei signorotti a cui tutto è concesso e dovuto, compresa la libertà di usare le cose degli altri come proprie e di trasformare il potere da responsabilità a privilegio.
Centoventimila euro. Qualcuno mi spieghi con quale animo stamattina migliaia di italiani andranno a pagare la loro piccola multa dolorosa e solitaria, consapevoli che in Italia a fare il proprio dovere non si passa per onesti, ma per falliti.