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 2015  maggio 19 Martedì calendario

Steve Jobs sul grande schermo con la faccia di Fassbender. Dopo il fallimento di Ashton Kutcher, scelto nel 2013 per vestire i panni del fondatore Apple, l’attore irlandese si trova a dover rilanciare l’immagine discussa del genio portato via nel 2011 da un cancro scoperto nel 2003, nella pellicola firmata da Danny Boyle

«Mi sono seduto in un garage e lì ho inventato il futuro». La voce dura di Michael Fassbender, volto glabro e occhialini tondi a incorniciarne i lineamenti pronunciati, si leva forte, quasi rabbiosa, dal primo trailer di Jobs. Le immagini, rilasciate nella prima mattinata di ieri dalla Universal Pictures, mostrano l’attore alle prese con un ruolo iconico, bistrattato negli anni da tanti, troppi esperimenti passati sotto silenzio.
Dopo il fallimento di Ashton Kutcher, scelto nel 2013 per vestire i panni del fondatore Apple, Fassbender si trova infatti a dover rilanciare l’immagine discussa del genio portato via nel 2011 da un cancro scoperto nel 2003. Vestito a scena, gli abiti scuri e il maglione a collo alto, però, l’attore non dovrà fare i conti con gli anni della gloria, poi con quelli del decadimento fisico. Nella pellicola firmata da Danny Boyle (già premio Oscar per The Millionaire), Fassbender sarà il riflesso di ciò che Steve Jobs è stato nei primi anni della sua carriera, quando il mondo rifiutava di accordare fiducia alla sua indole visionaria. Con sceneggiatura di Aaron Sorkin, una statuetta vinta con The Social Network, Jobs racconterà gli anni duri del fondatore di Apple, scandendoli attraverso il lancio di tre prodotti epocali. Quali, nel trailer diffuso ieri, non viene detto.
Quel che le immagini lasciano intendere è che la cifra innovativa dei tre gioielli della tecnologia diverrà visibile ad occhi mortali solo nel 1998, quando la creatività di Jobs diverrà concreta perché incanalata nel primo iMac. Il resto, dettagli di trama compresi, è avvolto nel mistero, scalfito soltanto dai raffronti fatti con la biografia da cui il film prende il via (Steve Jobs, Walter Isaacson, 2011).
Completo perché eterogeneo, nei pareri e nelle ricostruzioni, la bontà del libro che Isaacson ha scritto sul fondatore Apple non basta però per dimenticare l’uso spropositato che, dalla sua morte ad oggi, è stato fatto dell’immagine di Jobs. Interviste, libri, film e poi altri film. Steve Jobs, un’indole che sicuramente si presta ad essere interpretata in modi molteplici, è stato indagato così a fondo che viene da chiedersi cosa di nuovo il film di Danny Boyle abbia da dire. Tanto più che la sua genesi, iniziata anni fa, è travagliata come mai prima nella storia del cinema.
La regia, difatti, è passata dalle mani di David Fincher a quelle di Danny Boyle; il ruolo di protagonista da quelle di Leonardo DiCaprio a quelle di Christian Bale, infine è arrivato a quelle di Michael Fassbender. Che, certo, potrà dare alla pellicola un contributo decisivo. Sebbene il cast di Jobs sia stellare (ci sono anche Kate Winslet e Jeff Daniels), è l’attore irlandese a suscitare nel pubblico le speranze più grandi.
Carismatico e versatile, Fasbbender si è conquistato fama e onori nel 2009, unendosi agli Inglourious Basterds di Quentin Tarantino. Di lì in poi non si è più fermato, macinando successi che, negli ultimi anni, lo hanno portato ad essere uno dei volti più ambiti del cinema d’oltreoceano.
Oltre a Jobs, in uscita tra qualche mese, Fassbender ha trovato il tempo per registrare il Macbeth, rivisitarlo senza mancare di rispetto alla tradizione e poi portarlo a Cannes 68, da dove ha fatto sapere di non essere intenzionato a mollare la parte di Magneto (X-Men: Apocalypse uscirà nei cinema statunitensi il 26 maggio 2016) seppur il contratto preveda l’addio.