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 2015  maggio 18 Lunedì calendario

La sfida di Zoro in prima serata, «per raccontare la politica col mio stile, un po’ punk e un po’ jazz». Dal 22 maggio su Raitre Gazebo in prime Time. Intervista a Diego Bianchi, ex militante oggi «elettore perplesso», blogger, regista, cronista, seguito da una community fedele e attivissima

Stima Paolo Cirino Pomicino, «perché ha 80 anni, viene dalla vecchia Dc e sa usare Twitter», gli dispiace quando i politici cercano «l’effetto simpatia», ha perso la passione ma è curioso. Diego Bianchi, 45 anni in arte Zoro, ex militante oggi «elettore perplesso», dal 22 maggio trasloca con Gazebo in prima serata su RaiTre. Metterà giacca e cravatta? Lo sguardo è fisso. «Sta scherzando, vero?». Blogger, regista, cronista, furetto da retroscena, seguito da una community fedele e attivissima, Zoro è tante cose insieme.
Va bene, niente giacca e cravatta. Ma per conquistare il grande pubblico vi snaturerete?
«Assolutamente no. Ci saranno reportage come nelle seconde serate, musica dal vivo, ospiti (tra i primi, Antonio Albanese). La formazione è la stessa: io Andrea Salerno, Marco Damilano, Marco D’Ambrosio in arte Makkox, Mirko il taxista Missouri 4. La prima intervista sarà al sindaco di Lampedusa Giusy Nicolini: l’immigrazione è un tema su cui vogliamo tornare».
Da programma “clandestino” alla prima serata. È preoccupato?
«Ho capito che dovrei esserlo, me lo chiedono tutti. Ma non lo sono, l’incoscienza fa parte del nostro modo di lavorare che è un po’ punk un po’ jazz, molto improvvisato».
Com’è la politica vista da vicino?
«La sensazione è che la classe dirigente – non lo dico da opinionista ma da elettore di mezza età – sia molto meno autorevole. Una volta provavo un certo affetto, oggi no».
Detto da lei, elettore del Pd, ex bambino militante, fa un certo effetto.
«Andavo in sezione, leggevo l’Unità, non voglio fare il nostalgico, ma una volta il partito, la sinistra, era una certezza. Oggi mi ritrovo a non avere un’appartenenza partitica, non so cosa voterò. Se me l’avessero detto a 25 anni non l’avrei creduto possibile... Ma professionalmente è una manna».
Da elettore disorientato è in buona compagnia.
«L’ho capito facendo il programma. Tanti hanno più dubbi che certezze, Gazebo offre la politica senza filtri, è interessante per questo: ti fai un’idea».
Maestri del retroscena, i vostri video sono usati come prove. Sente la responsabilità?
«Siamo lì dove succedono i fatti, ci mescoliamo. Finiamo nelle agenzie, i politici commentano quello che diciamo. Il rischio di essere usati è sempre altissimo, ma è reciproco, basta saperlo e non c’è il pericolo di falsare un racconto».
La classifica Twitter è un momento atteso. I politici hanno capito che è un’arma a doppio taglio?
«Sui social network c’è una produzione tale che si fatica a scegliere. Twitter è delicato se hai un ruolo pubblico, per vanità o ignoranza c’è chi lo usa come un ragazzino. Molti non l’hanno capito e molti fanno i loro calcoli».
Inviterà i politici?
«Non credo. Mi preoccupa essere usato, Renzi in questo è maestro. Volevamo fargli tre domande serie, nel periodo in cui ha fatto campagna elettorale è andato ovunque tranne che nella nostra trasmissione. Quest’anno ha avuto il colpo d’ingegno e di fortuna di passare davanti al taxi di Mirko, ha bloccato il corteo. Mirko ha avuto un attimo di sbandamento, è diventato il più renziano dei renziani».