La Stampa, 18 maggio 2015
Djokovic batte senza problemi Federer e conquista per la quarta volta gli Internazionali di Roma. Il pericolo più grosso il tennista serbo l’ha corso aprendo la bottiglia di champagne, quando si è tirato il tappo sul naso. una finale freddina (6-4 6-3), poco emozionante, costruita su scambi corti - servizio, risposta, poco altro – peraltro quasi tutti vinti da Nole
Il pericolo più grosso Novak Djokovic l’ha corso alla fine. Anzi, dopo la fine, quando aprendo la bottiglia di champagne (marca Moet & Chandon, storico sponsor di Federer, sia detto per la gioia dei retroscenisti) si è tirato il tappo sul naso. Una sbadataggine che ha rischiato di costargli un occhio della testa.
Finale fredda e veloce
Un prezzo troppo alto da pagare anche per vincere il quarto titolo romano, scippato in scioltezza a Roger Federer in un’ora e un quarto di una finale freddina (6-4 6-3), poco emozionante, costruita su scambi corti – servizio, risposta, poco altro – peraltro quasi tutti vinti da Nole. Come se, invece che la poca e malmessa terra del centrale, sotto i piedi dei numero 1 e numero 2 del mondo ci fosse solido cemento.
«Devo continuare così»
È stata fra l’altro la partita meglio giocata e meno faticata della settimana per Nole, che al Foro era arrivato dopo tre settimane di relax e con qualche tossina sparsa nel suo corpo bionico e gluten free. Pian piano è entrato in forma, e in semifinale ha rullato Ferrer; ieri, davanti ad un pubblico da record (193.940 gli spettatori complessivi) che forse si aspettava qualcosina di più, ha dimostrato tutta la distanza che al momento c’è fra lui e il più vicino e nobile degli inseguitori. Il suo è un dominio che non conosce confini, anche per mancanza di autentici antagonisti: sul cemento ha vinto gli Australian Open, poi Miami e Indian Wells, quindi si è divorato altri due Masters 1000 sulla terra di Montecarlo e Roma. E per premiarlo ieri si è disturbata anche la ministra Boschi, a cui forse il piglio monocratico di Novak ricorda un po’ quello di Matteo Renzi.
«Questa è la migliore stagione della mia carriera insieme al 2011», ha ammesso il Joker, arringando in perfetto italiano il Centrale. «Non mi sento invincibile, perché nel tennis le situazioni possono cambiare velocemente. La mia priorità ora è Parigi: lì sono già arrivato vicino alla vittoria, ora devo solo continuare su questa strada». Roma in fondo, oltre che il 24° titolo Masters 1000 della carriera (davanti ha solo Nadal con 27), per lui è stato soprattutto un allenamento di lusso, una rifinitura in vista dell’unico Slam che gli manca: al Roland Garros, con Nadal mentalmente sdrucito e Federer per ora sottomesso, si stenta davvero a immaginare chi potrà fermarlo.
Foro, nuovi progetti
Per Federer, elegante come sempre ma a tratti un po’ fané, il Foro resta stregato: quattro finali giocate negli ultimi 12 anni, quattro sconfitte. «Avrei potuto fare meglio, ma Novak è stato molto bravo», ha spiegato. «Il Roland Garros? Non si possono dimenticare 10 anni di Nadal, poi lì si gioca 3 set su 5». A chi invece gli chiedeva un parere sul progetto di traslocare in futuro gli Internazionali a Fiumicino (secondo il Presidente Fit Binaghi e quello del Coni Malagò «al Foro non ci stiamo più») ha espresso un dubbio meno diplomatico: «non so se questa ricerca del più grande a tutti i costi sia una scelta intelligente per il tennis. Se ne parla anche per Miami e Parigi, al Foro però mi pare che di spazio ce ne sia abbastanza». Risposta vincente. Di quelle che, ahinoi, sul campo gli riescono sempre più di rado.