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 2015  maggio 18 Lunedì calendario

Matteo Salvini parla dei contestatori che provocano guerriglie urbane a ogni suo comizio: «Sono dei protettori armati del renzismo. Hanno sassi, randelli, bombe carta. E con quell’attrezzatura, fanno il gioco del presidente del Consiglio». Sui Rom ribadisce: «Con quattro milioni di italiani in difficoltà, credo non possiamo permetterci di pagare le bollette degli immigrati. I campi abusivi andrebbero, appunto, spianati per trasformarli in spazi utili a tutti»

Salvini, lo ammetta: lei provoca.
«No. Ho le idee chiare e non vedo l’ora di metterle in pratica, una volta al governo. Però mi creda: prima di quel giorno vorrei non essere costretto a schivare sassi, ortaggi, uova e bombe carta. Per questo le Regionali saranno un referendum: tra democrazia e protettori armati del renzismo».
Il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, a metà giornata è a Ortovero, nell’entroterra savonese. Un’oasi: lì non ci sono contestatori. Tutto tranquillo. Strano: nelle ultime settimane (mesi) ogni suo comizio, da Nord a Sud, ha innescato scene di guerriglia urbana provocate, perlopiù, dai militanti dei centri sociali.
Che significa «protettori armati del renzismo»?
«Significa che ci sono persone armate di sassi, randelli, bombe carta e altro. E con quell’attrezzatura, fanno il gioco del presidente del Consiglio».
I contestatori sono mandati da Renzi?
«Non credo che ci sia un suo ordine. Ma ottengono il risultato, ogni volta, di non consentire di parlare dei problemi veri e drammatici, ma soltanto dei disordini. Di certo, questi disadattati sono organizzati e protetti dalla sinistra. Peccato che abbiano fatto male i loro calcoli. Ai miei comizi c’è sempre una marea di persone».
Renzi ha ritwittato la solidarietà che le ha espresso il deputato pd Emanuele Fiano. Non conta nulla ?
«Ringrazio, davvero. Però, mi piacerebbe che lui facesse qualche cosa. Le persone che vengono a fare casino ai miei comizi sono tutte note, una per una, alle questure. Però non succede mai nulla. Il premier cominci a chiudere tre o quattro centri sociali. La solidarietà la sentirei meglio».
Lei però usa un linguaggio spesso fuori dalle righe. Tosi la chiama «arruffapopolo».
«Io dico e penso quello che dice e pensa la maggioranza degli italiani. Sa chi mi sta sulle scatole ancora più dei lancia-pomodori? Certi intellettuali, certi pensatori raffinati, certi cantanti e artisti, tutti paladini della democrazia. Che giustificano sempre chi impedisce la democrazia: “Sì, ma Salvini...”, “Salvini, però... “. Mi creda: se tirassero anche soltanto un popcorn ad Alfano, io sarei contro chi lo tira. Senza ma e senza però».
Salvini come Voltaire. Ma chiamare «zecche rosse» gli avversari è giusto?
«Come vuole chiamare certi parassiti della società, figli di papà che non avendo niente da fare lanciano bombe carta nelle piazze con mamme e passeggini?».
Non pensa che il suo linguaggio aizzi certe reazioni? Non potrebbe contenersi?
«Ma lei ci crede a quel che dice? Guardi che se io domani andassi in una parrocchia a fare beneficenza o andassi a inaugurare una scuola, sarebbe esattamente la stessa cosa. A Imperia mi hanno tirato le uova, ma io ero stato invitato dai lavoratori della Agnesi che rischiano il posto. Eppure, anche lì, i soliti quattro sfigati a gridarmi razzista, fascista… Dico sfigati perché soltanto degli sfigati, per difendere la loro idea, hanno bisogno di tirare un sasso o un petardo. Deve valere davvero poco quell’idea...».
«Le ruspe», a proposito dei campi nomadi, non è un’immagine poco felice?
«Con quattro milioni di italiani in difficoltà, credo non possiamo permetterci di pagare le bollette di immigrati e rom. I campi rom abusivi andrebbero, appunto, spianati per trasformarli in spazi utili a tutti».
L’attrice e attivista Dijana Pavlovic l’ha invitata a bere «un caffè e un bicchiere d’acqua fresca» per discutere dei problemi legati alla presenza dei rom. Ci andrà?
«Certo che ci andrò. Io per parlare ci sono sempre. Non posso il 24 maggio, quel giorno sono sul Piave. E poi, meglio aspettare fino a dopo le elezioni. Se ci vado prima, dicono che io provoco. Comunque, spero prima o poi di parlare anche con Renzi».
Un confronto pubblico?
«Certo. Non chiedo di meglio che un’ora di faccia a faccia con lui in una piazza, un teatro, una televisione. Per parlare di tutto, di fronte a tutti. Non chiedo altro».