La Stampa, 14 maggio 2015
Prima uccide la madre e poi si fa tatuare sul braccio la scritta: «Neanche la morte ci potrà separare: ti amo». Dopo un mese e dodici giorni di lutto condiviso con famiglia e amici, un diciassettenne confessa di aver strangolato la mamma: «Mi angustiava con i suoi continui rimproveri»
Per giorni è riuscito a tenere il segreto per sé e a dissimulare la terribile verità. È andato a scuola, è uscito con gli amici, ha condiviso il lutto con i familiari. Finanche un tatuaggio con la scritta «Neanche la morte ci potrà separare: ti amo mamma», si è fatto incidere sul braccio per allontanare ogni sospetto da sé. Alla fine, però, un ragazzo di soli 17 anni, F. M. I., ai magistrati e al padre ha confessato tutto: «Sono stato io ad uccidere la mamma, mi angustiava con i suoi continui rimproveri».
A un mese e 12 giorni si chiude così, in maniera clamorosa, la morte di Francesca Schettini, insegnante di musica di 53 anni, che lo scorso 1 aprile era stata ritrovata cadavere all’ingresso della villetta di famiglia, a Donnici, paese in provincia di Cosenza.
In un primo momento, passa per buona la versione che lo stesso ragazzo dà agli inquirenti, ovvero che la donna fosse morta per un malore, a seguito del quale è caduta dalle scale e si è rotta l’osso del collo. Madre e figlio si trovano insieme da soli a casa quella mattina ed è proprio lui a chiamare il 118 e a dare le prime spiegazioni alle forze dell’ordine. Il papà è impiegato in un ufficio di Cosenza, il fratello maggiore di 19 anni quel giorno non è in casa, entrambi i ragazzi – fratelli dalla nascita e italiani di nazionalità – sono stati adottati dieci anni fa in una casa accoglienza di Cosenza dalla coppia di Donnici.
Qualcosa, però, del racconto del giovane non convince i magistrati e la squadra Mobile della Questura di Cosenza, che piazzano microspie nella villa di famiglia ed attendono i risultati dell’autopsia. Trascorrono i giorni e i pezzi della storia iniziano, drammaticamente, a ricomporsi in maniera diversa dalla versione del minore. La prima svolta avviene a circa venti giorni dalla morte di Patrizia Schettini, quando il ragazzo – in una conversazione con il padre – ammette di aver aggredito la madre. Il giovane, si scoprirà in seguito, è un ragazzo impegnativo, sfugge al controllo dei genitori, nell’ordinanza viene descritto come una persona fredda e lucida, duro nella sua crudeltà.
Nel frattempo arrivano i risultati dell’autopsia che chiariscono il fatto che la donna non sia affatto morta per un incidente domestico, al contrario sono ben visibili sul collo i segni di uno strangolamento avvenuto a mani nude. Il ragazzo viene sottoposto a un secondo interrogatorio e inizia a fare le prime ammissioni, raccontando che la madre lo sgridava troppo spesso e che in un raptus l’avrebbe semplicemente spinta per le scale. Pare che la lite sia nata da un brutto voto rimediato dal minore al liceo magistrale che frequenta a Cosenza. Il tentativo di sostenere un omicidio preterintenzionale è però in contrasto con gli elementi raccolti dalla Polizia e ieri arriva l’ordinanza di arresto per omicidio aggravato dai futili motivi