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 2015  maggio 14 Giovedì calendario

Assemblea dell’Eni, la sfuriata di Beppe Grillo — intervenuto con due azioni per delega — che se l’è presa con «la gestione scellerata» che nasconderebbe «la strategia di svincolare l’Eni da qualsiasi controllo pubblico e gettarlo in pasto ai privati». Accuse ribattute dal ceo Descalzi: «Il modello è l’esatto opposto, ci siamo fatti conoscere e accettare, in Nigeria 10 direttori su 11 sono nigeriani»

Il prezzo del barile non fa più paura all’Eni che «alle quotazioni di 63 dollari prevede di aumentare il cash flow del 25% in quattro anni» ma può reggere bene anche a 60 dollari, in attesa che il trend torni in rialzo «fino a raggiungere i 70 dollari che prevediamo nel 2016». Claudio Descalzi, il ceo della major petrolifera, ha battuto il tasto del riposizionamento del gruppo al nuovo scenario del mercato nell’assemblea che ieri all’Eur ha approvato il bilancio e la distribuzione del dividendo a saldo di 56 centesimi (1,12 euro con l’acconto di settembre) che andrà a remunerare con 1,12 miliardi la Cdp (25,7% la quota ) e il Tesoro (4,3%), i due maggiori soci intervenuti assieme alla Bank of China che ha arrotondato al 2,53%.
È stata una maratona protrattasi fino al pomeriggio quella del Cane a sei zampe. Il momento più animato è stata la sfuriata di Beppe Grillo – intervenuto con due azioni per delega – che se l’è presa con «la gestione scellerata» che nasconderebbe «la strategia di svincolare l’Eni da qualsiasi controllo pubblico e gettarlo in pasto ai privati». Il leader del M5S ha annunciato che i parlamentari del gruppo chiederanno una commissione d’inchiesta su Eni e Saipem per i coinvolgimenti nelle inchieste per corruzione in Algeria e Nigeria e ha accusato la società di «aver messo in piedi un sistema di corruzione internazionale» e di «depredare» i Paesi africani. Accuse ribattute da Descalzi – «il modello è l’esatto opposto, ci siamo fatti conoscere e accettare, in Nigeria 10 direttori su 11 sono nigeriani» – e dalla presidente Emma Marcegaglia – «il nuovo cda segna una chiara discontinuità».
Descalzi, che ha annunciato ulteriori efficienze per 500 milioni entro l’anno, si è soffermato sulla Saipem: «Non è detto che usciremo e non vogliamo uscire del tutto, ma deconsolidare il debito che copriamo per 4,6 miliardi su 13,7 con un ritorno di qualche punto percentuale». Risorse che se messe nell’upstream «darebbero un ritorno del 20%». Sulla Saipem si è tenuta ieri l’udienza preliminare al Tribunale di Milano da cui è emerso che Paolo Scaroni, tra gli imputati per la presunta tangente da 198 milioni di dollari che sarebbe stata versata da Saipem in Algeria, sarà interrogato il 12 giugno, mentre ha chiesto il patteggiamento l’ex manager Tullio Orsi. Rigettata – è l’altra novità – la richiesta della Sonatrach di costituirsi come parte offesa.
Descalzi ha anche difeso la scelta di restare in Libia, ricevendo il ringraziamento della Libyan investment authority intervenuta all’assemblea con poco più dell’1%, e ammesso che sulle attività retail di Eni gas & power «stiamo facendo dei ragionamenti» ma non c’è a breve uno spin-off o una ipo in Borsa.