Corriere della Sera, 14 maggio 2015
La classifica dell’Expo: i padiglioni in dodici punti. L’Albero della Vita, lo «scivolo», il campo hippy. Dopo 10 giorni, 15 incontri a #CasaCorriere e 120 chilometri dentro Expo2015 (misurati con il contapassi dell’iPhone), ecco qualche indicazione di visita
1 Categoria Coerenza:
Padiglione Zero, Vaticano, Svizzera
Il tema di Expo2015 è «Nutrire il pianeta – Energia per la vita». Diversi Paesi hanno solo sfiorato il tema, altri l’hanno bellamente ignorato (alcuni sembrano allestiti dall’ufficio nazionale del turismo). C’è però chi ha centrato l’obiettivo. Più di tutti, e prima di tutti, il poderoso, emozionante Padiglione Zero, che introduce all’esposizione. Sul podio anche la Santa Sede e la Svizzera. La prima ha speso poco per dire molto (il muro della de-creazione, il tavolo della condivisione, un Tintoretto con gli apostoli palesemente sbronzi). La Confederazione ha speso molto per raccontare una sola cosa: la scarsità delle risorse alimentari. Coerenza elvetica.
2 Categoria Leggerezza:
Austria, Regno Unito, Giappone
Metà del padiglione austriaco è un bosco. Scenografico, verde e fresco (5 gradi in meno rispetto all’esterno). «Respira l’Austria», il motto. Senza cibo e acqua, non si sopravvive; senza aria, non si vive. Ispirazione simile per il Regno Unito, che ha riprodotto un alveare (con suoni, luci e un collegamento con l’università di Nottingham). Entrando ci si ritrova tra l’erba ad «altezza ape». Soave, elegante e lieve il padiglione del Giappone: risaie tecnologiche e griglie tridimensionali in legno di leccio (meno leggero il prezzo del ristorante).
3 Categoria Sera d’estate:
Olanda, Angola, Argentina
L’Olanda ha optato per un non-padiglione, ricreando un allegro accampamento hippy, con furgoncini, sedie, ombrelloni. La domanda più comune tra i visitatori è: «Cosa si sono fumati?». L’Angola è tra le sorprese: colorata, festosa, ottima zuppa di gamberi sulla terrazza (chiudono presto, però). Nel padiglione argentino dove si parla lodevolmente dell’apporto agricolo dell’immigrazione italiana, dominano ritmo e percussioni. Ragazzi indiavolati battono ogni cosa a disposizione. Attenzione quindi, potreste finire suonati.
4 Categoria Bella di notte:
L’Albero della Vita, Kuwait, Ecuador
L’Albero della Vita, di giorno, è significativo; di notte diventa spettacolare. L’opera di Marco Balich è il simbolo indiscusso della manifestazione, il più ammirato e fotografato. A cose fatte, si parla di metterlo al centro di piazzale Loreto, che diventerebbe Piazzale Expo (per l’occasione potrebbe adottare una rotatoria meno cervellotica); ma l’idea è troppo semplice e sensata, non passerà. Posti d’onore a Kuwait (architetto Italo Rota, magnifiche vele illuminate) e Ecuador (esibisce più colori dell’intera Europa centro-orientale, e la musica a pianterreno non è male).
5 Categoria Cinque sensi:
Francia, Marocco, i Clusters
Non abbiamo soltanto gli occhi, ma anche naso, orecchi e palato. I transalpini, a differenza di altri, se ne sono ricordati. Al padiglione Francia – un’ampia, spettacolare grotta in legno – s’accede attraverso un labirinto vegetale. Dentro, profumo di pane, poi di lavanda. Suoni dei monti dove si produce il formaggio e sciacquio d’acqua nei torrenti (Evian!). Anche nel Marocco-versione-Rho/Pero si passeggia tra profumi di rose, rumore del mare, aria calda del deserto. Nei cluster tematici – alcuni in ritardo – odore di caffè, cacao, spezie e cereali. Camminare stanca, ma annusare rilassa.
6 Categoria Lontano dagli occhi, lontano dal cuore:
Slow Food, Cascina Triulza, Bio-Mediterraneo
C’è un’Expo affollata e caotica, piena di code e selfie, balli e baccano, proposte e provocazioni. E c’è un’Expo luogo di silenzio e tranquillità. Lontana dagli occhi, lontana dal cuore. Gli Orti di Slow Food sono armoniosi, istruttivi e interattivi: ma stanno all’entrata est, agli antipodi da metro e treni. Per arrivarci, si percorre tutto il decumano (1.700 metri). Very slow, magari senza food: molti visitatori non hanno forza, voglia o tempo di fare la strada. Stessa sorte per Cascina Triulza – che ospita organizzazioni di servizio e non profit – e per il Bio-Mediterraneo: più contenuti che visitatori, peccato.
7 Categoria ArchiTech:
Emirati Arabi, Palazzo Italia, Banca Intesa
L’architetto Norman Foster ha utilizzato vetro e sabbia per ricreare le dune del deserto: l’effetto – la sera dall’alto, di giorno contro il cielo azzurro – è mozzafiato. All’interno Sara, adolescente tridimensionale, spiega quanto e come sono cresciuti gli Emirati, lottando con la scarsità d’acqua. Bella favola, grandi mezzi, buona organizzazione: sono qui le code più lunghe. L’iconico Palazzo Italia, sul cardo, ospita una mostra sulla nostra grande bellezza, attraverso un gioco di specchi; il cibo, diciamo, è solo co-protagonista. Impeccabile è il padiglione bianco di Banca Intesa, opera dell’architetto Michele De Lucchi (lo stesso del Padiglione Zero). L’impressione, però, è che non abbiano – ancora – capito fino in fondo come sfruttarlo, e il pubblico sembra essersene accorto.
8 Categoria Ristor-Azione:
Corea del Sud, Uruguay, Stati Uniti
Sabato sera il ristorante della Corea era gettonato quanto un McDonald’s ai tempi d’oro. Orde di lombardi (la maggior parte), italiani (tanti) e stranieri (qualcuno) pronte a farsi mezz’ora di coda per assaggiare il kimchi, piatto tradizionale di verdure fermentate. Vale la pena? Certo: il padiglione coreano, tra l’altro, è uno dei migliori in assoluto (armonioso, sorprendente, con un messaggio chiaro). L’Uruguay ha puntato su carne alla griglia e comodità: si mangia seduti e serviti, dopo ore di marcia è un lusso (a Eataly ottimi ristoranti, ma self-service aeroportuale). Gli Usa hanno puntato su una batteria di food trucks (camioncini che vendono cibo). Il migliore lobster roll (panino con aragosta) di Milano! Ma i prezzi non sono quelli del Maine.
9 Categoria Vi faremo sapere:
Ungheria, Polonia, Vietnam
L’inaugurazione di questi padiglioni – a loro insaputa? – lascia perplessi. Porte aperte al pubblico, ma poco da vedere. Belle strutture esterne, originali e d’impatto, non bastano. Il padiglione dell’Ungheria vuole riprodurre l’Arca di Noé; dentro, invece delle specie animali, un pianoforte e qualche foto. La Polonia esibisce qualche video e molte cassette di frutta, vuote. Il Vietnam propone una sinfonia di bambù all’esterno; all’interno, la cortesia dei giovani addetti, e poco altro. Restano cinque mesi e mezzo: forza e coraggio.
10 Categoria Expo 1985:
Turkmenistan, Iran, Russia
Stanchi di tecnologie e strutture futuristiche? Visitate il padiglione turkmeno. Un viaggio nel tempo: si torna indietro di trent’anni! Una gigantografia giovanile del presidente Gurbanguly Berdimuhamedow accoglie i visitatori. Poi tappeti a parete, abiti tradizionali, mappe, una sala con la scritta Vip e la porta dorata. In esposizione, invece dei prodotti tipici, taniche di benzina. L’Iran riproduce una collinetta dominata dal rosmarino, suddiviso in ordinate aiuole. Casa Russia sembra una portaerei, all’esterno: una fantasia putiniana di sicuro effetto. All’interno la tavola periodica degli elementi (ideata del chimico russo Dmitrij Mendeleev) e un cicchetto di vodka. Back in Urss, canterebbero i Beatles.
11 Categoria Puer Aeternus:
Brasile, banda di Foody, Germania
Alcune proposte si rivelano irresistibili per i ragazzi (e non solo). È il caso del Brasile: la lunga rete sospesa sulle specie vegetali è forse un’allegoria della precarietà dell’ambiente naturale: ma ogni scolaresca vuole salirci e saltare (anche perché è vietato). Ai bambini e agli stranieri (non tutti) piace la chiassosa banda di Foody, che più volte al giorno percorre il decumano (un incubo colorato per chi lavora in zona). Sul podio della categoria, una sorpresa: il padiglione della Germania. Una volta saliti, si può scendere dalle scale o dallo scivolo. Molto popolare, soprattutto tra gli adulti di una certa età.
12 Categoria De gustibus:
Lombardia, Repubblica Ceca, Kazakistan
Non bisogna vergognarsi di sorridere, a Expo. E neppure di ridere. Tra le cose più improbabili, le divise degli anfitrioni al padiglione del Kazakistan, dove cantano da mattina a sera. Tra le apparizioni più surreali, la scultura posta di fronte alla Repubblica Ceca: un incrocio tra un passerotto e un’automobile americana (ma la birra è ottima e la piscina piace). Il gradino più alto del podio va tuttavia al padiglione (?) della Regione Lombardia, che è tra i padroni di casa. Una stanza male illuminata (ologrammi medioevali, tavoli di plastica) dentro un parallelepipedo di cemento. Sembra il mausoleo che una famiglia brianzola di molti mezzi e poco gusto s’è preparata al Monumentale di Milano. Francamente, noi lombardi possiamo fare di meglio.