Corriere della Sera, 14 maggio 2015
Ultime (assurde) notizie dalla Corea del Nord. La colpa del generale Hyon Yong-chol, ministro nordcoreano delle forze armate, sarebbe stata di essersi addormentato durante una manifestazione presieduta dal capo del regime, Kim Jong-un. Accusato di tradimento e condannato a morte, Hyon Yong-chol, 65 anni, sarebbe stato messo non davanti a un semplice plotone di esecuzione, ma nel mirino di un cannone antiaereo
La colpa del generale Hyon Yong-chol, ministro nordcoreano delle forze armate, sarebbe stata di essersi addormentato durante una manifestazione presieduta dal capo del regime, Kim Jong-un. Accusato di tradimento e condannato a morte, Hyon Yong-chol, 65 anni, sarebbe stato messo non davanti a un semplice plotone di esecuzione, ma nel mirino di un cannone antiaereo. Testimoni della fine brutale riservata al ministro un centinaio di persone convocate al poligono di tiro di Pyongyang. Questa notizia è stata diffusa a Seul dai servizi segreti sudcoreani. L’intelligence della Corea del Sud sostiene di avere ricevuto conferme da diverse fonti. Il ministro è stato citato per l’ultima volta dalla stampa di Pyongyang il 29 aprile: l’esecuzione con il fuoco della contraerea sarebbe avvenuta il 30 aprile.
Le voci dalla Nord Corea sono impossibili da confermare autonomamente per la stampa internazionale e anche i servizi segreti si basano su informazioni di seconda mano e incappano in errori. Nel 2010, per esempio, gli agenti di Seul non credettero a intercettazioni radio che annunciavano un cannoneggiamento nordcoreano, che invece avvenne con perdite di vite tra i civili. Nel 2011 scoprirono che il «caro leader» Kim Jong-il, padre dell’attuale dittatore, era morto solo giorni dopo il decesso, quando Pyongyang diede l’annuncio. I servizi sudisti però si sono rifatti nel 2013, quando rivelarono l’esecuzione di Jang Song-thaek, zio di Kim e numero due del regime, diverse settimane prima della conferma dei nordcoreani.
Sulla fine di Jang si diffusero poi versioni sfrenate: bruciato con un lanciafiamme o dato in pasto a un branco di cani. Sono proprio queste voci, unite alla coreografia assurda che circonda Kim Jong-un, a far dubitare di ogni informazione che arriva dalla Nord Corea, compresa quella sul cannone per giustiziare il ministro.
In passato, altre esecuzioni pubbliche sarebbero state inscenate per punire i cantanti di una band pop, colpevoli di aver girato film pornografici: legati a pali al centro dello stadio di Pyongyang e mitragliati davanti alla folla. Tutto però è avvolto in una nebbia impossibile da penetrare: i servizi segreti cercano di screditarsi e intossicarsi a vicenda.
Anche le innumerevoli immagini propagandistiche del dittatore Kim, con capelli imbrillantinati e pantaloni a zampa di elefante che ispeziona le truppe, indica con il dito il bersaglio da centrare, controlla con il binocolo le grandi manovre del suo esercito, sorride per il lancio di missili, contribuiscono a questo clima di incredulità. E quelle foto involontariamente comiche di un giovanotto obeso, fanno addirittura passare in secondo piano il rapporto delle Nazioni Unite sui crimini contro l’umanità commessi in Nord Corea. Eppure la relazione Onu sottolinea che le testimonianze dei profughi evocano reazioni di choc simili a quella per la scoperta dei lager nazisti alla fine della Seconda guerra mondiale.
Nel dossier, un ex prigioniero riferisce di aver visto una donna costretta ad annegare il figlio in un secchio e un altro giura di aver raccolto e bruciato i corpi dei detenuti morti per fame e sfinimento. Usando foto satellitari dei campi di concentramento al Nord, gli esperti dicono che la popolazione dell’arcipelago gulag nordcoreano è scesa da 200 mila a 120 mila negli ultimi anni: il sospetto è che molte migliaia siano morti. Il giudice Onu che ha curato il rapporto sui crimini contro il popolo nordcoreano ha concluso: «Ora il mondo non può più dire di non sapere. Il regime dei Kim per mantenere il potere ha consapevolmente condannato alla fame milioni di persone e ne ha imprigionato migliaia e migliaia».