13 maggio 2015
La proposta di legge sul Reddito di Cittadinanza presentata dal M5s prevede che tutti, cittadini italiani ed europei maggiorenni, abbiano assicurata una quota di 780 euro mensili. Un reddito minimo che corrisponde a un’operazione da 17 miliardi l’anno. Ma c’è molta confusione su quale tipo di strumento utilizzare, quanto costa e chi devono essere i beneficiari
Negli ultimi mesi si è parlato molto di “reddito di cittadinanza”, in particolar modo dopo la marcia Perugia-Assisi con cui il Movimento 5 stelle ha chiesto al Parlamento di approvare la propria proposta di legge. Molte forze politiche, da Sel a Pippo Civati passando per la minoranza del Pd, si sono dette disponibili a discutere con il M5s di un provvedimento che dia un sussidio di 780 euro a chi vive sotto la soglia di povertà, ma c’è molta confusione su quale tipo di strumento utilizzare, quanto costa e chi devono essere i beneficiari [Capone, Fog 12/5/2015].
La proposta di legge sul Reddito di Cittadinanza presentata dal M5s prevede che tutti, cittadini italiani ed europei maggiorenni, abbiano assicurata una quota di 780 euro mensili. Un reddito minimo, appunto, che corrisponde a un’operazione da 17 miliardi l’anno [Della Sala, Fat 12/5/2015].
Il sussidio è condizionato ad alcuni obblighi come non rifiutare più di 3 offerte di lavoro trovate dai centri per l’impiego, frequentare corsi di formazione e fare lavori socialmente utili per otto ore settimanali. Inoltre non è individuale, ma basato sul nucleo familiare: non vengono dati sussidi fino a 780euro a ognuno, ma vengono ridotti se più aventi diritto fanno parte dello stesso nucleo familiare [Capone, Fog 12/5/2015].
«È destinato a chi perde il lavoro, a chi non lo raggiunge. Sono 780 euro al mese, ma varia a secondo del numero dei componenti familiari. Penso a una coppia con figli, lei casalinga: gli si potrà garantire 1.200-1.300 euro. Nel frattempo chi ne usufruisce segue un percorso con lo Stato. Gli si offrono due-tre lavori, se non li accetta, perde il reddito. Cambierà anche il rapporto con lo Stato, i sindacati, le imprese: un conto è che puoi licenziare con il Jobs act che si abbatte come una scure con alle spalle il reddito di cittadinanza, un altro conto senza. Dobbiamo tenere presente una cosa: in Italia solo il 40% delle persone ha un reddito da lavoro, il 30% sono figli, persone a carico, il 20% vive da reddito indiretto – con le pensioni – e il 10% con i sussidi» (Grillo al Corriere della Sera 4/5/2015).
Pd e Sel, che si sono detti disponibili al dialogo, ritengono che 780 euro siano troppi: Sel ne propone 600 euro a disoccupati e precari con un reddito inferiore a 8 mila euro l’anno, modulato in base ai familiari a carico. È invece di 500 euro mensili, incrementato di un terzo per ogni familiare a carico, quello proposto dal Pd [Della Sala, Fat 12/5/2015].
Una proposta tanto semplice quanto insostenibile in Italia: dare 500 euro mensili ai circa 50 milioni di maggiorenni costerebbe 30 miliardi l’anno. Più realistiche le ipotesi di un reddito minimo garantito a chi ne percepisce uno insufficiente [Maroni, Fat 13/5/2015].
Il Movimento 5 stelle prevede di recuperare i 17 miliardi annui attraverso 600 milioni di tasse sul gioco d’azzardo, 1,2 miliardi di nuove tasse sulle imprese petrolifere, 1,1 miliardi di riduzione dei costi della politica, 4,5 miliardi di risparmi dall’acquisto di beni e servizi dell’amministrazione pubblica, una patrimoniale da 4 miliardi, 740 milioni dal taglio delle pensioni d’oro, 3,5 miliardi dal taglio delle spese militari, 600 milioni dall’8 per mille e altri 600 milioni da banche e assicurazioni. Ma molte di queste coperture semplicemente non esistono [Capone, Fog 12/5/2015].
Per non restare fuori dal dibattito, il governatore lombardo Roberto Maroni ha annunciato di voler «introdurre in Lombardia la prima sperimentazione del reddito di cittadinanza», destinandogli 220 milioni dal Fondo sociale europeo (cifra esigua visto che la regione conta 380 mila disoccupati) [Maroni, Fat 13/5/2015]. Maroni: «Per il M5S è una bandiera, per noi sarà una cosa concreta. Loro chiacchierano, hanno anche qualche buona idea, noi passeremo dalle parole ai fatti: la Lombardia, prima in Italia, sperimenterà il reddito di cittadinanza». [Sta 12/5/2015].
«È un messaggio culturalmente sbagliato. Il Reddito di cittadinanza è un’elemosina di Stato. Non metto becco nelle questioni della Regione Lombardia, ma questo non mi esime dall’avere le mie opinioni» (Matteo Salvini).
«Non è beneficenza è un reddito per la dignità e i diritti delle persone. Abbiamo un sistema economico agonizzante, dobbiamo allargare e aiutare chi non ce la fa» (Beppe Grillo alla Marcia del 9 maggio).
«Il reddito di cittadinanza come un reddito per tutti, da Agnelli in giù, è una follia. Se invece si parla di una misura contro la povertà stiamo ragionando e siamo disponibili a ragionare con M5s e con gli altri. Se ne parla ovviamente in relazione alla prossima legge di stabilità» (Matteo Renzi).
«Dobbiamo distinguere tra chi ha già lavorato e chi no. Bisogna provvedere prima a chi ne ha davvero bisogno, i famosi ultimi, capire cosa della proposta del M5s è già contenuto nel Jobs Act e intensificare i controlli sul lavoro nero. Le priorità della Commissione devono essere queste» (Annamaria Parente, relatrice in Commissione per la proposta sul Reddito di Cittadinanza) [Della Sala, Fat 12/5/2015].
Il problema è evidente soprattutto per chi ricade tra i beneficiari del sussidio ma non è a reddito zero: chi guadagna 400 euro ottiene 380 euro di integrazione, ma se ne guadagna 500 ne riceverà 280. Riccardo Puglisi docente di Scienza delle finanze all’Università di Pavia: «In un qualsiasi sistema di sussidi bisogna valutare quanto il sussidio diminuisce al crescere del reddito, in questo caso se a un guadagno di 100 euro in più corrisponde una riduzione del sussidio di 100 euro vuol dire che l’aliquota marginale è del 100 per cento, l’effetto dell’incentivo è il peggiore possibile. Se un’ora di lavoro in più rende zero è evidente che le persone sono indotte a godersi il tempo libero [Capone, Fog 12/5/2015].
«Il primo reddito di cittadinanza è avere un lavoro» (Cgil).
Ad avere dubbi sulla proposta dei Cinque Stelle è anche il senatore Pietro Ichino: «Mi sembra molto improbabile che venga approvato così com’è anche perché non accade mai che un disegno di legge sia approvato senza modifiche. La definizione di reddito minimo di cittadinanza, poi, implica che chiunque, per il solo fatto di essere cittadino italiano, ha diritto a questo trattamento. Ma questo oggi accade solo in Alaska. Dobbiamo invece lavorare per un trattamento di disoccupazione a carattere assistenziale» [Della Sala, Fat 12/5/2015].
Ciò non vuol dire che non ci sia bisogno di ridisegnare il nostro sistema di welfare in una maniera universale, una soluzione che va in questa direzione è l’aliquota negativa sul reddito proposta a suo tempo da Milton Friedman, che garantiva fino a una certa soglia un sussidio per ogni euro guadagnato in più, in modo da premiare chi lavora e guadagna di più: “È sensato che ci sia un reddito minimo universale, ma deve essere a un livello tale e con un meccanismo tale da mantenere gli incentivi a lavorare. Se l’imposta negativa proposta da Friedman non ha un’aliquota marginale del 100% è perché Milton Friedman non era proprio uno sprovveduto” [Capone, Fog 12/5/2015].
Tra i difensori del reddito di cittadinanza si annoverano non solo politici, ma anche filosofi e sociologi: Thomas Paine, Daniel Raventós, Osmo Soininvaara, Jeremy Rifkin, Bruce Ackerman, Florent Marcellesi, Philippe Van Parijs e Gabriel Stilman.
Già nel 1992 l’Ue parlava e raccomandava a tutti gli Stati membri di introdurre il Reddito minimo garantito. L’Italia, l’Ungheria e la Grecia sono gli unici tre paesi della Ue privi di misure di questo tipo. A dire il vero c’è stato qualche esperimento: un Reddito minimo fu introdotto in via sperimentale in 306 comuni dal governo Prodi con la finanziaria 1999. Andava alle famiglie con reddito inferiore a 500 mila lire mensili, i beneficiari dovevano attivarsi nella ricerca di un lavoro e in programmi di formazione. Fu abbandonato nel 2004 dal governo Berlusconi, che annunciò un nuovo Reddito di ultima istanza, mai realizzato [Maroni, Fat 13/5/2015].
Tra le misure regionali, le più degne di nota sono quelle del Friuli-Venezia Giulia (“reddito di base” dal 2007 al 2008), del Lazio (reddito minimo garantito nel 2009) e della Provincia di Trento (“reddito di garanzia” dal 2009). Quest’ultimo è l’unico intervento strutturale, rifinanziato annualmente. Fornisce a chi è residente da almeno tre anni un sussidio pari alla differenza tra la soglia di povertà (stabilita in 6.500 euro di reddito equivalente annuo) e il reddito familiare disponibile. Chi è idoneo al lavoro deve sottoscrivere la disponibilità all’accettazione di un impiego [Maroni, Fat 13/5/2015].
È bene sapere che un italiano su 10 è in stato di povertà assoluta, ha cioè un reddito insufficiente ad acquistare un paniere di beni ritenuti essenziali. Il suo valore è diverso: se in una città del nord per un adulto è di 806 euro, in un piccolo comune del sud è 537 euro.
«Se non passa il reddito di cittadinanza saranno tutti responsabili non verso il M5s ma verso milioni di cittadini» (Beppe Grillo).