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 2015  maggio 13 Mercoledì calendario

Bruxelles e le sei raccomandazioni per l’Italia. I suggerimenti dovrebbero servire a migliorare la competitività del paese, in ritardo cronico, e riguardare tra le altre cose la tassazione (alleggerendo le imposte sul lavoro trasferendo l’imposizione sulle proprietà); il riassetto del settore creditizio (troppo spezzettato); il mercato del lavoro e la contrattazione collettiva; il mercato dei servizi; le reti infrastrutturali; l’innovazione e l’istruzione; la pubblica amministrazione

La Commissione europea pubblicherà oggi raccomandazioni-paese che non vogliono essere né punitive né cattedratiche. Rispetto al passato, i suggerimenti dovrebbero essere più mirati, anche nel tentativo di renderli più facili da rispettare. L’Italia riceverà un via libera complessivo sulla politica economica del governo, sia sul fronte delle riforme che su quello del bilancio, anche se il nodo pensionistico, provocato dalla recente sentenza della Corte costituzionale, non mancherà di essere citato.
L’obiettivo di Bruxelles è di indirizzare, incanalare le strategie economiche nazionali per meglio accompagnare gli sforzi verso una modernizzazione degli stati membri. La Commissione europea presieduta dal presidente Jean-Claude Juncker ha scelto negli scorsi mesi di modificare l’atteggiamento di Bruxelles nei confronti dei Ventotto. Non parla più di consolidamento di bilancio, ma di responsabilità di bilancio, e l’obiettivo è di accompagnare la ripresa.
L’Italia conterà con ogni probabilità sei raccomandazioni-paese, come la Francia e la Croazia. «Il numero di suggerimenti non deve essere considerato un metro per valutare se la Commissione è particolarmente critica», spiega un funzionario comunitario. «È semplicemente funzione da un lato delle promesse di riforma del governo, e dall’altro dell’ampiezza del cantiere nel processo di modernizzazione dell’economia». A differenza che in passato, si è voluto cercare sintonia tra Bruxelles e Roma.
I suggerimenti all’Italia dovrebbero servire a migliorare la competitività del paese, in ritardo cronico, e riguardare tra le altre cose la tassazione (alleggerendo le imposte sul lavoro trasferendo l’imposizione sulle proprietà); il riassetto del settore creditizio (troppo spezzettato); il mercato del lavoro e la contrattazione collettiva; il mercato dei servizi; le reti infrastrutturali; l’innovazione e l’istruzione; la pubblica amministrazione.
Nel suo pacchetto, la Commissione farà propri gli obiettivi di bilancio dell’Italia (2,6% del prodotto interno lordo di deficit quest’anno, 1,8% nel 2016) così come i target di aggiustamento del disavanzo strutturale (0,25% e 0,1%). Bruxelles darà il suo benestare a una riduzione limitata del deficit strutturale l’anno prossimo, applicando le nuove regole sulla flessibilità di bilancio che consentono di ridurre gli impegni di bilancio in presenza di sforzi sul fronte delle riforme.
Con l’occasione, l’esecutivo comunitario sottolineerà che l’Italia ha accesso alle nuove regole sulla flessibilità di bilancio purché rispetti le sue promesse di riforma e i suoi obiettivi di deficit, alla luce anche dell’elevatissimo debito pubblico. In questo senso, Bruxelles prenderà per buone le garanzie del governo, dopo che la Consulta ha ritenuto priva di validità la scelta di abolire l’indicizzazione all’inflazione di alcune pensioni. La sentenza provocherà un aumento dei costi per l’esecutivo.
Ieri ancora il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha assicurato qui a Bruxelles che «il governo sta lavorando per una soluzione che minimizzi l’impatto sulla finanza pubblica e permetta di rispettare tutti i parametri di finanza pubblica, come scritto nel Documento economico e finanziario». Il ministro ha incontrato lunedì il vertice della Commissione per discutere della questione. «Non è stato necessario mettere l’Italia sotto pressione», ha precisato ieri un alto responsabile europeo.
Tornando alla strategia più complessiva dell’esecutivo comunitario, l’obiettivo di Bruxelles è di promuovere l’investimento; riformare il mercato dei servizi e dei prodotti; permettere una responsabilità di bilancio che non pesi sulla crescita economica; e migliorare le politiche favorevoli all’occupazione. La Commissione Juncker vuole appoggiare i governi nel loro sforzo economico, e teme che un atteggiamento troppo cattedratico possa stuzzicare le tensioni nazionalistiche.