Il Messaggero, 13 maggio 2015
«L’infermiere sardo è nelle migliori mani d’Italia. Speriamo che vada tutto bene, come nel mio caso». Intervista a Fabrizio Pulvirenti il medico di Catania guarito da Ebola: «Faccio controlli ogni trenta giorni, ho ripreso a lavorare ma in Africa ci voglio tornare. Se mi chiameranno ripartirò»
Fabrizio Pulvirenti, 51 anni, medico di Catania, fino a ieri pomeriggio era l’unico italiano ad aver contratto il virus di ebola (e a esserne guarito). Poi è arrivata la notizia: un altro italiano contagiato, un infermiere sardo, anche lui in Sierra Leone per Emergency.
Lavorava nel suo stesso centro?
«Questo posso escluderlo perché la mia struttura è stata chiusa poco alla fine di novembre e questo infermiere sardo non l’ho mai conosciuto. Ermergency ne ha aperta subito dopo un’altra, più importante, a pochi chilometri di distanza: è probabile che lavorasse lì».
Due casi, tutti e due di Emergency: ci siete solo voi laggiù?
«Siamo rimasti noi e Medecins sans frontières»
Le cifre che arrivano in Europa inducono a un certo ottimismo. Lei è d’accordo?
«Prendo queste notizie con grande cautela. Tecnicamente, i protocolli internazionali vogliono che trascorrano almeno 42 settimane dall’ultimo caso accertato prima che si possa dichiarare sconfitta un’epidemia. La vicina Liberia si è già proclamata ebola free, ma in Sierra Leone la situazione è diversa, di casi se ne registrano ancora».
È ufficialmente guarito ormai dal 2 gennaio. Come ha vissuto questi mesi?
«Certo, da quel giorno non è più presente il virus in sangue e urina. Ma continuo a fare controlli, diciamo ogni trenta-quaranta giorni. Sono tornato al lavoro, questo sì, un mese dopo ho ripreso il mio posto al reparto Malattie infettive dell’ospedale di Enna».
Come è cambiata la sua vita di medico?
«Difficile spiegarlo... Forse adesso metto un po’ di attenzione in più non tanto nel curare il paziente, quanto nel prendermi cura di lui. E ovviamente è diverso».
Che le è rimasto di quell’esperienza africana?
«Era la prima volta che andavo e sono rimasto sette settimane prima di essere costretto a rientrare in Italia. Ma io voglio tornare, ho già dato la mia disponibilità. Se mi chiameranno ripartirò».
Per rimettere in gioco un po’ tutto.
«L’ho già provato la prima volta: partendo, metti in gioco soprattutto la vita».
E nei rapporti con gli altri, fuori del lavoro, cosa è cambiato?
«In superficie poco, i rapporti sono quelli di prima. Ma ci sono alcune cose che ora vedo con prospettive veramente diverse»
In queste ore è stato subissato di chiamate. Cosa prova?
«Mi sembra di rivivere i giorni della mia malattia. Speriamo che vada tutto bene, come nel mio caso: l’infermiere sardo è nelle migliori mani d’Italia».