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 2015  maggio 13 Mercoledì calendario

Così il New York Times si fa pubblicare da Zuckerberg. Spiega Justin Osofsky di Facebook: «Un articolo si aprirà in 0,8 secondi; avrà la grafica della testata che l’ha prodotto. Il traffico sarà attribuito al sito del giornale e se venderà pubblicità per i suoi pezzi si terrà tutti i ricavi. Se, invece, chiederà a noi di farlo, le daremo una quota»

Sulla pagina Facebook del New York Times campeggia la foto di David Carr, il grande giornalista scomparso a febbraio. Proprio lui aveva paragonato il rapporto tra gli editori e il social network a quello tra una persona e un grosso cane che le corre incontro al parco: «È difficile dire se voglia giocare o sbranarti». La scommessa che il suo giornale sta facendo – con altre 8 testate – è che il colosso di Menlo Park non sia affamato. Entro le 16 di oggi The Atlantic, Nbc, National Geographic, Buzzfeed, e, appunto, il Times avranno pubblicato le loro prime storie con Instant articles, lo strumento che Facebook ha creato per permettere ai suoi utenti di leggere senza lasciare il social network : senza cioè cliccare su un link e aspettare che l’articolo si carichi sul proprio cellulare. L’obiettivo della nuova funzione – pensata per gli smartphone, strumento sul quale sempre più persone, specie giovani, si informano; per ora disponibile solo su iPhone; e che nelle prossime settimane, prima di espandersi, riguarderà anche Bbc, Guardian, Bild e Spiegel – è semplice: rendere l’esperienza di lettura il più rapida e piacevole possibile. Un articolo, spiega Fb, si aprirà in 0,8 secondi; avrà testata e grafica del giornale che l’ha prodotto; potrà contenere video, foto, infografiche e audio. Sembrerà di stare nel sito del giornale: non si sarà mai usciti da Facebook. Le prime indiscrezioni su questa nuova funzione avevano spaventato gli editori. Ogni giornale teme di perdere traffico sul proprio sito; di non poter vendere pubblicità; di non avere accesso ai dati sui lettori. «Ma il traffico sarà attribuito al sito del giornale che ha prodotto il pezzo», spiega al Corriere Justin Osofsky, viceresponsabile delle media partnership di Fb. «Se la testata venderà pubblicità per i suoi pezzi si terrà tutti i ricavi; se dirà a noi di farlo, le daremo una quota del ricavato». Quanto? «Secondo standard di mercato»: forse dipenderà dal potere negoziale della testata. «I link condivisi avranno l’indirizzo del giornale, non di Fb. E daremo agli editori l’accesso ai dati». Osofsky assicura poi che l’adesione di un giornale al nuovo strumento non darà vantaggi sui concorrenti nei calcoli del filtro che «decide» che cosa ogni lettore vede nella sua timeline. Certo, resta il timore che Facebook – un social senza lasciare il quale si possono condividere foto, notizie e testi, fare telefonate, inviare messaggi – diventi, per i suoi utenti (1,4 miliardi), sinonimo di Internet. Ma con i giornali – i cui pezzi sono tra i contenuti più condivisi online – Zuckerberg sembra voler giocare.