il Giornale, 12 maggio 2015
Cinesi, russi e arabi che scalano Piazza Affari. Grazie a pacchetti azionari in 20 aziende quotate, a fine aprile avevano un valore cumulato da 11,1 miliardi
Cina, Russia e Paesi Arabi fanno parte dei grandi padroni del condominio di Piazza Affari, grazie a pacchetti azionari in 20 aziende quotate che a fine aprile avevano un valore cumulato da 11,1 miliardi. Il conto, contenuto nella relazione annuale della Consob, è per difetto perché tiene conto solo dei pacchetti «rilevanti», cioè pari almeno al 2 per cento.
Lo scorso anno anche le famiglie italiane sono peraltro tornate a investire in Borsa (il livello di partecipazione è salito dal 41 al 48%), sebbene Bot e Btp continuino ad essere i più gettonati. L’incremento, spiega la Consob, è legato soprattutto alla crescita della quota di investitori retail che detengono almeno un’attività «rischiosa» (azioni, obbligazioni, risparmio gestito e polizze vita) che si è collocata al 32% a fine 2014 (26% nel 2013), pur continuando a rimanere al di sotto dei valori registrati nel 2007 (38%). A crescere, comunque è soprattutto il peso del risparmio gestito, a conferma della raccolta record dei fondi di investimento.
Infine le sanzioni: l’importo complessivo è stato pari a 20,6 milioni contro i 32,5 milioni dell’intero 2013. Va detto però che tra l’autunno 2014 e questa primavera, l’Authority ha congelato altri cento processi sanzionatori per via degli effetti della cosiddetta «sentenza Grande Stevens». Il punto di partenza è la sentenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo sulla vicenda Ifil-Exor che aveva visto l’ex vice presidente Fiat sollevare presunte lacune nell’iter sanzionatorio dell’Authority. Dubbi che hanno offerto la sponda ad altri gruppi (tra questi il banchiere Matteo Arpe). Il Tar e il Consiglio di Stato si sono però poi pronunciati a favore della Commissione.