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 2015  maggio 12 Martedì calendario

Tutti criticano la consulta ma il Parlamento dovrebbe scrivere meglio le leggi che vara

Dal trambusto e dai commenti (soprattutto critici) che ha provocato, c’è da ritenere che la sentenza con cui la Corte costituzionale ha bocciato il blocco delle pensioni del governo Monti peserà non poco sulla nomina dei nuovi giudici della Consulta da parte del Parlamento: uno manca da quasi un anno, e toccherebbe al centrodestra indicarlo, nonostante i ripetuti tentativi falliti in autunno; un altro dovrà rimpiazzare Sergio Mattarella che all’inizio di febbraio s’è trasferito al Quirinale, e dovrebbe essere in quota centro-sinistra; infine il 10 luglio si libererà il posto di Paolo Maria Napolitano, a suo tempo sponsorizzato dal centrodestra. Tre nomine che – se e quando verranno fatte – potrebbero cambiare il volto degli equilibri interni alla Corte, rivelatisi molto incerti proprio sulla sentenza che ha determinato il terremoto dei rimborsi pensionistici. In quell’occasione è finita sei a sei, e il voto del presidente Criscuolo ha fatto prevalere la tesi della bocciatura della legge. Un giudice, il vicepresidente Giorgio Lattanzi, era assente per motivi di salute; alcune «voci di dentro» al palazzo della Consulta riferiscono che se ci fosse stato avrebbe vinto la tesi opposta. E tutti i problemi di bilancio che il governo deve ora affrontare sarebbero stati evitati. Un motivo di recriminazione in più per chi ritiene che la Corte abbia preso la decisione sbagliata.
Ecco perché l’occasione di tre nuovi innesti di origine parlamentare, e quindi politica, può diventare l’occasione per rimettere a posto un po’ di cose all’interno dell’istituzione che negli ultimi anni ha rappresentato il vero e forse unico contropotere rispetto all’esecutivo. Un contrappeso che ha mantenuto la sua funzione rispetto a un Parlamento sempre più debole, e che in tempi di riforme tanto incisive come quelle del sistema elettorale o del Senato può rappresentare una garanzia o un ostacolo, a seconda dei punti di vista. In uno scenario complessivo è riduttivo riferire contrapposizioni e interessi in gioco ai tradizionali schieramenti di centro-sinistra e centrodestra, sia dentro che fuori la Corte, come dimostra pure la composizione trasversale dei due blocchi che si sono divisi sulle pensioni. Proprio quella sentenza ha suscitato commenti che, letti in previsione delle nomine in calendario, suonano per qualche osservatore come una sorta di campagna elettorale avviata da eventuali aspiranti.
Augusto Barbera e Stefano Ceccanti, ad esempio, sono due stimati costituzionalisti di generazioni diverse, professori universitari con più o meno lunghe esperienze parlamentari tra i banchi della sinistra, già indicati come possibili candidati «renziani» alla Consulta nella tornata di novembre quando uscì, con molta fatica, il nome di Giovanna Sciarra. Entrambi hanno criticato la sentenza sulle pensioni, e questo fa pensare che il Pd di Renzi potrebbe proporre almeno uno dei due. Il fatto stesso che sull’illegittimità della norma contestata i giudici si siano divisi a metà dimostra che giuridicamente si potevano sostenere entrambe le posizioni, con argomenti ugualmente convincenti. E a chi sostiene che la sentenza contrasta con quella di gennaio sulla Robin Tax, dichiarata incostituzionale ma senza effetti retroattivi, c’è chi ribatte che la forzatura fu quella, e ora l’anomalia è stata sanata.
Ma al di là del merito «tecnico» della decisione il problema è diventato un altro: la Corte avrebbe travalicato i propri confini entrando nel merito di una decisione politica che spetta al Parlamento, non al «giudice delle leggi». In virtù di un simile sospetto, alla Consulta si respira un clima non di stato d’assedio, che sarebbe esagerato, ma di disagio sì. C’è chi teme tentativi di «normalizzazione» come reazione alla presunta invasione di campo, che potrebbe cominciare a realizzarsi proprio con le nomine parlamentari; senza nulla togliere all’indipendenza e alla genuinità dei giudizi espressi da potenziali candidati. Un timore che avverte anche chi ha perso nella votazione sulla sentenza contestata. Comunque, pensano tutti, sarebbe bene che il Parlamento varasse leggi congegnate con maggiore attenzione. Ma un conto sono le questioni di diritto; un altro le visioni sul ruolo della Corte; un altro ancora la volontà di salvaguardare un’istituzione che per mantenere la funzione di garanzia non può che essere davvero libera da condizionamenti e da qualsiasi altro potere.