il Fatto Quotidiano, 11 maggio 2015
Da Chaplin a Reinhardt, da Pablo Picasso a Madre Teresa, molti grandi avrebbero origini Rom. Ma in tanti lo negarono temendo pregiudizi
Da una parte le note alla chitarra di Django Reinhardt, straordinario jazzista capace di donare un significato nuovo a “I’ll See You In My Dreams” o di suonare “Brasil” con un inatteso tocco gitano. Celebrato in Accordi e disaccordi di Woody Allen, in cui Sean Penn interpreta l’immaginario chitarrista Emmet Ray, “secondo musicista al mondo dopo Django”, come ripete continuamente. Dall’altra “l’empire familier des ténèbres futures”, come scrisse di loro Baudelaire: “la tribù profetica dagli occhi ardenti ieri è ripartita, coi propri figli sulla schiena… per quei viaggiatori è aperto l’impero familiare delle tenebre future”.
Così vedeva i gitani, i bohémiens, il poeta francese. Diciamo pure gli zingari, come venivano chiamati prima che il politicamente corretto bandisse il termine, carico di significati potenzialmente offensivi. In mezzo ai due poli, la storia di un popolo diviso in tante etnie, Rom, Sinti, Kalé, Romanichal, circondato da rancori e persecuzioni e al tempo stesso fondamentale per la cultura. E non è solo la storia d’Europa una storia di commistioni, in cui il sangue gitano gioca un ruolo tutt’altro che secondario. È anche la cronaca. Al di là della retorica politica, oltre al problema immenso dei campi nomadi, che condiziona la sorte dei partiti e dei candidati dell’Italia di oggi (il sindaco leghista di Padova Massimo Bitonci, per fare un esempio, ci ha quasi vinto un’elezione, grazie ai consensi raccolti nel giugno 2014 proprio nei quartieri dove stazionavano le roulotte), i Rom e i Sinti del 2015, in Italia come nel mondo, sono ricchi e poveri, integrati e reietti, nomadi e stanziali, artisti, commercianti, attori e impresari. C’è tutto lo spettro, insomma.
Il giallo di Chaplin
Charlie Chaplin era di origini gitane? Quando nel 1991 la vedova di Charlie, Oona, morì, la figlia Victoria ereditò tra le altre cose una scrivania con un cassetto chiuso a chiave. Dentro vi trovò una lettera: era scritta a mano, risaliva a vent’anni prima ed era indirizzata a Chaplin (il cui certificato di nascita non è mai stato trovato). Lo informava che era nato nelle Midlands inglesi, in una roulotte di proprietà della regina degli zingari. “Quella lettera doveva avere un significato per mio padre – ha detto al Guardian il figlio Michael – altrimenti perché l’avrebbe conservata?” Michael Caine, per parte sua, ha parlato apertamente delle proprie origini: “Amo recitare nei film, perché è come il circo. Mio padre era mezzo gitano, quindi è una questione di radici”.
Il coming out
Non sono solo le parentele ad essere spesso lontane, le origini annacquate in modo affascinante tra le generazioni. “Il problema – dice Davide Casadio, della consulta Rom Italia – è molti Rom preferiscono non dire che lo sono. Non desiderano essere identificati come tali, tengono alla privacy. E temono la discriminazione”. Di qui le infinite speculazioni: di origini zingare si è parlato tanto per Pablo Picasso quanto per Madre Teresa, tanto per Zlatan Ibrahimovic quanto per altri calciatori italiani. Il più delle volte senza alcun riferimento, per pura (infondata) voce, e soprattutto all’insaputa dei diretti interessati. Il terreno è scivoloso, confina con il pregiudizio. Meglio restare su un piano esclusivamente culturale.
C’è chi porta avanti una un fiero meticciato, come fanno musicisti come Antonio Lallai, Sinti padovano, e Manali Reinhardt, che suonano la musica di Django. In Veneto si muovono anche i personaggi di “Savana Padana”, racconto pulp e iperrealista di Matteo Righetto, che mette in scena la guerra quotidiana tra bande in una stretta lingua di terra, “il Brenta da una parte, il Piovego dall’altra, due corsi d’acqua che stringono a tenaglia una terra piatta umida e tignosa”, Rom contro cinesi, gangster veneti contro Carabinieri corrotti, gagiò contro Sinti. A metà tra farsa e tragedia, la storia trova compimento in un afoso pomeriggio padovano del 13 giugno, quando gli zingari sono tutti alla grande processione di Sant’Antonio, del quale sono molto devoti, e i loro avversari possono agire apparentemente indisturbati.
Nel mondo del circo
In Italia Rom e Sinti fanno storicamente rima con circensi. A partire dagli Orfei: non solo Moira che in “Signore & Signori”, mitico film di Pietro Germi sulla Treviso borghese del 1965, faceva la cassiera seduttrice e cinguettava con Alberto Lionello e Gastone Moschin, ma anche Nando, Liana, Ambra, e il resto della grande famiglia. E poi, i Togni. Ma c’è anche l’universo romano dei Tredicine, i “caldarrostai padroni dei mercati di Roma”, come scrissero Federica Angeli e Fabio Tonacci su Repubblica. Il patriarca Donato, ottantenne, arrivò a Roma dall’Abruzzo (dove lasciò i nove figli) alla fine degli anni Cinquanta. Il nipote Giordano è stato eletto consigliere in Campidoglio negli anni della Giunta Alemanno. Dal dominio delle strade alla politica.