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 2015  maggio 11 Lunedì calendario

Intervista a Speranza Scappucci. La prima donna a dirigere all’Opera di Washington racconta come ha preso in mano la bacchetta, fa sapere di non essersi mai sentita discriminata («I musicisti sono professionisti: se dimostri competenza e professionalità collaborano con entusiasmo») e spiega come i suoi anni di studio, di gavetta, quell’abitudine a non lasciare nulla al caso («che mi ha trasmesso Muti») l’abbiano aiutata a ottenere rispetto

«Serata miticaaaaa», scarica la sua adrenalina su Twitter Speranza Scappucci, appena scesa dal podio. Ha diretto La Cenerentola di Rossini, prima donna italiana alla conduzione di una grande orchestra operistica americana: quella del Kennedy Center for Performing Arts, l’opera di Washington. Il «day after» della giovane maestra (o maestro?) d’orchestra romana è ancora pieno di eccitazione: «Notte quasi insonne, difficile smaltire la fatica ma anche l’emozione di quelle tre ore di conduzione». Le prime critiche sui siti specializzati sono molto positive. Sabato prossimo la replica diventerà festa popolare: ingresso gratuito al Nationals Park, lo stadio del baseball della Capitale dove La Cenerentola verrà trasmessa su un maxischermo.
A 41 anni Speranza è ancora nella infanzia, come direttore d’orchestra: «Dirigo solo da quattro anni. Ne ho fatti 12 di gavetta come maestro collaboratore. Un lavoro poco visibile ma bellissimo: il raccordo tra direttore e orchestrali; e poi sul palco come pianista. E l’ho fatto con grandi personaggi come Levine e Mehta in America, ma soprattutto con Riccardo Muti. Andava bene anche così, non pensavo di arrivare sul podio».
Invece le porte le si sono aperte, in un mestiere riservato per quasi due secoli agli uomini: un ruolo virile per qualcuno capace di «comandare a bacchetta».
Ma i tempi cambiano: le donne sul podio o in buca hanno cominciato a salirci 30 anni fa e ora si moltiplicano. Speranza dirige in America ed Europa: Yale, Helsinki, la Filarmonica di Vienna, Bilbao, Lisbona, la Scottish Opera. A Washington è arrivata da Liverpool. Poi toccherà a Santa Fe, il principale festival operistico d’America, e all’Opera di Los Angeles dove dirigerà La Bohème. Poi una Norma in Svizzera e un altro esordio importante: con i Wiener all’Opera di Vienna, di nuovo con La Cenerentola. Poca Italia: pregiudizi?
«No, ho diretto l’anno scorso La Traviata al festival di Macerata e c’è altro in cantiere. Ma io, dopo il conservatorio a Roma, mi sono formata in America, soprattutto alla Julliard di New York. È qui che ho fatto le mie esperienze principali».
Le donne, comunque, non hanno ancora raggiunto ruoli di vertice nei grandi teatri del mondo come la Scala o il Metropolitan: come in altri mestieri, dalla politica alla guida delle grandi aziende, la parità è ancora lontana?
«Non direi – risponde convinta la Scappucci —. Io non mi sono mai sentita discriminata: mai avuto problemi a conquistare il rispetto degli orchestrali. Per i ruoli è solo questione di tempo, di abitudine. I musicisti sono professionisti: se dimostri competenza e professionalità collaborano con entusiasmo».
Carisma? Lei lo ha?
«Sì, serve anche quello. Dicono che lo abbia. Non sta a me giudicare. Comunque le valutazioni sul carisma variano, sono personali. La preparazione, la professionalità, invece, sono dati oggettivi: anni di studio, la meticolosità, l’abitudine a non lasciare nulla al caso che mi ha trasmesso Muti. La capacità di comunicare con gli orchestrali, il lavoro sui colori».
Vita da nomade. Vorrebbe una direzione musicale stabile?
«Ora va bene così. Mi piace girare il mondo. E conosco direttrici d’orchestra con marito e figli che riescono a conciliare lavoro e famiglia. Comunque sì: chi non sogna la direzione artistica di un grande teatro stabile come la Scala o il Regio?».